Anno 1
Num. 2
NOTIZIE
UNIVERSALI
Scritto e diretto da Erica
BENVENUTI!!!
Eccomi per
la seconda edizione, fa terribilmente caldo ma ciò non mi ha impedito di
scrivere il giornale. Le giornate si stanno accorciando, il caldo si fa più intenso
e tra poco le mie ferie si saranno esaurite. E le vostre vacanze come stanno
andando? Sempre alla ricerca dell’anima gemella o di cose belle da scoprire?
Questo mese il giornalino sarà un tantino diverso, ho modificato per questo
mese la sezione dedicata agli itinerari culturali e/o manifestazioni, anche
perché in questo mese ho fatto in persona un itinerario culturale e mi è
sembrato giusto mettere un’esperienza vissuta in modo che possa rendere meglio
l’idea.
Tra poco
inserirò anche l’angolo della posta, quindi se avete qualche richiesta in
particolare basta solo che me lo comunicate.
Per ora è
tutto, vi lascio alla interessante e divertente lettura
Buon
Divertimento.
LA
DIRETTRICE
INDICE
·
Introduzione
·
Astronomia: Il
cielo di Agosto
·
Animali: Il
gatto
·
Scoperte : Verme Killer, Calamaro Gigante,
Asteroide
·
Immagini dal web
·
Viaggi: Un
giorno a Bardonecchia
·
Speciale fumetti:
The Slayers
·
Fan Art: I
disegni di Erica
·
Personaggi famosi/storici: Galileo Galilei
·
Ricette: Il
Pollo Tandoori
·
Itinerari culturali / Manifestazioni: Visita al
forte di Exiless
·
Barzellette e/o vignette divertenti
ASTRONOMIA
Il cielo di Agosto
EST NORD
OVEST SUD
E ricordatevi che il 15 di Agosto è San Lorenzo notte delle Stelle
Cadenti!!!!
Buona Visione
ANIMALI
Il gatto
Per secoli il gatto è stato considerato un animale
diabolico, “demone familiare” delle streghe. Venne talmente perseguitato che
dall’inizio del XV secolo era quasi scomparso. Oggi si fa fatica a comprendere
il terrore che il piccolo felino ispirava in tutta Europa. La Chiesa Cattolica
era in parte responsabile della cattiva fama del gatto, anch’esso condannato al
rogo. Nell’antico Egitto, a Roma e in Scandinavia il gatto era invece simbolo
di fertilità e di fortuna.
La sorte dei gatti ha conosciuto vicende alterne nel
corso dei secoli. Gli antichi egizi, adottarono per primi questo animale
domestico così utile e in seguito lo
associarono a Bastet, la dea della fertilità. I gatti erano amati al punto che
quando morivano venivano mummificati e sepolti in necropoli apposite. Dopo il
declino della civiltà egizia i gatti vennero a lungo considerati come animali
portafortuna. Tuttavia la loro buona sorte cessò repentinamente durante il
Medioevo europeo.
Nella sua lotta al paganesimo e alle eresie, la Chiesa
Cattolica intraprese una terribile campagna contro la stregoneria. Migliaia di
donne innocenti venivano accusate di stregoneria, torturate finché non
confessavano e poi giustiziate.
I gatti considerati amici delle streghe e addirittura
emissari del Maligno, venivano trattati con analoga crudeltà. Decine di povere
vecchie, che godevano dell’unica compagnia del loro gatto, vennero annegate
oppure bruciate vive insieme al loro “demone familiare”. Fino al XVII secolo, i
gatti furono oggetto dei più atroci tormenti, a tal punto che divennero
piuttosto rari in tutta Europa.
Finalmente verso la fine del XVIII secolo l’ignobile
caccia alle streghe ebbe termine e i gatti poterono ricominciare
tranquillamente ad acchiappar topi e a far compagnia senza pericolo anche alle
donne sole!
Soltanto i gatti neri trascinano ancora dietro di sé
superstizioni senza alcun fondamento nelle regioni dell’Europa meridionale. E’
curioso notare come il povero micio nero, considerato di cattivo auspicio in
Italia, sia invece ritenuto un ottimo portafortuna in Inghilterra e nei paesi
scandinavi: ma questa è una contraddizione che sottolinea l’assurdità della
superstizione!!!!
I GATTI E L’ARTE:
Molti artisti furono affascinati dalle movenze e
dall’indole di queste creature, che ritrassero in ogni loro atteggiamento. Il
pittore giapponese Utagawa Kuniyoski ( 1797 – 1861 ), particolarmente attratto
da questi piccoli felini, ne dipinse moltissimi, tanto che il suo studio era
sempre pieno di gatti da ritrarre!
Anche il pittore Renoir era affascinato dai piccoli
felini, infatti in molti dei suoi quadri dove vengono raffigurati ritratti di
donne si nota che quasi sempre c’è una presenza felina, lo si può notare nel
quadro “Donna con gatto”che so trova alla National Gallery of Art di Washington.
SCOPERTE
Australia, trovato calamaro gigante
Si tratta di un esemplare, di una specie sconosciuta,
che pesa 250 chili
L'animale, ancora ben conservato, è stato portato al museo della Tasmania a Hobart per essere studiato. Secondo il curatore di zoologia del museo, David Pemberton, l'animale, che pesa circa 250 chili, proviene dalle grandi profondità marine ed è una scoperta rara: solo due calamari di simili dimensioni sono stati trovati finora su spiagge della Tasmania, nel 1986 e nel 1991. E nessuno è stato mai visto vivo.
Pemberton ha detto alla radio Abc che l'animale ha caratteristiche mai viste prima, come lunghi muscoli attaccati a ciascuno dei tentacoli, e che solo le analisi in corso potranno determinare se si tratta di una nuova specie.
Usa:
verme killer a Central Park
|
Trovata
nuova specie di millepiedi
|
Una
scoperta a dir poco eccezionale è stata fatta a New York. In mezzo
alle foglie secche e ai funghi in decomposizione nel parco della città è
stato trovato un nuovo genere di millepiedi. Si chiama Nannarrup Hoffmani,
dal nome dello studioso che lo ha individuato. Ha 41 paia di zampe e molte
piccole antenne. |
Gli
scienziati non ne sono ancora sicuri al cento per cento, ma già così a prima
vista sembra proprio che si tratti di una nuova razza. Si tratterebbe di un
nuovo tipo di predatore provvisto di denti aguzzi capaci di inoculare veleno
nelle prede. Un piccolo killer nel del mondo degli insetti, che procede come
una minuscola macchina da guerra spazzando via tutto quello che incontra. Il nuovo verme verrà imbarcato su una nave e portato in Italia dove un altro gruppo di ricercatori stabiliranno se ci troviamo veramente di fronte ad un evento di questo tipo. Da circa un centinaio di anni, infatti, non viene scoperta una nuova specie. Agli italiani l'ardua sentenza. |
Un
asteroide in collisione con la Terra nel 2019 25
Luglio 2002
Con un diametro di due chilometri, potrebbe distruggere un continente
Con un diametro di due chilometri, potrebbe distruggere un continente
Nella notte fra l'8 ed il 9 luglio i due astronomi che lavorano e vivono solitari nella piccola struttura del «Lincoln Near Earth Asteroid Research Project», nel deserto del New Mexico, hanno osservato per la prima volta un asteroide gigante, di circa due chilometri di diametro con un’orbita di 837 giorni intorno al Sole.
