Gli spararono cinque volte, mentre era sull’altare della sua chiesa. Due colpi alla testa, uno al volto, uno alla mano e uno al collo.
Moriva in questo giorno, nella sua chiesa, Don Giuseppe Diana, che per tutta una vita si era impegnato nella lotta alla camorra e l’aiuto agli ultimi, a chi aveva bisogno. Non aveva mai smesso di denunciare, lottare, battersi per una società diversa, e l’aveva fatto nel periodo più duro, tra gli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta. Era diventato un punto di riferimento per tanti, a Casal di Principe.
Così la camorra decise di toglierlo di mezzo, arrivando a sparargli dentro la sua chiesa, mentre teneva messa. E non si fermò qui. Perché la cosa più vigliacca fu che nelle settimane successive all’assassinio la camorra provò anche a infangarne la memoria, facendo girare la voce che fosse un pedofilo, un trafficante d’armi. Che fosse lui stesso un camorrista, e che fosse morto in uno scontro tra clan.
Don Peppe Diana era “soltanto” un uomo, un prete che non accettava che la sua terra venisse divorata dalla mafia; era “soltanto” un uomo che aveva deciso di non voltarsi dall’altra parte. E per questo venne punito.
Al suo ricordo, nel nome di chi non ha mai smesso di lottare, va allora il più commosso saluto.
Leonardo Cecchi
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