Agostino Yasin Gentile: il dialogo interreligioso unica strada per la pace
-Nuccio Franco- Agostino Yasin Gentile, 39 anni, nativo di Boscoreale. Ex Imam della Moschea di Piazza Mercato a Napoli. Primo italiano laureato all’Università islamica di Medina si è convertito all’età di 22 anni, nel 1996. Molti ricorderanno il celebre documentario “L’Imam napoletano” di cui è stato protagonista, cronaca della vita di una Moschea a Napoli, vista attraverso le esperienze quotidiane di due napoletani “ritornati” all’Islam.
Persuaso del fatto che “bisogna partire dalle moschee per educare i musulmani alla pace e al dialogo” Yasin si adopera quotidianamente per l’integrazione e per difendere il diritto ad avere un luogo di culto dove professare liberamente il proprio credo.
Il suo nome, tuttavia, è legato ad un altro episodio assurto agli onori della cronaca. “Pregherò nel buio di Auschwitz per il dialogo tra le religioni” disse. L’ha fatto. Rivolto verso La Mecca ha pregato per le vittime della Shoah, davanti al muro utilizzato per le fucilazioni dei deportati. E’ stato il primo ed il suo esempio è poi stato seguito da molti altri. Decisamente una persona fuori dagli stereotipi, sostenitore dell’Islam, quello vero che non siamo abituati a vedere.
Ci può raccontare qualche dettaglio in più di quell’esperienza?
L’idea nacque grazie a Don Gaetano Castello, all’epoca incaricato per il dialogo interreligioso per la Diocesi di Napoli. Da tempo conoscevo lui ed il rabbino Pierpaolo Punturelli e nacque appunto l’iniziativa patrocinata dalla regione Campania, dalla Provincia e dal Comune di Napoli. Volle rappresentare il primo atto a dimostrazione di un dialogo possibile e necessario tra confessioni religiose, unite in una preghiera di pace in un luogo simbolo. In un’intervista mi fu fatto notare che quel gesto avrebbe potuto suscitare problemi all’interno della comunità islamica. Risposi che sottrarsi all’iniziativa sarebbe stato un atto contrario alla pace ed a quel discorso di dialogo in cui credevamo. Aderii con entusiasmo, orgoglioso di ciò che stavamo facendo. Fu molto toccante come esperienza. Ritengo che il dialogo interreligioso sial’unico modo di proseguire sulla strada della pace, unitamente allacondanna degli atti di terrorismo, da qualsiasi parte provengano. L’entusiasmo, poi, dei ragazzi delle scuole coinvolte fu contagioso e ci aiutò parecchio. Cercammo di spiegare loro il ruolo che le religioni hanno come ponte per la pace.
E’ stato Imam a Napoli, città controversa, dai mille problemi. Ci vuol descrivere la situazione della comunità di una delle principali città del Mezzogiorno?
Quella partenopea, dal 2004 ad oggi, ha subito un’evoluzione radicale. Nata infatti da un’iniziativa delle comunità algerina, somala ed italiana, con l’arrivo degli asiatici si è molto allargata ed ha quindi smarrito la propria connotazione. Ci sono nazionalità e mentalità diverse il che non nascondo abbia causato alcuni problemi nella gestione della stessa.
Per la comunità islamica di Napoli è stato molto bello avere un Imam, una guida italiana convertitasi alla loro fede che li guidasse non solo nella preghiera comune ma anche nel sermone del venerdì, del Ramadan e del pellegrinaggio alla Mecca. Siamo arrivati a portare in piazza circa 5.000 persone in occasione della preghiera per il Ramadan e circa 1.200 il venerdì.
Come ha vissuto la nuova appartenenza religiosa nei suoi tratti distintivi e fondamentali? Cos’è cambiato a seguito di questo percorso nel quotidiano vissuto?
All’inizio è stato difficile perché una volta convertito ma non avendo approfondito molti aspetti, assumevo dei comportamenti che credevo imposti. Ho subito il contraccolpo rispetto alla cultura di provenienza in quanto l’Islam nasce da una cultura assolutamente diversa che è quella araba.