Come avviene in questi casi il primo compito è stato quello
di calcolare il rischio di impatto con la Terra. Sono state necessarie duecento
misurazioni in poco più di dieci giorni per arrivare ad una conclusione
scientificamente credibile e la data prevista è vicina come mai prima, il 1°
febbraio 2019, fra soli 17 anni.
Mai un asteroide è stato identificato nel cosmo in una rotta
di collisione con l'orbita della Terra così breve. Mark Mulrooney, uno dei due
astronomi del «Lincoln Site», ha avvisato la Nasa e da una settimana il nuovo
asteroide - denominato «2002 NT7» - è braccato 24 ore su 24 dai telescopi
dell'intero Nordamerica.
La conferma del rischio per il nostro Pianeta è venuta con la
classificazione dell'asteoride in base alla «Scala Palermo», che misura la
distanza dalla data di impatto: per la prima volta il dato numerico - 0,06 - è
in positivo, indicando che l'impatto è possibile.
Nella necessità di ottenere più informazioni possibili sui
movimenti nel cosmo del gigantesco composto di materia la Nasa ha chiesto, e
ottenuto, il contributo del Centro di osservazione dell'Università di Pisa.
Il 1° febbraio del 2019 l'impatto dovrebbe avvenire a una
velocità di 28 chilometri al secondo, sufficiente a spazzare via un intero
Continente e a modificare il clima sulla Terra per le prossime generazioni,
mettendo a rischio molte forme di vita e causando cambiamenti catasfrofici per
la popolazione.
La Nasa non nega il rischio potenziale, ma la possibilità che
l'impatto avvenga davvero - aggiunge - è «minima». «Un oggetto di queste
dimensioni è possibile che colpisca la Terra una volta ogni alcuni milioni di
anni. Dalle rilevazioni che continuiamo a fare sembra che la minaccia sia
destinata ad allontanarsi», ha dichiarato Donald Yeomans, portavoce del Jet
Propulsion Laboratory di Pasadena, in California.
I prossimi diciotto mesi, afferma ancora la Nasa, saranno
decisivi per determinare se «2002 NT7» possa davvero sconvolgere la vita sulla
Terra.
Resta il fatto che il rischio d’impatto mai era stato così
alto sulla «Scala Palermo» e per la Nasa si tratta del secondo allarme in poche
settimane: nel mese scorso infatti un altro telescopio privato aveva scoperto
che un asteroide grande quanto un campo da calcio era passato tre giorni prima
a circa 135 mila chilometri dalla Terra - una distanza molto ravvicinata in
termini astronomici - senza che nessuno se ne fosse accorto.
La combinazione fra i due eventi dà modo ai centri di
osservazione privati degli Stati Uniti - presenti soprattutto in New Mexico e
Nevada - di rilanciare la polemica contro l'amministrazione Bush per aver
deciso lo scorso anno di tagliare i fondi pubblici ai telescopi che scrutano lo
spazio e anche alla Nasa.
«Se avessimo avuto un telescopio ancora funzionante forse
questo asteroide lo avremmo visto anche noi», si lamenta la portavoce
dell'«Apache Point of Observation», sottolineando che «il taglio dei
finanziamenti ha avuto un impatto brusco sull'attività dell'intero settore».
La polemica è aspra perché fra gli astronomi è forte la
convinzione che sia necessario procedere in direzione opposta ai tagli al fine
di iniziare a studiare metodi e strumenti per tentare di intercettare e
neutralizzare un asteroide qualora la collisione diventasse inevitabile.
«La domanda sull'impatto di un asteroide non è se ma quando
avverrà - spiega Leon Jaroff della «Nasa Ames Space Science Division» - e
alcuni scienziati a Los Alamos e ai Livermore National Laboratories stanno già
immaginando una varietà di sistemi di difesa, come usare esplosioni nucleari
artigianali per polverizzare gli asteroidi o deviarne il corso».
«Prima o poi è assolutamente certo che ci troveremo di fronte
un oggetto in rotta di collisione - conferma l'astronomo Benny Peiser,
dell'Università di Liverpool, in Gran Bretagna - e dunque dovremo tentare di
abbatterlo: serviranno almeno trent’anni di lavoro scientifico per riuscirci,
dunque prima si inizia a farlo, meglio è. Se l'impatto fosse nel 2019 non
saremmo più in tempo».
IMMAGINI DAL WEB
VIAGGI
Una giornata a Bardonecchia
Questa sezione è totalmente
nuova, in questo mese vi parlerò del viaggio che ho fatto insieme a mia zia e a
mia madre. Incomincia la mia avventura..
Alle 5,45 mi sono svegliata perché il treno partiva
alle 6,50, mi sono preparata abbiamo fatto una breve colazione e poi a prendere
mia zia.
Alle 6.00 eravamo in stazione, abbiamo preso un treno
prima per arrivare Torino Porta Nuova,
alle 6,33 si parte! La stazione di Alessandria lo trovata abbastanza pulita e
incredibile il nostro treno è in orario!!!
Inizia il nostro viaggio avventuroso verso le vette
Piemontesi!
Abbiamo subito trovato posto, nonostante fosse estate, il
treno era molto pulito senza una cartaccia o polvere, a parte i vetri che
sembravano appena usciti da una cantina!
Ma dopo aver osservato da cima a fondo lo scomparto
decido, finalmente di fare qualcosa di diverso, osservare il paesaggio che mi
si presentava dal finestrino.
Si vedevano un sacco di campi di granoturco, fattorie con
maneggi dotati di splendidi esemplari di cavalli, ruscelli, campi di grano e
guardandoli mi sono venuti in mente i disegni che si formano inspiegabilmente
in Inghilterra e nel resto del mondo.
Ci fermiamo, siamo ad Asti, città dello spumante buono (
Asti Cinzano), tutto ad un tratto mi era venuta voglia di uno spumantino con
delle pizzette….mah….si riparte!
Tra poco saremo a Torino, città della Fiat, e del mistero
per eccellenza, intanto il paesaggio si fa sempre più interessante, mi ha
colpito un gruppo di galline al pascolo che rincorrevano un giovane pulcino!
Era così carino!!!
Intanto mia madre e mia zia parlano come al solito di
ospedali e vecchie colleghe, che barba, non possono parlare di cose più
allegre, già la vita è triste in più ci si mettono loro con le disgrazie che
succedevano quando erano in servizio!
Tra un paesaggio e l’altro si arriva a Torino….dentro di
me scorreva un’enorme paura di fare brutti incontri, c’era molta gente in
stazione, penso di non averne mai vista così tanta in un giorno solo!
Mentre andavo a vedere nel tabellone quando sarebbe
arrivato il nostro treno per Bardonecchia, passa una macchina del porta lettere
di una ditta che conosco, che emozione!
Il treno sarebbe arrivato tra mezz’ora e nel frattempo ci
siamo andate a prendere un caffè.
Si riparte di nuovo, ora il paesaggio è molto interessante
si vedevano montagne, boschi, paesini caratteristici e fortezze in cima alle
montagne, che bello, con noi si siede una signora anziana, molto distinta e
dall’aria simpatica.
Dopo qualche sguardo di imbarazzo e gelo totale ci ha
chiesto se anche saremmo stati diretti per Bardonecchia, con sorpresa che anche
noi andavamo nella sua stessa direzione pensò bene di raccontarci qualche
aneddoto della sua vita da esploratrice per il mondo!
Ci ha raccontato che è stata in America a Miami perché ha
un figlio che abita lì, ci ha detto che è stata in Alaska e che ha visto gli
orsi e che c’erano un sacco di zanzare, la gente lì non ha molto da fare e così
ci sono molte librerie, il mangiare era discreto ma il paesaggio era quello che
le era rimasto in memoria.
