“Avevo 3 anni, arrivammo ad Auschwitz in un carro bestiame, il fatto di essere stata separata da mia madre è stato molto doloroso. I bambini venivano messi in una baracca e venivano usati da Mengele per i suoi esperimenti. Noi bambini cercavamo di scappare in un nascondiglio in basso per non essere visti da lui.
Mia madre veniva strisciando alla mia baracca per portarmi da mangiare e farmi ricordare il mio nome. Non ricordavo più il suo viso, ma solo le sua mani che mi portavano da mangiare.
Tra i bambini non c’era solidarietà ma solo una lotta per la sopravvivenza.”
Il racconto straziante di Lidia Maksymowicz a “Che Tempo Che Fa”. Semplicemente straziante.
In quest’epoca balorda di amnesie consapevoli e ignoranza storica, tutti dovrebbero ascoltare queste parole.
In silenzio.
Ecco, questo è servizio pubblico.
Lorenzo Tosa
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