martedì 19 giugno 2012

La RU486 sbarca anche in Ungheria


Il primo ministro Orban
Il primo ministro Orban

Il capo del governo Vitkor Orbán solleva la questione di legittimità costituzionale rispetto al permesso di commercializzazione

Giuseppe Brienza Roma Il 19 maggio scorso, come riportato dal quotidiano ungherese “Magyar Nemzet”, l’Istituto nazionale di controllo sui farmaci ha concesso la licenza per la commercializzazione nel Paese della pillola abortiva RU486, in adeguamento alla normativa UE, proprio come accaduto in Italia, ad opera dell'Aifa, l'Agenzia italiana del farmaco. Il capo del governo Vitkor Orbán ha però sollevato sul provvedimento una questione di legittimità costituzionale, perché l’articolo II della Carta fondamentale ungherese, entrata in vigore il 1° gennaio 2012, prevede la protezione della vita umana fin dal suo concepimento. Tale fondamentale disposizione, pur se non ha finora consentito al premier di incidere direttamente sulla normativa nazionale sull’aborto, ha suscitato preoccupazioni nel fronte laicista e femminista europeo.


L’iniziativa di Orbán si colloca all'interno di una strategia politica volta alla restaurazione dell’ordine giuridico nel Paese, dopo anni in cui, come ha dichiarato il premier conservatore in una recente conferenza pubblica tenuta a Budapest, "responsabili di crimini che creavano scandalo nel popolo rimanevono del tutto impuniti” (”Rule of law restored over past years, says Orban”, http://orbanviktor.hu/, 11 giugno 2012)


Il sottosegretario alla salute magiaro Miklós Szòcska ha dichiarato che, il nulla osta dato alla “kill pill” dall’Istituto nazionale di controllo sui farmaci, è stato reso necessario per un adeguamento obbligatorio alle disposizioni europee. Tale “via libera” alla commercializzazione della pillola abortiva non significherà però che il farmaco sarà effettivamente venduto in Ungheria. Già nel 2008, quando l’azienda produttrice della RU, la francese Exelgyn, inviò la documentazione necessaria per ottenere l'autorizzazione a vendere il suo prodotto all’agenzia ungherese del farmaco (oltre a quelle di altri tre Stati europei, il Portogallo, la Slovenia e, appunto, l'Italia), non si accorse, come obiettato dalla stessa agenzia, che la commercializzazione era impossibile perché in Ungheria non era disponibile il cosiddetto "secondo farmaco", la prostaglandina che, associato alla RU486, completa l'aborto chimico. Da qui la decisione di aprire una procedura di "arbitrato" a livello europeo che di fatto ha bloccato fino ad oggi la commercializzazione (cfr. “In Europa partita ancora aperta”, Avvenire, 6 marzo 2008, p. 17).

Negli altri Paesi europei, poi, l’introduzione negli ultimi anni nelle farmacie della RU486 ha fatto registrare dati di vendita molto al di sotto di quelli previsti, con circa il 30% in meno di confezioni vendute. 

http://vaticaninsider.lastampa.it/homepage/documenti/dettaglio-articolo/articolo/ungheria-aborto-15986/ 

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