Poi è stata l’unica donna della sua compagnia che ha
voluto andare sopra il monte Everest in elicottero.
Che nonnina intraprendente ho incontrato nel mio
viaggio!!! Il treno si ferma: “ Bardonecchia stazione di Bardonecchia!”
Evviva eravamo arrivati….ero molto agitata, emozionata,
felice, avevo in corpo tutte le emozioni più belle che una persona potesse
avere.
Salutiamo la signora e ci dirigiamo per il nostro cammino
avventuroso…
un panorama di Bardonecchia
Facciamo un breve
giretto per la città guardando negozi e vetrine, c’è molta gente nella via
principale , molto indaffarata a fare acquisti. Facciamo un giro nella
chiesetta principale, molto bella, piena di dipinti, ha un bel soffitto tutto
dipinto, sembra strano dirlo, soprattutto per una ragazza di 21 anni, ma io ho
un’adorazione per le chiese, sono così affascinanti e riescono a sorprenderti
ogni volta, ma anche la semplice chiesetta senza tanti ornamenti mi entusiasma…
Decidiamo infine di
farmi una bella camminata in mezzo ai boschi per cercarci un posticino per
pranzare e riposarci dopo un lungo viaggio.
E così incominciamo a
salire la montagnetta in mezzo alla natura, il tempo è molto bello, e l’aria è
divina…ci sono molti tipi diversi di fiori che sono una meraviglia, chissà se
riuscirò a vedere qualche animaletto?
La salita è faticosa
ma ne vale la pena, so che vedrò un ottimo panorama se continuo a salire… dopo
mille salite e risate per la fatica troviamo un pratino molto invitate, ci
sistemiamo con comodo, mangiamo e ci distendiamo per riposarci, quando mia
madre nota che il prato è per metà fatto di “denti di cane”….un dubbio assale
la mia mente:” Non è che li vorrà cogliere?”
Secondo voi a chi è
toccato cogliere i “denti di cane”? Ovvio, a me, nonostante io gli abbia detto
che volevo riposarmi all’aria fresca…. Così da brava schiava negriera raccolgo
i denti di cane, con me mi fa compagnia nel raccolto una farfallina che mi
segue in ogni movimento che faccio, era così carina!!!
Dopo un’ora ho fatto
su 3 borse di “denti cane”!!! Mia madre era super contenta, e così dopo la
fatica mi sono meritata un bel riposino sull’erba e con la mia farfallina che
mi stava accanto.
Dopo un po’ decidiamo
di salire ancora un po’ la montagna per vedere se si riusciva a vedere un
deciso panorama, beh ragazzi, quello che ho visto dopo 10 minuti di cammino, lo
so solo io e mia zia!!!! Un panorama togli fiato! Si vedeva tutta la montagna
verde maestosa e imponente, poi si vedeva il paesino, minuscolo e
l’autostrada…mi sembrava di stare in paradiso!!!
Purtroppo la nostra
permanenza in quel posto meraviglioso finì presto, e così verso le 17 ci
trovammo alla stazione per il ritorno allo smog della città.
Il ritorno in treno è
stato malinconico, mia madre e mia zia si sono addormentate dalla stanchezza,
io non riuscivo ad appoggiarmi allo schienale per la bruciatura presa
raccogliendo l’erbetta per mia madre!
Così in due ore ci
ritrovammo di nuovo in mezzo all’inquinamento e al caldo afoso.
Da questo viaggio ho
capito l’importanza di difendere la natura e quanto siano preziosi i boschi e
l’aria pura, spero in futuro di ritornarci!
SPECIALE FUMETTI : Slayers
|
Zelgadis è il personaggio
dall'aspetto più singolare, frutto di un incantesimo operato su di lui dal
prete rosso: la sua pelle è azzurro/verdognola, mentre il suo corpo è
costellato da "placche" simili a pietra. Esperto di magia, un pò
taciturno ed invulnerabile alle normali armi, accompagna Lina (dopo aver
aiutato il gruppo al termine della prima serie) nei suoi viaggi nella speranza
di poter tornare umano.
FAN ART: I disegni di Erica
PERSONAGGI STORICI: Galileo Galilei
Vita
Galileo è
considerato il fondatore della scienza moderna. A lui infatti si attribuisce la
prima sistematica formulazione del metodo scientifico, che poi sarebbe stato
universalmente seguito, ossia il metodo di applicare la matematica al dato
osservabile.
Nato a Pisa, il 15
febbraio 1564, ebbe un temperamento ironico e battagliero. Abbandonò gli
iniziali studi di medicina, a cui il padre lo voleva destinare (1581) e che
trovò essere condotti sulla base di testi di autorità piuttosto che
sull'osservazione. Si volse agli studi di matematica (sotto Ostilio Ricci,
discepolo di Tartaglia, uno dei più grandi matematici moderni), che includevano
anche la physica, alla scuola di Francesco Buonamici, che criticava sì le tesi
aristoteliche sul moto, come impetus non naturale, ma sempre a partire da un
metodo scolastico. A tele impostazione scolastica Galileo preferiva il rigore
della matematica (seguendo il principio "ut dicenda semper ex dictis
pendeant"), osservando con la sua ironia come non sia detto che chi ha
inventato la logica l'abbia poi anche saputa applicare: veri logici per lui
sono i matematici, non i filosofi (Dialogo, 1a giorn.).
Si distinguono
nella sua vita vari periodi: quello pisano (fino al 1592), quello padovano
(1592/1610), quello fiorentino (1610/33) e quello di Arcetri, seguito al
processo romano del 1633.
a Pisa
Durante il periodo
pisano Galileo fa esperienze di come la matematica sia lo strumento efficace
per conoscere la natura; non si tratta tanto di sozein ta fainomena (cioè di
salvare i fenomeni, le apparenze) facendo come se le cose fossero così, per lui
la matematica ci restituisce le cose così come sono davvero. Già in questo
periodo (come testimonia il suo scritto La bilancetta, del 1586, in cui
racconta della sua ricostruzione della bilancia idrostatica di Archimede) per
lui la matematica è la lingua per comprendere quel libro che è il mondo,
scritto in caratteri quantitativi.
a Padova (1592/1610)
G. vi trovò un
ambiente più libero per la ricerca, con Venezia che andava fiera delle
possibilità di sviluppo intellettuale che lei sola, nel contesto greve e
sospettoso della Controriforma, prevalente negli altri stati italiani,
permetteva. All'università Padova, il maggiore centro accademico della
Serenissima, avevano del resto studiato Cusano e Copernico.
Galileo vi fu
professore di matematica, con annesso insegnamento di astronomia (tolemaica,
benché già egli fosse in pectore copernicano). In questo periodo egli fece le
sue prime osservazioni col cannocchiale.
Il cannocchiale
Il cannocchiale non fu inventato da G. (altri, artigiani olandesi ne avevano fabbricati: "occhiali che consentivano di vedere vicina cose lontane" ), ma fu da lui perfezionato in modo notevole, tale da consentire appunto le osservazioni astronomiche da lui fatte, e più ancora venne usato in modo da tornare scientificamente utile.
Con esso Galileo compì delle osservazioni astronomiche molto importanti, che gli fornirono argomenti non tanto probatori dell'eliocentrismo, ma quanto meno confutatori di alcuni punti-cardine del geocentrismo. Inoltre in questo periodo compì anche esperimenti di meccanica, che portarono a formulare tesi come il principio di relatività del moto e il principio di inerzia, che costituivano nuovi elementi in favore del copernicanesimo.
