domenica 3 giugno 2012

Aids, contagio d'amore

Davide, 24 anni, ha scelto di contrarre il virus per vivere fino in fondo la sua storia: «È successo e non rimpiango nulla».

 di Simone Morano

Davide ha 24 anni, vive a Roma e lavora come manager nella moda. Ha contratto il virus dell’Hiv poco più di due anni fa. Non per fatalità o distrazione ma con consapevolezza. «Il mio fidanzato di allora era sieropositivo. È chiaro che non ho scelto volontariamente di contrarre il virus, ma ho voluto vivere totalmente una relazione con la persona che amavo, una decisione di cui non sono pentito», racconta.
IN ITALIA, 160 MILA SIEROPOSITIVI. In pratica, Davide ha scelto di avere rapporti non protetti, con un fatalismo decisamente rischioso visto che in Italia sono circa 160 mila le persone sieropositive e, a poco più di 30 anni dal primo caso ufficialmente documentato, nel nostro Paese si verifica un nuovo contagio ogni due ore.
Quando ha saputo di aver contratto l’Hiv, non si è scomposto: «Sapevo che prima o poi sarebbe accaduto», spiega. E, da allora, le maggiori difficoltà che ha dovuto affrontare non sono state sanitarie («Anzi, per il momento non mi posso proprio lamentare, seguo la mia terapia di antiretrovirali, ma a parte questo sto bene. Paradossalmente, da quando seguo la cura non ho mai avuto nemmeno una linea di febbre»), ma relazionali.
«Le persone che per me contano veramente», racconta Davide, «conoscono la mia condizione e naturalmente mi hanno sostenuto. I miei amici hanno avuto reazioni differenti, spesso contrastanti: c’è chi già lo immaginava, chi invece l’ha saputo a bruciapelo. Ma mi sono rimasti tutti vicini, senza rimproverarmi».

«Tanti ragazzi con l'Aids si fingono sani solo per non usare il preservativo»

Diverso il discorso, però, al di fuori della relazioni sociali più strette: «La comunità gay è piccola», spiega Davide, «e un pettegolezzo ci mette poco a diventare tormentone: da lì all’essere discriminato il passo è breve. Siamo in Italia, ci sono pregiudizi su tutto. Il problema è che la gente dovrebbe essere meno stupida e provare a guardare il mondo per quello che è, senza considerare immorale una semplice condizione di salute come la sieropositività».
PREGIUDIZI FIGLI DELL'IGNORANZA. Pregiudizi duri a morire, dunque, e spesso figli dell’ignoranza. È proprio la scarsa consapevolezza dei rischi e delle modalità di trasmissione del virus a perpetrare il contagio.
«Tanti ragazzi sieropositivi si fingono sani e fanno sesso senza precauzioni, solo per il gusto di non usare il preservativo», racconta Davide, «poi ci sono quelli che dopo aver scoperto di avere l’Hiv sono infuriati con il mondo e vanno in giro a farlo senza precauzioni per vendetta. O, ancora, quelli che credono che non usare precauzioni sia l’unico modo per avere un rapporto sessuale ed essere accettati dagli altri. O, infine, quelli che si concedono alla prima persona che capita e questa è la situazione più tragica, perché diffusa soprattutto tra i giovanissimi. Purtroppo sul tema c’è molta ignoranza e il pericolo non è avvertito: si sentono tutti immortali, fino a quando…».

«Amavo quel ragazzo e l’Hiv non era un motivo per rinunciare alla storia»

Davide, comunque, ci tiene a precisare che la sieropositività non ha modificato molto la sua quotidianità. «Per me non è cambiato niente, io non la vivo come una malattia distruttiva. Alla fine è un’infezione non ancora conclamata, che va semplicemente tenuta sotto controllo. Un po’ come il diabete, diciamo», racconta.
I PROGRESSI DELLA RICERCA. Ma aggiunge: «Chiaramente, spero sempre nell’arrivo di notizie positive provenienti dalle nuove ricerche, che stanno tentando di bloccare il passaggio da sieropositività ad Aids. La mia visione del futuro, in ogni caso, non è cambiata: oggi ci sei e domani chissà, a prescindere dall’Hiv. Insomma, si può morire di qualsiasi cosa».
Scoprire la malattia può cambiare il modo di vedere la vita? «Macché: o sei ottimista di nascita o non lo diventi. Come si dice a Roma: chi nasce tondo non muore quadrato».
UN BIVIO IMPORTANTE. Anche se, a volte, Davide si ritrova a pensare a come sarebbe la vita se avesse compiuto una scelta differente: «Mi diverte percorrere con la mente le diverse direzioni che avrei potuto intraprendere. Ma credo sia una cosa che facciamo tutti dopo aver preso una decisione importante: sia se siamo soddisfatti, sia se non lo siamo, pensiamo a cosa sarebbe accaduto».
Certo, aggiunge, «quando la storia con il mio ex fidanzato ha iniziato a dare i primi segni di difficoltà (che non avevano niente a che vedere con la nostra sieropositività) qualche ragionamento l’ho fatto. Ma come si dice, è troppo facile parlare con il senno di poi».
In ogni caso, Davide è convinto che la sua vita, anche senza l’Hiv, «sarebbe stata più o meno la stessa». Ma era davvero necessario affrontare la relazione in modo così totale? «Amavo quel ragazzo e l’Hiv non dovrebbe essere un motivo per non vivere la storia. O, almeno, per me non lo era. È successo, e non rimpiango niente».

Domenica, 03 Giugno 2012

www.lettera43.it

 

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