Molte questioni erano in sostanza antitetiche rispetto ai canoni tradizionali ed al modo di pensare cui ero abituato. Anche la famiglia, all’inizio, è stataparecchio contraria a questa scelta. L’Islam era avvertito come qualcosa di nuovo ma anche di strano e veniva percepito come pericoloso come ogni cosa di cui si ignora l’essenza. Erano preoccupati ma una volta in Arabia i rapporti con amici e famiglia si sono nuovamente normalizzati. Da allora tutti mi hanno rispettato; gli amici mi sono stati sempre vicini in questa mia metamorfosi, chiedevano, erano curiosi. Hanno capito che ero Yassin mache Agostino c’era ancora, non era antitetico in quanto vivevo la mia religione rispettandola ma continuando tranquillamente ad avere rapporti con cristiani ed ebrei. Così come i musulmani per decenni hanno vissuto con i cristiani, così penso che si possa essere musulmani ma legati anche ad una cultura diversa.
Cos’è per Lei l’Islam oggi?
Da punto di vista spirituale è una religione ed una fede e quindi devo accettarla come Dio me l’ha data. Per quanto concerne invece l’Islam vissuto, quello della comunità, è connotato dall’ortoprassia. Tuttavia oggi rappresenta un punto interrogativo: non siamo in grado di stabilire cosa succederà domani in quanto esso abbraccia culture, idee diverse.
Non ci sono capi religiosi: le stesse “guide” possono essere seguite o meno ed ognuno spesso fa ciò che vuole. Su questo aspetto sono pessimista, non credo ci saranno miglioramenti a stretto giro, ci sarà sempre il problema di chi dirà che è giusto picchiare le donne, di non insegnare la musica, retaggi arcaici. Sarà difficile vivere in questo modo e le difficoltà da affrontare saranno molte guardando in faccia alla realtà. All’università di Medina c’erano persone di 130 nazionalità il che significa che un Islam universale da applicare uniformemente sarà difficile ma che, al contrario, esso potrà essere applicato a seconda delle circostanze.
Esiste davvero un Islam moderato?
Nella mia esperienza, una delle cose che mi ha scosso maggiormente è statol’attentato alla metropolitana di Londra. Ricordo che contattai immediatamente il Consolato britannico per esprimere la mia solidarietà. In quegli attimi fui pervaso da un profondo senso di vergogna. Condannammo quanto successo ribadendo che eravamo e saremmo stati i primi a combattere gesti ignobili che si sarebbero ripercossi su di noi. Organizzammo immediatamente un incontro con il Console per discutere dell’argomento e trovare insieme un rapporto di dialogo e collaborazione al fine di individuare le giuste azioni da contrapporre ad atti esecrabili ma tuttavia isolati.
Ovviamente dal punto di vista ideologico, si può parlare di unicità dell’Islam. Quanto all’aspetto religioso gli stessi Imam sanno benissimo che esso nasce da una differenza tra le quattro scuole giuridiche il che comporta necessariamente una differenziazione. In sostanza, partendo dall’assunto che determinati principi teologici sono fondamentali, non si può escludere l’esistenza di un Islam giuridicamente multiforme. Anzi, reputo che sia necessario che debba esistere ed inteso quale dono di Dio finalizzato all’applicazione di esso in diverse realtà. E’ questa la grandezza della nostra religione che consente di poter essere applicata in maniera flessibile in ogni paese tenendo conto delle peculiarità di ciascuno.
Negli ultimi anni si è assistito alla crescita di un fronte islamico-liberale che chiede riforme democratiche, multipartitismo, laicità. Quali sono, a Suo avviso, i margini futuri di sviluppo di questa corrente?
Vivo l’Islam da un punto di vista prevalentemente spirituale ed il mio timore è che certe correnti possano svuotarlo del suo senso più vero e profondo. La pratica viene dopo la conoscenza della fede e temo che si voglia procedere ad una modifica della sua stessa natura. Da Imam ciò che mi preoccupa è che si possa arrivare ad un cambiamento tale che comporti la perdita di questo fondamentale valore spirituale. La nostra forza risiede nella fede, guida per superare le difficoltà. Tuttavia bisogna essere capaci dal punto di vista giuridico di applicarla in base alle esigenze contingenti in un percorso di equilibrio tra tradizione e modernità.
http://www.articolotre.com/2014/04/agostino-yasin-gentile-il-dialogo-interreligioso-unica-strada-per-la-pace/
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