Il cannocchiale non fu inventato da G. (altri, artigiani olandesi ne avevano fabbricati: "occhiali che consentivano di vedere vicina cose lontane" ), ma fu da lui perfezionato in modo notevole, tale da consentire appunto le osservazioni astronomiche da lui fatte, e più ancora venne usato in modo da tornare scientificamente utile.
Con esso Galileo compì delle osservazioni astronomiche molto importanti, che gli fornirono argomenti non tanto probatori dell'eliocentrismo, ma quanto meno confutatori di alcuni punti-cardine del geocentrismo. Inoltre in questo periodo compì anche esperimenti di meccanica, che portarono a formulare tesi come il principio di relatività del moto e il principio di inerzia, che costituivano nuovi elementi in favore del copernicanesimo.
Le reazioni a tali
scoperte e teorie furono varie: la maggior parte dei *professori di filosofia
(tra cui Francesco Sizi, Lodovico delle Colombe, Lodovico Lagalla) ostentò un
certo disprezzo, alimentato da un rigido dogmatismo; gli *astronomi furono più
prudenti, compresi quelli non favorevoli a Galileo; *prudenti anche i Gesuiti
del Collegio Romano, molti dei quali preferirono non prendere netta posizione
sulla interpretazione da dare alle scoperte di Galileo, pur ammettendo i fatti
da lui scoperti, che essi stessi osservarono con cannocchiale (ad esempio il p.
Odo van Maelcote); favorevole fu infine l'accoglienza di Keplero, che ebbe un
cannocchiale fabbricato da Galileo e ne poté verificare le osservazioni. Tra i
teologi cattolici il primo a pronunciarsi contro la teoria copernicana in
quanto ripresa da Galileo fu un domenicano, p. Niccolò Lorini, in una predica a
S.Maria Novella il 2.11.1612.
a Firenze
Galileo abbandonò la
Serenissima Repubblica di Venezia, incurante dei consigli di chi, come
Gianfrancesco Sagredo, lo avvertiva del maggior pericolo che correva a Firenze,
dove era stato nominato "matematico e filosofo" del granduca Cosimo
II de' Medici. Egli rinunciava così all'insegnamento, lamentando che gli avesse
fino allora assorbito troppo tempo, per dedicarsi tutto alla scrittura delle
opere che poi sarebbero state le sue maggiori. Nel soggiorno fiorentino, come
nei viaggi a Roma, si mostrò spavaldo nell'esporre le sue idee, pur cercando,
in lettere a Benedetto Castelli e a Cristina di Lorena, di motivare come la sua
teoria non fosse incompatibile con la fede. Ma ciò facendo, operava una
distinzione tra fede e ragione (nella lettera a Cristina di Lorena), tra
scrittura e natura (in quella a Benedetto Castelli) che arrivava a sfiorare una
vera e propria separazione, inaccettabile per la dottrina cattolica.
Si arriva così al
cosiddetto Primo Processo, che in realtà non fu un vero processo, ma una
ammonizione privata, vertente più sul sistema copernicano, che venne condannato
dal Santo Uffizio il 24 febbraio 1616.
"La tesi che il
Sole è al centro del mondo" era dichiarata "stolta e assurda in
filosofia e formalmente eretica", e la tesi che la terra si muovesse, pur
non essendo definita eretica, era "ad minus in fide erronea". Galileo
venne privatamente ammonito dal card. Bellarmino in persona, su mandato del Papa,
a non sostenere le due suddette tesi: non si trattò di arresto né del minimo
maltrattamento. Sembra che Galileo avesse in quella occasione firmato in tal
senso un documento, che gli venne poi rinfacciato nel "secondo"
Processo, anche se qualche storico ne ha messo in dubbio l'autenticità. È un
fatto che per diverso tempo egli non difese più pubblicamente il
copernicanesimo.
Ma nel 1632 pubblicò
il Dialogo sui massimi sistemi, in cui difendeva, e in modo molto convinto e
mordace, l'eliocentrismo. L'opera aveva avuto per la verità l'imprimatur non
solo da parte dell'Inquisitore di Firenze (settembre 1630), ma anche da parte
di Roma, tuttavia poco dopo la pubblicazione venne ritirata, per personale
interessamento del Papa, che fece convocare a Roma Galileo.
In effetti questi non aveva rispettato il
patto di presentare il copernicanesimo come pura ipotesi matematica,
manomettendo al momento della stampa il manoscritto fatto leggere
precedentemente all'Inquisizione. Ci sembra invece secondario il motivo che Urbano
VIII, per vicende che riguardavano la Chiesa universale in quel frangente,
avesse particolarmente bisogno di dimostrare fermezza (tesi sostenuta tra gli
altri da Alceste Semprini, ne Il caso Galilei, SEI 1995, p. 63/4).
il "secondo" processo
Galileo venne
costretto a rispondere del suo mancato rispetto della ammonizione del 1616,
almeno tale era formalmente l'accusa (dato che la ragione era piuttosto aver
nettamente mancato di parola con quanto da lui stesso
privatamente concordato con il Papa e i suoi rappresentanti sul carattere
ipotetico della teoria copernicana da lui di fatto difesa). Il
trattamento durante il processo fu nel complesso mite: non solo non venne
torturato, nè maltrattato fisicamente, ma gli venne tributato un trattamento di
discreto riguardo (ad esempio fu ospitato dall'ambasciatore fiorentino, e non
venne costretto nelle carceri del Sant'Uffizio, come sarebbe capitato a
qualunque altro inquisito). Vero è che durante il processo venne minacciato di
tortura, ma tale minaccia era rapportata a una sua ostinata negazione
dell'evidenza che il suo libro difendeva l'eliocentrismo. Di fatto Galileo non
solo non venne mai torturato, ma non fece nemmeno un giorno di carcere. Alla
fine egli venne condannato ad "abiurare, maledire e detestare" gli
errori di Copernico, le sue teorie "false e contrarie alle sacre e divine
Scritture" che "il Sole sia centro della Terra" e "che la
Terra si muova e non sia al centro del mondo". Ciò che Galileo fece,
rimediandone dunque una punizione effettiva molto ridotta: la proibizione di
pubblicare il Dialogo e l'obbligo di recitare per tre anni una volta alla
settimana i sette salmi penitenziali.
Dopo il Processo del
'33 Galileo si ritirò nella sua villa di Arcetri, accudito dalla figlia, suor
Maria Celeste e dalle di lei consorelle, fino all'aprile del '34 quando morì,
con grande dolore del padre, che le sopravvisse otto anni, trovando la morte
l'8 gennaio del 1642, a quasi 78 anni. Venne sepolto in S.Croce a Firenze,
nella tomba di famiglia. Nel 1737 gli venne lì inoltre costruito un monumento
funebre.
