sabato 1 dicembre 2012

DONNE E TUMORI, VACCINI TRA LE NUOVE ARMI PER LA PREVENZIONE


 ATLANTA - Il tumore del collo dell'utero scatenato dal papilloma virus non è più l'unico bersaglio della ricerca sui vaccini contro i tumori più comuni nelle donne: vaccini di questo tipo riescono a prevenire anche la comparsa di lesioni precancerose della vulva e della vagina. I dati presentati ad Atlanta, nel congresso della Società americana di oncologia clinica (ASCO), dimostrano che uno dei primi impegni della ricerca è trovare nuove strategie per prevenire i principali tumori femminili. E risultati in arrivo da uno studio italiano promettono di portare grandi novità nelle strategie di vaccinazione.

"Abbiamo bisogno urgentemente di nuovi strumenti per ridurre il rischio di tumore. Alcuni dei risultati presentati oggi sono importanti e suggeriscono vie promettenti per ridurre il rischio del tumore del seno e dei tumori ginecologici", ha detto Robert Ozols, del Fox Chase Cancer Center. Riuscire a prevenire queste malattie significa infatti avere nuove armi per evitare tumori molto diffusi. Basti pensare che ogni giorno in Europa 40 donne muoiono per cancro al collo dell'utero e che questa malattia viene diagnosticata ogni anno a circa 33.500 donne. Si tratta del secondo tumore killer nelle donne fra 15 e 44 anni, preceduto soltanto dal tumore del seno.

BUONI RISULTATI DA VACCINO ANTI-PAPILLOMA VIRUS: si stima che nel mondo il 70% di uomini e donne sessualmente attive potrebbero essere esposti al Papilloma virus, principale causa del tumore del collo dell'utero. Per questo uno dei principali obiettivi della ricerca condotta negli ultimi anni è stato ottenere un vaccino contro l'infezione. Risultati incoraggianti vengono dal primo studio condotto su donne da 26 a 55 anni e basato sul vaccino anti-Papilloma virus (tipi 16 e 18). "Per la prima volta osserviamo che un vaccino contro il cancro della cervice uterina ha un'alta immunogenicità in donne di oltre 25 anni", ha osservato il responsabile dello studio, Tino Schwarz, dell'ospedale tedesco di Wuerzburg. Un altro studio ha analizzato gli effetti del vaccino ricombinato diretto contro quattro tipi di Papilloma virus umano (6, 11, 16 e 18) e sperimentato su 27.000 persone in 33 Paesi. Il vaccino, che attende a giorni la risposta dell'ente americano per la sorveglianza sui farmaci FDA, ha dimostrato di prevenire il 100% delle lesioni potenzialmente precancerose della vulva e della vagina correlate ai tipi 16 e 18 del Papilloma virus.

INFEZIONI PIU' NUMEROSE DEL PREVISTO: i risultati del secondo studio indicano che "le infezioni da Papilloma virus in progressione verso il cancro sono molto più frequenti nelle giovani di quanto si credesse", ha osservato il direttore della clinica ostetrica e ginecologica dell'università di Brescia, Sergio Pecorelli. "Se si pensa solo alla prevenzione del numero di casi tumore in assoluto, sembra uno sforzo eccessivo vaccinare tutti per una patologia modesta come il tumore del collo dell'utero, ma dobbiamo considerare che se questi tumori sono 3.500 ogni anno, ci sono fra 100.000 e 150.00 patologia pre-invasive che vengono trattate e che hanno un costo sociale e sanitario notevole, tra visite, ricoveri e day hospital, oltre a costi sociali e psicologici".

FUTURE CAMPAGNE DI VACCINAZIONE: una vaccinazione contro il Papilloma virus, secondo Pecorelli, potrebbe prevenire circa il 75% delle forme pre-neoplastiche. "Il primo consiglio per la prevenzione - ha detto - è fare il Pap test regolarmente, cosa che attualmente fa soltanto il 50% delle donne italiane. Si dovrebbe stabilire un piano di salute pubblica che preveda di vaccinare giovani donne (10-12 anni) prima dell'attività sessuale. I risultati si vedranno molto in avanti, ma uno dei punti fondamentali è che vaccinando in giovane età risposta immunitaria maggiore". Secondo l'esperto sarà "fondamentale integrare programmi vaccinazione e Pap-test in un unico programma di prevenzione".

Proprio domani il Journal of National Cancer Institute pubblicherà uno studio italiano coordinato da Guglielmo Ronco, del Centro di prevenzione ocnologica di Torino, completamente finanziato da fondi pubblici di ministero della Salute, otto regioni e Unione Europea. La ricerca è stata condotta su 95.000 donne italiane sottoposte a Pap-test classico, Pap-test su strato sottile e test del Papilloma virus.

"Emerge - ha concluso Pecorelli - che il test per il Papilloma virus ha una sensibilità nettamente naggiore rispetto ai test convenzionali. Un risultato che è un primo passo importante per una vera rivoluzione nella prevenzione dei tumori del collo dell'utero: si passerebbe dallo screening citologico a screening molecolare test Hpv, riservando il Pap-test solo alle donne a rischio".

(ANSA)

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