domenica 26 gennaio 2014

Francia, dopo 38 anni in carcere esce 'Papillon'

Evasioni, tentati suicidi e scioperi dell fame: "sono innocente"


 Steve McQueen in 'Papillon'

(di Tullio Giannotti) - PARIGI - Fine pena, 2032: questo c'era scritto sulla pratica del detenuto Philippe ElShennawy. Sempre che non ne avesse combinata prima un'altra delle sue: evasioni, scioperi della fame, tentativi di suicidio. Ma stavolta il Papillon francese, che in carcere chiamavano "l'ergastolano", ce l'ha fatta. E' uscito all'alba dal penitenziario di Fresnes, a est di Parigi. Ed è finito, tra i flash dei fotografi, nelle braccia di Martine, sua moglie. "E' la fine dell'attesa, dopo tutto questo tempo...sono 35 anni che aspetto. E adesso sono pronta": c'è emozione e serenità negli occhi della donna, madre di Christophe, il figlio concepito durante una visita, il "bebé-parlatorio", come dicono i francesi. Cinquantanove anni, snello, capelli grigi, vestito di nero, ElShennawy appare in forma e fedele all'immagine un po' epica di lui che è sempre rimbalzata all'esterno. Pochi ricordano quel giorno del 1975, la rapina spettacolare alla banca nel centro di Parigi, gli ostaggi, la fuga beffarda sotto il naso della polizia. Nessun morto, ElShennawy fu arrestato e condannato a 20 anni nonostante si sia sempre professato innocente. "Io non c'ero", ha ripetuto tutti questi anni, ma i giudici non gli hanno mai creduto. Lui ci ha messo del suo per far aumentare il gruzzolo di anni da scontare: 20 di isolamento, sei di internamento psichiatrico, 42 trasferimenti di carcere, due evasioni, un tentativo di suicidio e 34 giorni di sciopero della fame. Un curriculum niente male, ElShennawy non si è fatto mancare nulla in questi 38 anni, due terzi della sua vita. La storia più bella, oltre a quella di Martine e del figlio Christophe, è stata scritta in questi ultimi mesi: dopo gli appelli e le petizioni - artisti, intellettuali e uomini di scienza hanno sempre chiesto la sua liberazione - è arrivata prima la grazia parziale del presidente Francois Hollande. Infine, il tassello mancante: un imprenditore, del quale si conoscono le iniziali (S.R.) che ha fatto tutta la trafila burocratica per impegnarsi a dare un lavoro al detenuto, in libertà vigilata a casa della moglie e obbligato a indossare il braccialetto elettronico. Da lunedì, a quasi 60 anni, ElShennawy comincia la sua nuova vita: sarà capo di un progetto di un'agenzia creativa, alla guida di eventi culturali. "Wow! - sono state le sue prime parole dirette ai giornalisti e fotografi in attesa - la vita vera è qui, siete voi! Quanti anni...bisognerà pure che servano a qualcosa. Io adesso ho voglia di vivere. E' stato un orrore ma mi ha aiutato nella riflessione, nella visione dell'uomo. Da un certo punto di vista sono sempre stato libero". Il primo week-end da uomo libero dopo 38 anni lo trascorrerà lontano da tutto e da tutti, soprattutto dalla sua cella con le sbarre. Sarà con Martine e Christophe, poi lunedì primo giorno di lavoro. E parallelamente inizierà il suo impegno personale per la revisione del processo e per l'abolizione delle pene troppo lunghe: "voglio essere un testimone - dice - voglio raccontare quello che ho vissuto, senza esagerazioni. Non ha nessun senso. Le pene lunghe non servono a niente"

(ANSA)

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