opere
principali
opere
Trattato di
fortificazioni
|
|
1593
|
|
Le meccaniche
|
|
1594
|
|
Trattato della
sfera o cosmografia
|
|
1597
|
|
Le operazioni del
compasso geometrico e militare
|
|
1606
|
|
Sidereus nuncius
|
|
1610
|
annuncia le scoperte al cannocchiale:
nuove stelle, invisibili a occhio nudo, per cui si scoprì che l'universo è
più grande di quanto si pensava, la rugosità della superficie lunare e le
macchie solari (per cui veniva imponendosi l'ipotesi della imperfezione dei
corpi celesti)
|
quattro Lettere
" copernicane"
|
|
1613/ 5
|
a Benedetto Castelli, a mons. Pietro Dini,
a Cristina di Lorena
|
Il saggiatore
|
|
1623
|
sulla natura delle comete, in polemica col
gesuita Grassi
|
Discorso sopra i
due massimi sistemi del mondo
|
|
1632
|
tra Sagredo (Galileo), Simplicio
(peripatetico stupido) e Salviati (osservatore quasi neutrale)
|
Discorsi e
dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze
|
|
1638
|
pubblicato a Leida
|
1)
"pars destruens"
contro l'autorità di Aristotele nella scienza
Galileo criticò più
che Aristotele, l'uso che della sua autorità facevano gli aristotelici. I quali
a suo dire (e in molti casi era davvero così) rifiutavano di fare i conti con
l'esperienza, trincerandosi dietro l'autorità del Filosofo (come lui stesso
rappresentò nella figura di Simplicio, nel Dialogo sopra i massimi sistemi del
mondo). Non sembra che G. abbia criticato il sillogismo in quanto tale, ma
l'uso che ne faceva Aristotele e, più ancora, i suoi epigoni: la forma del
sillogismo è in sè corretta, e corretta ne è l'applicazione a patto che esatte
siano le premesse, su cui di volta in volta si fonda. Mentre Aristotele e più
ancora gli aristotelici non curavano abbastanza l'esattezza delle premesse,
procedendo in modo frettoloso e sommario.
Inoltre essi
facevano ricorso alle essenze e alle forme sostanziali in modo assolutamente
improprio, come se la mente umana avesse la capacità di cogliere le essenze
specifiche dei corpi, mentre per la più genuina filosofia scolastica ciò non ci
è possibile, dato che l'unica essenza specifica che possiamo cogliere è quella
umana (e anche quella in modo imperfetto e incompleto). Si veda ad esempio il
brano seguente, tratto dalla Storia della filosofia moderna della Vanni
Rovighi:
Dobbiamo riconoscere
del resto che lo scempio che dagli aristotelici si faceva delle forme
sostanziali era una forte tentazione a cercare di spazzarne via il concetto
stesso. A Galileo interessavano teorie che spiegassero il modo in cui si
svolgono i fenomeni naturali: per esempio « qual sia il modo di operare della
natura nel generare in brevissimo tempo centomila moscioni da un poco di fumo
di mosto » (Dialogo, giorn. la; Opere, VII, p. 64). Per Galileo se non si sa
qual sia il modo in cui operano forme e qualità, il concetto stesso di forma
sostanziale non ha senso; d'altra parte i suoi avversati credono che noi
conosciamo le essenze delle cose e possiamo spiegare i fenomeni naturali con
pretesi concetti che erano in realtà puri nomi (e anche ridicoli).
Ecco per esempio che
cosa scriveva Antonio Rocco nelle sue Esercitazioni filosofiche 18 in polemica
con Galileo: «Ed al proposito di moscioni, la materia loro propinqua è il fumo
del mosto, la quale ha però, nel suo modo, forma... informe e imperfetta di
quella fumosità; questo fumo ha del terreo sottile, ed il calore che trae di
sua natura dal mosto è anco umido grandemente, le quali disposizioni sono
attissime alla formazione di questi imperfetti animaletti: la terrestreità gli
serve per sussistenza stabile; l'umidità per impastargli, a punto come l'acqua
nella farina per fare il pane; il caldo per dargli principio di vita e di
operazione ».
E seguita così per
concludere: « Or il fumo fatto denso, temperato, mobile, indifferente, non è
più fumo, ha perso la sua forma, ed in questa maniera del suo distruggersi si è
generata la natura di moscioni ».
contro l'autorità della Bibbia nella scienza
Galileo si proclamò
sempre cristiano credente, e si può anche credere che tale sua professione di
fede fosse sincera, benché la fede non abbia mai costituito per lui un
esauriente motivo di vita. Va pure ricordato che due sue figlie divennero, in
verità proprio per suo interessamento e non del tutto liberamente (Vanni
Rovighi), suore e una di queste raccolse, come ultima parola pronunciata dal
morente Galileo, l'8 gennaio 1642, "Gesù". A lui che anche dopo la
condanna del 1633 era stato ben trattato e benvoluto da vescovi ed
ecclesiastici, il papa aveva concesso una indulgenza plenaria e una particolare
benedizione (Messori, p. 386).
Egli volle perciò
tentare di "liberare" la scienza dalla dipendenza non solo da
Aristotele, ma anche dalla Sacra Scrittura. Lo fece proponendo non solo una
distinzione tra la sfera della ragione e quella della fede che ne lasciasse
sussistere, come nella tradizione patristica e medioevale, un ambito di fecondo
reciproco rapporto (si veda ad esempio la teoria scolastica dei praeambula
fidei), ma una vera e propria separazione: fede e ragione, Rivelazione e
scienza sono da intendersi ormai come due sfere separate, e senza rapporti, se
non quello di una generica impossibilità di contraddizione reciproca.
Il fine della
Scrittura/rivelazione, infatti, è di insegnare "come si vadia al cielo, e
non come vadia il cielo", mentre appunto quest'ultimo è il fine della
scienza. Così, parallelamente esistono due diversi oggetti che vengono
considerati dalla fede e dalla scienza: il Libro della Scrittura, oggetto della
fede, e il libro della natura, oggetto della scienza, scritto in un linguaggio
matematico, e perciò solo matematicamente leggibile.
2)
"pars construens"
due sono i cardini
del metodo della scienza, secondo Galileo, le "sensate esperienze" e
le "matematiche dimostrazioni"
le "sensate esperienze"
"i discorsi
nostri hanno da essere sopra il mondo sensibile, e non sopra un mondo di
carta" (Dialogo sopra i massimi sistemi)
Le sensate
esperienze sono appunto le esperienze sensibili, condotte mediante i sensi:
anzitutto lo scienziato deve guardare i fatti, i fenomeni che sono oggetto dei
sensi. Qualunque teoria deve partire e ritornare lì, ai fenomeni sensibili, di
essi essendo spiegazione, interpretazione.
Vi è dunque un
imprescindibile momento osservativo e induttivo del metodo scientifico. Ma non
è tanto questo il fattore più originale affermato da Galileo: in effetti
nessuno, nemmeno Aristotele o Tolomeo, teorizzava che si potesse prescindere
dall'esperienza sensibile.
Il loro errore metodologico era meno profondo:
ciò che G. loro rimprovera è una complessiva frettolosità nel precipitare a
conclusioni, senza la pazienza di indagare con la dovuta ampiezza, e senza
ricorrere a strumenti e a verifiche sperimentali sistematiche. Il vero fattore
originale di G. fu l'altro, le "matematiche" o "necessarie"
dimostrazioni
le "matematiche dimostrazioni"
La genialità di
Galileo, in effetti, fu proprio nello stabilire questo fattore come quello
decisivo: dove non era arrivato Francis Bacon, che rimaneva ancora legato ad
una visione qualitativa della scienza, Galileo teorizzò il carattere matematico
del sapere scientifico. Per questo gli unici aspetti della realtà sensibile che
ci devono interessare sono quelli quantitativi, matematizzabili.
Al termine del
processo di osservazione/sperimentazione guidato dallo strumento matematico si
giunge non più a delle essenze, come pensava la tradizione scolastica e
Aristotele, ma semplicemente a delle leggi, formulate matematicamente.
Si veda uno schema
al riguardo
il contenuto (filosofico) del nuovo sapere: il meccanicismo
Per Galileo il mondo
è ridotta pura materia estesa in moto locale: non hanno esistenza oggettiva le
qualità, e conseguentemente le "forme", che per la filosofia
scolastica ne sono la radice. Dunque colori, suoni, sapori, odori non esistono
"fuori" di noi, ma -dice Galileo- "tengono lor residenza nel
corpo sensitivo".
