TOGHE STRAPPATE - BRUTI VIETA A ROBLEDO DI FARE INTERROGATORI. NELLA SUA INCHIESTA EXPO! ALTRO CHE PACE, IL PROCURATORE ORA SI VENDICA
Dopo la decisione pilatesca del Csm, che non ha censurato Bruti per la gestione della sua procura, il capo dei pm milanesi si accanisce con Robledo: gli interrogatori dell’inchiesta Expo sono stati assegnati in via esclusiva agli altri pm, una pratica legittima ma assolutamente inedita…
Luigi Ferrarella per ‘Il Corriere della Sera’
Vengo anch’io, no tu no: dove? A interrogare due importanti testi (l’ex direttore generale di Infrastrutture Lombarde, Antonio Rognoni, e l’ex general manager di Expo, Angelo Paris) dell’inchiesta sull’appalto da 198 milioni della «piastra» di Expo 2015, di cui sono coassegnatari il procuratore aggiunto Alfredo Robledo e i pm Filippini-Pellicano-Polizzi. Interrogatori che giovedì e venerdì scorso il procuratore capo Edmondo Bruti Liberati ha ordinato fossero fatti soltanto dai pm Filippini-Pellicano-Polizzi: e dunque, per sottrazione implicita nella decisione, con un veto invece sulla presenza del capo del pool antitangenti Robledo a quegli interrogatori.
Bruti Liberati con una circolare interna si era già autoassegnato il coordinamento operativo di tutti i fascicoli afferenti in qualunque modo Expo 2015. In vista dell’interrogatorio di Rognoni lo scorso giovedì pomeriggio nell’ambito dell’inchiesta avviata da Robledo sul ribasso del 41% con il quale la Mantovani (ora al centro dello scandalo Mose a Venezia) si aggiudicò l’appalto più grosso di Expo, Bruti di mattina ha infatti compiuto un passo ulteriore: ha cioè stabilito che l’atto istruttorio, al pari di quello su Paris l’indomani, fosse condotto (non in Procura ma in un luogo segreto) esclusivamente dai pm Filippini-Pellicano-Polizzi. Scelta diversa da quella adottata il 12 giugno quando Bruti insieme a Robledo interrogò il vice di Rognoni, Perez.
La secca disposizione di Bruti Liberati ha dunque escluso dagli interrogatori di Rognoni e Paris l’aggiunto Robledo che aveva avviato questa inchiesta: circostanza che non è agevole inquadrare anche nell’ottica di una accentuata gerarchizzazione della Procura vidimata dal voto con il quale una settimana fa il plenum del Csm ha archiviato le contestazioni mosse in marzo da Robledo a Bruti proprio sui criteri organizzativi dell’ufficio.
Se infatti è pacifico che il capo, nel momento in cui assegna a un pm un fascicolo, possa indicargli alcune generali direttive d’indagine, e se altrettanto pacifico è che possa revocargli (motivandone la ragione) l’assegnazione del fascicolo, nell’ordinamento giudiziario non è scontato scorgere l’appiglio in base alla quale il capo possa revocare a un pm soltanto un pezzetto dell’assegnazione, intervenendo cioè sulle modalità di un singolo atto d’indagine fino a determinare chi (fra più pm coassegnatari) non debba svolgerlo.
In queste condizioni anche l’interrogatorio di Paris è durato poco, così come Rognoni si è avvalso della facoltà di non rispondere ritenendo che «non ci siano più le condizioni per proseguire la collaborazione che avevo avviato». Rognoni e Perez ieri sono intanto stati rinviati a giudizio immediato dal giudice Andrea Ghinetti per le turbative d’asta e i falsi nell’altra indagine sugli appalti dei servizi legali di Infrastrutture Lombarde: il 18 settembre inizierà il processo a 8 persone, tra le quali gli avvocati Carmen Leo, Fabrizio Magrì, Sergio De Sio e Giorgia Romitelli.
«A prescindere da vinti e vincitori», l’esito al Csm è criticato «nel metodo» dagli avvocati della Camera Penale di Milano, secondo i quali «Ponzio Pilato sembra essere passato recentemente da Roma ed aver trovato una comoda sistemazione proprio al Csm». Dovendo «valutare il perimetro del potere gerarchico che le norme riconoscono al procuratore capo», il Csm ha risposto «esclusivamente attraverso la lente dell’appartenenza ad una corrente e la difesa incondizionata dei suoi appartenenti.
Non a caso — è la lettura dei penalisti — la parte della magistratura che in passato con una forte ortopedia era tesa ad annullare l’impronta gerarchica si è oggi al contrario schierata proprio in favore di un’impronta fortemente gerarchizzata, mentre quelli che erano favorevoli se ne sono allontanati fino quasi a negarla». Un «gioco delle parti» contro il quale gli avvocati sfidano «la Procura a un confronto pubblico su una materia che riguarda direttamente le garanzie dei cittadini».
Nessun commento:
Posta un commento