E’ Carmine Schiavone a parlare in un’intervista di qualche giorno fa a Sky Tg 24. La sua intervista spaziava dal traffico di rifiuti all’ecomafia. Di una criminalità che a molti fa paura ma non a lui. Che di giochi mafiosi, essendo l’ex boss del clan dei Casalesi, ci ha vissuto. E’ consapevole però che questo tipo di criminalità, anche se non uccide con il sangue, lo fa con il silenzio e con la lentezza. E con i soldi che può creare può decidere chi campa e chi muore. Nel nome del Dio denaro. Carmine Schiavone, cugino del temibile Sandokan, di questo ha vissuto fino al 1993, quando ha deciso di pentirsi.
Ecco uno stralcio di quello che ha deciso di raccontare: “Il vero business era quello dei carichi che dal Nord Europa arrivavano al Sud. Rifiuti chimici, ospedalieri, farmaceutici e fanghi termonucleari.Scaricati e interrati dal lungomare di Baia Domizia fino a Pozzuoli. Avevamo capozona a Roma, ma anche a Milano, Modena, Reggio Emilia. E all’estero.”
I rifiuti da eliminare arrivavano specialmente dalla Germania. Venivano scaricati nei campi e nelle cave di sabbia, chiusi in cassette di piombo. “Negli anni si saranno aperte, ecco perchè la gente sta morendo dicancro.”
Il punto focale del racconto arriva però a questo punto: “Il tutto avveniva con la complicità delle forze dell’ordine e delle forze politiche. Mantenevamo caserme, carabinieri e Guardia di finanza e Spostavamo 70-80mila voti”.
Il polverone che avrebbe dovuto scatenare questa rivelazione non c’è stato. Così come accaduto già nel 1995 quando Schiavone, nel corso del processo “Avolio più 8”, parlò dei potenziali siti di scarico dei rifiuti tossici e radioattivi. Una versione che trovò conferma anche nel corso delle indagini compiute dalla Commissione ecomafie del parlamento. Nella relazione stilata al termine dei lavori, ripercorreva quanto riferito dal pentito e aggiungeva nuove ombre sugli enti che si sarebbero dovuti occupare dei rifiuti pericolosi.
Sull’Enea, l’Agenzia Nazionale dell’Energia, si leggeva “è stata rappresentata dai magistrati titolari di indagini presso la procura di Napoli la scarsissima collaborazione offerta dai tecnici dell’ente nel caso specifico delle indagini relative ai siti abusivi di smaltimento indicati dal collaboratore di giustizia Carmine Schiavone“.
Nella relazione, riportata da articolotre.com si legge anche: “A presunti smaltimenti di rifiuti radioattivi in diverse aree del Mezzogiorno hanno, peraltro, fatto esplicito riferimento alcuni collaboratori di giustizia. In particolare, Carmine Schiavone, esponente di spicco del clan dei casalesi operante in provincia di Caserta, ha affermato, in diversi interrogatori resi all’autorità giudiziaria, che il clan cui apparteneva si sarebbe interessato allo smaltimento di rifiuti radioattivi in discariche illegali del casertano. Queste affermazioni, portate all’attenzione della Commissione dal procuratore capo della procura di Napoli, dottor Agostino Cordova, risalgono al mese di luglio del 1994 (7) e sono state ribadite, con esplicita allusione ai rifiuti radioattivi, durante l’udienza dibattimentale del 28 marzo 1995 relativa al procedimento penale Avolio più 8 svoltosi presso la VII sezione penale del Tribunale di Napoli (8). In quelle stesse dichiarazioni lo Schiavone indicava quali fossero, a sua conoscenza, gli artefici di questi traffici illegali di rifiuti di ogni tipo, ivi compresi quelli radioattivi, e i siti di smaltimento. La Commissione ha notizia che le necessarie verifichedelle dichiarazioni rese dal suddetto collaboratore di giustizia siano iniziate ed auspica che tali verifiche consentano, nel più breve tempo possibile, di evidenziare la realtà dei fatti, sia al fine di perseguire i responsabili di queste attività illegali che al fine di predisporre, da parte degli organismi competenti, gli indispensabili piani di monitoraggio e bonifica ambientale”.
Eppure, nonostante i 18 anni trascorsi, nessuno ha mai più saputo nulla di quelle verifiche necessarie. E’ tutto secretato e nulla si sa dei nomi che effettivamente sono stati fatti. Attendendo che la popolazione continui a morire.
Anche il Gip di Napoli, Anita Polito ha ricordato come Schiavone raccontò le stesse verità più volte, negli anni. “Riferiva in particolare, riassuntivamente, che verso la fine degli anni 80 — a partire dal 1988 — Chianese Cipriano (aderente ad un circolo culturale occultante unaloggia massonicacui partecipava Cerci Gaetano), già operante per suo conto nello smaltimento dei rifiuti, ebbe ad avvicinarsi al gruppo di Sandokan e Bidognetti Francesco, intessendo con loro rapporti di affari per le discariche.” Inoltre, a detta del Gip, “erano state rilasciate alcune concessioni ottenute per la realizzazione di vasche ittiche, in realtà utilizzate per l’estrazione della sabbia, poi affidate a Cerci e riempite con rifiuti tossici”. E ancora: “Il Chianese procedette quindi a scaricare rifiuti nelle cave di sabbia”.
Queste dichiarazioni, tra il 1995 e il 1996, portarono la Criminalpol di Roma ad effettuare una serie di sopralluoghi nel casertano. Tutto questo per identificare con esattezza i punti di interramento dei rifiuti tossici. Dunque, Schiavone non mentiva. E probabilmente non lo fa neanche ora, nel ripercorrere gli affari del clan. Allo Stato però evidentemente tutto questo non interessa. Conoscerne i motivi però risulta ancora incomprensibile.
Fonte: infiltrato.it
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