3)
cenni alla problematica interpretativa
Tra alcuni dei più
importanti nodi interpretativi che pone uno studio di Galileo ricordiamo:
il problema
della filosofia di Galileo
era (anche) un
filosofo (e tale si pensava) o era (e voleva essere) solo uno scienziato?
|
secondo Cassirer
Analogamente il Garin , sebbene in modo più sfumato: G. sarebbe fautore di una nuova concezione dell'universo, con implicazioni filosofiche. |
secondo la Vanni
Rovighi
|
la fede
di G.:
fino a che punto
era sincero credente?
|
Secondo A. Banfi
(Galileo Galilei, 1948) la sua fede sarebbe stata puramente
sociologica
|
|
il rapporto tra dimensione
empirico-sperimentale e dimensione teorica
|
per Koyré
|
invece perL. Geymonat (Galileo Galilei,
1957) in lui prevarrebbe nettamente il metodo sperimentale.
|
|
|
|
per un giudizio
Contenutisticamente
Capita spesso di
leggere o di sentire che il torto, per così dire, del "caso Galileo"
sarebbe da ascriversi interamente all'autorità ecclesiastica. Questa, si dice,
abusò del suo potere per impedire la libera ricerca scientifica, incorrendo
peraltro in un errore madornale (la condanna del copernicanesimo, che già
sarebbe stato adeguatamente dimostrato come vero).
In realtà bisogna
chiedersi se quello che l'Inquisizione tentò di impedire fosse una ricerca
libera, realmente rispettosa di un metodo rigoroso e dialogico, o piuttosto una
modalità neanche tanto larvatamente dogmatica di imporre come assolute tesi non
ancora provate.
Non per nulla
Giovanni Paolo II ha detto, in un suo celebre discorso sul "caso
Galileo" (10/11/1979): "io auspico che teologi, scienziati e storici,
animati da uno spirito di sincera collaborazione, approfondiscano l'esame del
caso Galileo e, nel leale riconoscimento dei torti, da qualunque parte
provengano, rimuovano le diffidenze che quel caso tuttora frappone, nella mente
di molti, alla fruttuosa concordia tra scienza e fede, tra Chiesa e
mondo." Come dire che, se da parte dell'autorità ecclesiastica ci fu una
insufficiente "percezione" della "legittima autonomia della
scienza" (e si noti che insufficiente non vuol dire assente), qualche
torto ci fu anche da parte di Galileo.
Potrà stupire alcuni
questa tesi, ma va ricordato quanto segue:
§ è comunemente ammesso
dai suoi biografi come il temperamento di Galileo fosse tutt'altro che facile,
poco disposto com'era a concedere una parte di ragione ai suoi interlocutori,
propenso all'arma dell'ironia sferzante, irruente e scarsamente diplomatico.
§ al di là di tali
limiti temperamentali, Galileo tendeva costantemente a incorrere nell'errore di
dare per assolutamente certo quello che era semplicemente probabile, o anche
molto probabile (nel caso del sistema copernicano); tuttavia alla sua epoca non
esisteva alcuna prova inconfutabile e definitiva della verità
dell'eliocentrismo (che si sarebbe avuto solo nel secolo XVIII, e precisamente
nel 1748); addirittura nel caso della natura delle comete si sbilanciò ad
attaccare il p. Grassi, che invece sosteneva la teoria più vicina al vero.
Galileo insomma può
essere visto come dispotico e poco dialogico assertore di quello che potremmo
chiamare un neoimperialismo scientista (alla pretesa panfilosofica o
panteologica dei suoi avversari contrapponeva un panscientismo non meno
arrogante e pericoloso). Una dialogicità meno arrogante gli avrebbe invece
consentito di a) attenersi all'effettivamente constatabile titolo di attendibilità
che le sue tesi scientifiche avevano (senza confondere probabilità con
certezza), b) confrontarsi seriamente con la comunità scientifica nella sua
totalità, ivi compreso quel mondo cattolico che non era compattamente restio ad
ogni seria novità, ma presentava, ad esempio nella persona del Papa Urbano VIII
e del card. Bellarmino, una disponibilità al confronto maggiore di quanto venga
spesso presentato (come non manca di riconoscere un intellettuale tutt'altro
che tenero con la Chiesa come Brecht, nella sua Vita di Galileo). Possiamo in
proposito ricordare il pensiero del Bellarmino, che fu il più illustre
"oppositore" ecclesiastico del Galilei:
"... Dico che
quando ci fusse vera demostratione che il sole stia nel centro del mondo e la
terra nel cielo, e che il sole non circonda la terra, ma la terra circonda il
sole, allhora bisogneria andar con molta consideratione in esplicare le
Scritture che paiono contrarie, e più tosto dire che non l' intendiamo, che
dire che sia falso quello che si dimostra" (lettera del 1615 al
copernicano Foscarini)
Un simile modo di
esprimersi rivela come l'animo della massimo autorità ecclesiastica non fosse
poi così ottuso e chiuso al dialogo:
a) non afferma in modo categorico che l'eliocentrismo sia incompatibile con la Bibbia;
a) non afferma in modo categorico che l'eliocentrismo sia incompatibile con la Bibbia;
b) rileva soltanto
che né Galileo né altri avevano, per il momento, portato alcuna prova
inconfutabile della verità dell'eliocentrismo. Il che è storicamente e
scientificamente inoppugnabile. Aveva perciò ragione Galileo a rivendicare il
diritto di osservare e basarsi su fatti sperimentali, come appunto gli
riconosceva il cardinal Bellarmino. Torto suo però fu di affermare dei nuovi
a-priori scientisti.
E, cosa più grave,
discutibile scelta fu il vestire i panni di un divulgatore "rivoluzionario",
che non solo criticava ma metteva in ridicolo, con la sua acida ironia, la
Chiesa. La discussione avrebbe dovuto, con più saggezza, svolgersi tra i dotti,
almeno finché non ci fosse stata la prova della verità inconfutabile del
copernicanesimo: in tal modo Galileo avrebbe trovato probabilmente non solo e
non tanto plumbei e coriacei oppositori, ma attenti e interessati interlocutori
in una parte consistente dello stesso mondo ecclesiastico, in cui non
mancavano, ad esempio tra i Gesuiti, veri e propri scienziati, desiderosi di
vivere la nuova stagione di scoperte scientifiche in armonia con la fede degli
Apostoli. Invece la scelta della lingua italiana, al posto del latino, e di un
taglio divulgativo, unita allo stile arrogante e ironico, faceva assumere al
suo pensiero i tratti di un pressante appello al popolo affinché si scrollasse
di dosso il giogo di un dominio ecclesiastico sulla cultura, presentato come
insopportabilmente oppressivo. Il che, per la autorità ecclesiastica, non
doveva essere tanto facile da digerire, tanto più in tempi in cui la Riforma
protestante e il neopaganesimo, dilagante tra le élites, erano occasione di
quotidiana, allarmata preoccupazione.
