Gup crede a Spatuzza e Tranchina, sotto processo altri imputati
(di Lara Sirignano)
PALERMO - L'ultima verità giudiziaria sull'eccidio di via D'Amelio arriva dal gup di Caltanissetta Lirio Conti e riscrive completamente la storia - almeno quella relativa alle fasi preparatorie dell'attentato - di una strage che presenta ancora molti lati oscuri. Hanno detto il vero i collaboratori di giustizia Gaspare Spatuzza, ex braccio destro dei boss di Brancaccio, e Fabio Tranchina. Loro il racconto sul furto della 126 che i boss imbottirono di tritolo e piazzarono sotto la casa della madre di Borsellino, sull'acquisto del telecomando usato per l'attentato e sul ruolo di Giuseppe Graviano, capomafia palermitano, che premette il bottone innescando l'esplosione. Mentirono, invece, Vincenzo Scarantino, Salvatore Candura, Calogero Pulci e Francesco Andriotta, i falsi pentiti autori di un clamoroso depistaggio che costo' l'ergastolo a 7 innocenti. Dopo anni di carcere e in attesa del giudizio di revisione l'anno scorso tornarono liberi. Il giudice, in abbreviato, ha condannato a 15 anni Spatuzza e a 10 Tranchina, rei confessi e a 12 Candura, che, imputato di calunnia aggravata insieme agli altri falsi pentiti, ha deciso di evitare il giudizio ordinario. Le pene decise dal gup sono piu' severe di quelle chieste dai pm nella requisitoria. Per Spatuzza era stata invocata una condanna a 13 anni, a 10 per Candura. Ai due collaboratori di giustizia il magistrato ha riconosciuto l'attenuante che ''premia'' il contributo rilevante dato all'inchiesta. Nella ricostruzione della Procura Paolo Borsellino venne ucciso perche' era un ostacolo alla trattativa che pezzi di Cosa nostra avevano avviato con lo Stato. La strage fu anticipata. Riina aveva l'esigenza di fare subito l'attentato anche a costo di sacrificare molte vite umane. Per l'eccidio sono sotto processo anche i boss Salvino Madonia e Vittorio Tutino, Vincenzo Scarantino, Francesco Andriotta e Calogero Pulci. I capimafia sono accusati di strage, gli altri imputati di calunnia aggravata come Candura. Molte le parti civili costituite: oltre ai familiari delle vittime, Gaetano Murana e Gaetano Scotto, due dei sette condannati ingiustamente per l'eccidio, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il ministero dell'Interno e quello della Giustizia, la Regione siciliana, il Comune di Palermo e il centro studi Pio La Torre. Il dibattimento si svolge in corte d'assise, mentre resta aperta l'inchiesta sui poliziotti Mario Bo, Vincenzo Ricciardi e Salvatore La Barbera che facevano parte del pool che coordino' l'inchiesta sulla strage. Sono indagati per avere indotto i ''pentiti'' a fare le false dichiarazioni sugli organizzatori e sugli esecutori dell'attentato.
(ANSA)
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