Un modo erroneo di intendere il rapporto fede/ragione
Inoltre Galileo si
sforzò sì di mostrare come la scienza non fosse incompatibile con la fede, ma
lo fece in un modo che non doveva convincere la autorità ecclesiastica, e non a
torto. Infatti la celebre distinzione dei due libri, quello della Scrittura e
quello della natura, aventi due diverse finalità (la Scrittura dirci come si
vadia al cielo, la natura come vadia il cielo) incorreva nei seguenti
inconvenienti:
a)
negava alla
Rivelazione una valenza ontologica, restringendone la portata al solo ambito
etico; come dire che la fede nulla dice di come sia la realtà (terrena), ma si
preoccupa solo di indicarci la strada per il Paradiso, fornendoci dei precetti
etici: il che è francamente poco. Se infatti Dio, creatore del cielo e della
terra, si è fatto Uomo, questo ha delle implicazioni precise non solo
sull'al-di-là, ma anche sull'al-di-qua. La fede insomma non ci dice, è vero,
dettagliatamente, come sia fatto il mondo, ma nemmeno è indifferente a
qualsiasi visione-del-mondo. Se non giudica la scienza in quanto tale, può
giudicare, o meglio orientare, la sua interpretazione sintetica, la filosofia
della natura, e il significato ultimo del suo utilizzo.
b) attribuiva
implicitamente alla scienza il monopolio interpretativo della natura,
confermando quell'imperialismo scientista di cui abbiamo sopra parlato; in
altri passi infatti Galileo ritiene che la natura sia scritta in caratteri
matematici e dunque leggibile solo da un sapere fisico-matematico, con
esclusione quindi di quella filosofia, che più stretti legami di parentela
avrebbe con la fede e potrebbe tentare l'impresa di ricomprendere
sinteticamente la conoscenza del mondo materiale alla luce di una unitaria
visione della realtà.
Non per nulla
Galileo non risulta abbia fatto alcuno sforzo per mostrare come,
specificamente, l'eliocentrismo non sarebbe stato un corpo estraneo nella
visione cristiana della realtà. Una riflessione più appassionatamente sintetica
avrebbe potuto portarlo a evidenziare come in realtà non solo esso non
contraddiceva realmente la fede, ma si attagliava ad essa meglio del
geocentrismo. Per fare questo però Galileo avrebbe dovuto ricorrere a quella
mentalità simbolica, che appare invece del tutto estranea al suo monolitico
matematismo meccanicista. Abbandonando il quale avrebbe potuto vedere ad
esempio nel Sole il simbolo di Cristo, che grazie al totale sacrificio di Sè,
irradia sulla Terra-umanità, la propria luce e il proprio calore, ossia tutta
la luce (la verità) e tutto il calore (la grazia) di cui l'umanità può godere.
Avrebbe potuto pensare che l'Umanità non è più al centro dell'Universo non
perché abbandonata dalla Provvidenza in uno spazio infinito di totale
casualità, ma perché orbitante intorno al Sole-Cristo, da cui dipende
totalmente per il vero e il bene che la Provvidenza le concede. E similmente di
tutte le altre scoperte si sarebbe potuto e dovuto dare una interpretazione
simbolica (certo, non solo da parte di Galileo).
La saccente affermazione del meccanicismo
Non si trattava
comunque solo e soprattutto dell'eliocentrismo (che pur non essendo provato,
era, oggi sappiamo, vero, o almeno relativamente tale), sostanzialmente
compatibile alla fede. A nostro avviso il torto più grave di Galileo, l'errore
più gravido di effetti negativi fu soprattutto la sua esclusione
dell'ilemorfismo, la disinvolta sicurezza con cui ridusse il mondo a quantità:
non riusciva a vedere come il fatto che solo delle quantità si potesse dare
sapere scientifico non equivalesse al fatto che solo le quantità esistessero.
Il presupposto a tale conclusione, cioè che solo il conoscibile
scientificamente sia esistente non fu mai da lui tematizzato e giustificato
argomentativamente. Ed egli affermava la riduzione del mondo a quantità
misurabile, il meccanicismo, senza che tale tesi fosse rigorosamente
dimostrata, e senza rendersi conto di quanto tale visione meccanicistica fosse,
questa sì, radicalmente incompatibile con la fede. In proposito osserviamo:
a) Galileo intende
la scienza, sempre in nome del già ricordato imperialismo scientistico, come
unica conoscenza valida della natura, escludendo la filosofia della natura (o
cosmologia filosofica); ma ciò facendo sbaglia, perchè del medesimo oggetto
(materiale) si possono avere diverse conoscenza, non alternative, ma
integrative (diversi "oggetti formali").
b) Egli di conseguenza estende quello che è vero sul piano scientifico, cioè il meccanicismo, al piano ontologico puro e semplice. Dimenticando che il meccanicismo scientifico è l'ovvia conseguenza dell'aver concepito la scienza come fisico-matematica: filtrando tutto matematicamente tutto appare come matematizzato, considerando solo gli aspetti quantitativi, matematizzabili, si vedono solo gli aspetti quantitativi, matematizzabili: analogamente al fatto che, mettendo delle lenti gialle, uno vede il mondo come giallo. Ma il mondo diventa giallo per il fatto che io lo guardo con lenti gialle? Il mondo si riduce a pura quantità per il fatto che io lo osservo con un filtro matematico? Galileo lo da per scontato. Sbagliando. Ma sbagliando con gran sicumera:
b) Egli di conseguenza estende quello che è vero sul piano scientifico, cioè il meccanicismo, al piano ontologico puro e semplice. Dimenticando che il meccanicismo scientifico è l'ovvia conseguenza dell'aver concepito la scienza come fisico-matematica: filtrando tutto matematicamente tutto appare come matematizzato, considerando solo gli aspetti quantitativi, matematizzabili, si vedono solo gli aspetti quantitativi, matematizzabili: analogamente al fatto che, mettendo delle lenti gialle, uno vede il mondo come giallo. Ma il mondo diventa giallo per il fatto che io lo guardo con lenti gialle? Il mondo si riduce a pura quantità per il fatto che io lo osservo con un filtro matematico? Galileo lo da per scontato. Sbagliando. Ma sbagliando con gran sicumera:
Signor Sarsi, la
cosa non istà così. la filosofia è scritta in questo grandissimo libro che
continuamente ci sta aperto dinanzi agli occhi (...). Egli è scritto in lingua
matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche,
senza i quali mezzi è impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi
è un aggirarsi vanamente per un oscuro labirinto
c) Una più
equilibrata considerazione avrebbe dovuto portare a dire che, accanto al sapere
scientifico, fisico-matematico e dunque programmaticamente fermo al livello
quantitativo, esiste un sapere filosofico, che può ammettere l'esperienza nella
sua originaria integralità, comprensiva di aspetti quantitativi e qualitativi e
giungere a una spiegazione sintetica della realtà fisica, in termini
universalizzanti ma non perciò invalidi, di tipo ilemorfico.
d) Il meccanicismo
filosofico in effetti non è compatibile con la fede (nonostante quanto ne
pensasse Cartesio e Malebrache, ad esempio) in quanto legato al materialismo e
alla insignificanza del mondo: si può vedere quanto diciamo in altre pagine di
questo sito.
Metodologicamente
La Chiesa cattolica
si comportò in un modo che a noi appare insopportabilmente lesivo della libertà
di pensiero. E non v'è dubbio che Giovanni Paolo II abbia fatto cosa giusta a promuovere
un profondo esame di coscienza. Ma dobbiamo tener presente la mentalità di
allora:
1) non sembri irrilevante, per contestualizzare adeguatamente il "caso Galileo", notare che se ad esempio fosse caduto nelle mani dei protestanti (o, probabilmente, ben peggio dei mussulmani) la sua sorte sarebbe stata molto peggiore
2) Galileo venne dapprima, nel 1616, ammonito privatamente, non tanto a non ricercare più, ma a farlo a condizione di non creare sconcerto e turbamento nella gente "semplice". Perciò gli venne ad esempio intimato di non pubblicare in volgare, ma solo in latino, la lingua dei dotti. Il processo pubblico, del 1633, segue a una infrazione pubblica delle ammonizioni precedenti: Galileo aveva pubblicato in volgare un'opera corrosivamente critica. Questo non giustifica fino in fondo l'Inquisizione, ma costituisce un contesto di cui tener conto, testimoniando di una attenzione alla persona di Galileo, amico personale del Papa, e di una non totale chiusura alla novità scientifica, ma alla sua prematura e arrogante (abbiamo detto sopra in che senso) divulgazione.
3) il suo trattamento effettivo fu tutto sommato mite: nel procedimento nessuna tortura, nessuna violenza, non un solo giorno di carcere; anzi quando venne convocato a Roma per il processo del 1633 venne alloggiato in un "alloggio di cinque stanze con vista sui giardini vaticani e cameriere personale" (Messori) come condanna un esilio dorato in una villa toscana, la sua villa di Arcetri, che non per nulla si chiamava "Il Gioiello", per non essere precisamente quello che si direbbe un tugurio.
1) non sembri irrilevante, per contestualizzare adeguatamente il "caso Galileo", notare che se ad esempio fosse caduto nelle mani dei protestanti (o, probabilmente, ben peggio dei mussulmani) la sua sorte sarebbe stata molto peggiore
2) Galileo venne dapprima, nel 1616, ammonito privatamente, non tanto a non ricercare più, ma a farlo a condizione di non creare sconcerto e turbamento nella gente "semplice". Perciò gli venne ad esempio intimato di non pubblicare in volgare, ma solo in latino, la lingua dei dotti. Il processo pubblico, del 1633, segue a una infrazione pubblica delle ammonizioni precedenti: Galileo aveva pubblicato in volgare un'opera corrosivamente critica. Questo non giustifica fino in fondo l'Inquisizione, ma costituisce un contesto di cui tener conto, testimoniando di una attenzione alla persona di Galileo, amico personale del Papa, e di una non totale chiusura alla novità scientifica, ma alla sua prematura e arrogante (abbiamo detto sopra in che senso) divulgazione.
3) il suo trattamento effettivo fu tutto sommato mite: nel procedimento nessuna tortura, nessuna violenza, non un solo giorno di carcere; anzi quando venne convocato a Roma per il processo del 1633 venne alloggiato in un "alloggio di cinque stanze con vista sui giardini vaticani e cameriere personale" (Messori) come condanna un esilio dorato in una villa toscana, la sua villa di Arcetri, che non per nulla si chiamava "Il Gioiello", per non essere precisamente quello che si direbbe un tugurio.
Per ulteriori spunti
di giudizio si può vedere anche l'ottima, ampia trattazione nel sito di don
Mangiarotti (tra l'altro con estratti del più recente magistero ecclesiastico
in proposito).
POLLO TANDOORI
Ingredienti
per 4 persone:
Pollo 1,5 Kg tagliato a pezzetti piccoli, zenzero fresco
20 gr., aglio 2 spicchi, cipolla 1, Tandoori Masala 2 cucchiaini, 2 vasetti di
yogurt intero da 125 ml., un cucchiaio di burro fuso, succo di 2 limoni piccoli,
sale , pepe.
Facoltativo:
riso patna
cotto a vapore, salse chutney acquistate pronte in vasetto.
·
Eliminare la pelle dai pezzi di pollo, punzecchiarli con una forchetta
e spruzzarli con 2/3 del succo di limone.
·
Tritare la cipolla con aglio, grattugiare lo zenzero e mescolate con il
Tandoori Masala un pizzico di sale. Unire lo yogurt e il succo di limone
rimasto (1/3) fino ad ottenere una crema densa e mettervi a marinare la carne.
Trasferire in frigo per 6 ore.
·
Togliere i pezzi di pollo dalla marinata, trasferirli in una terrina,
cuocere in forno già caldo a 180° per 1 ora. Di tanto in tanto, se necessario,
bagnate con un cucchiaio di marinata.
·
A metà cottura spennellate il pollo con il burro e spolverizzate di
pepe. Il pollo a fine cottura dovrà assumere
un colore dorato e formare una crosticina. Accompagnare con riso patna cotto a
vapore e se volete, con salse chutney.
BUON APPETITO!
ITINERARI CULTURALI /
MANIFESTAZIONI: Il Forte di Exilles
Anche
se le sue origini sono sconosciute, non v'è dubbio che il forte esistesse già
all'inizio del XII secolo. Le cronache del tempo ci descivono di una
struttura complessa con un maschio circondato da due ordini di mura, punto
nevralgico della difesa delle frontiere del Delfinato contro le mire dei
Savoia sull'alta Val Susa. Nel 1482 per alcuni mesi, viene tenuto prigioniero
il principe turco Zizim, fratello del sultano Baiazet II. Nel secolo
successivo, il forte si trovò al centro di lunghi ed accaniti scontri quando
i Savoia cercarono di trarre vantaggi territoriali dalle guerre di religione
tra cattolici ed ugonotti che insanguinarono per decenni la Francia.
All'inizio del Seicento il forte modificò il suo assetto di vecchio castello
in fortezza casamatta e bastionata, ove ospitò tra il 1681 ed il 1687 il
misterioso e famoso personaggio denominato "Maschera di Ferro". Il
trattato di Utrecht del 1713, trasferì la dignità regia dal re di Francia a
casa Savoia, rendendo quindi necessario il ribaltamento del fronte difensivo;
tali lavori vengono svolti tra il 1728 ed il 1733 sotto la direzione di
Ignazio Bertola. La fortezza sabauda fu distrutta da Napoleone Bonaparte nel
1798 e successivamente Vittorio Emanuele I affidò la sua ricostruzione agli
architetti Giovanni Antonio Rana e Francesco Olivero il quale, tra il 1821 ed
il 1829, ne completò la struttura. Il forte fu disarmato nel 1915 e perse
definitivamente ogni funzione militare nel 1943.
|
COME ARRIVARCI:
La Val Susa e la Val Cenischia si trovano in Piemonte, in
Provincia di Torino. Distano alcuni Km dalla città di Torino e sono accessibili
in breve tempo tramite un ottimo collegamento stradale.
La Val
di Susa è da sempre la più diretta via di comunicazione tra l'Italia e la
Francia. Compresa nel tratto delle Alpi che dal colle del Monginevro vanno al
Colle del Moncenisio, la Val Susa appare distinta in due tronconi: uno
inferiore (chiamato anche Bassa Valle), sale lentamente fino al suo capoluogo
Susa; una seconda parte più stretto e più ripido conduce ai confini con la
Francia (Alta Valle). A Susa la vallata si biforca: verso nord diparte la Val
Cenischia che sale fino al colle del Moncenisio; verso ovest la valle si
divide ancora in due rami: a nord una parte termina nella conca di Bardonecchia
e, verso sud, fino al colle del Monginevro. Nel fondovalle scorre la Dora
Riparia che, dopo un percorso di 90 km circa, sfocia nel fiume Po a Torino.
BUON VIAGGIO E
BUONA VISITA!
VIGNETTE DIVERTENTI
Per questa edizione
si ringraziano i seguenti siti:
Grazie a tutti
quanti per avermi dato la possibilità di creare questa seconda edizione e mi
scuso per l’enorme ritardo causato, purtroppo da problemi di salute e tecnici.
Grazie per aver
scelto Notizie Universali.
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