mercoledì 9 maggio 2012

«Lo Stato non cura, uccide»

L'avvocato De Falco: «Non difenderò più Equitalia. Basta stare zitti».

 di Enzo Ciaccio

 La dolorosa raffica di suicidi delle ultime settimane (26 persone si sono tolte la vita perché ossessionate dalla crisi e dalle cartelle esattoriali) ha indotto Gennaro De Falco, 55 anni, avvocato napoletano, a rimettere il mandato e rifiutarsi di difendere, da ora in poi, Equitalia nelle cause fiscali intentate contro i cittadini.
«RINUNCERÒ ALL'ONORARIO». Il suo non è stato solo uno sfogo. «Non difenderò più Equitalia», ha detto secco De Falco a Lettera43.it, «e rinuncerò anche al mio onorario per tutte le cause svolte finora».
L'ULTIMO SUICIDIO A NAPOLI. A portare l'avvocato a questa decisione è stato lo sgomento provato dopo il suicidio di Diego Peduto, un imprenditore immobiliare di 52 anni, sposato e padre di due figli di 14 e 9 anni, che la sera del 25 aprile si è tolto la vita lanciandosi dal balcone di casa, in via Cilea a Napoli.
IL CONTENZIOSO CON L'AGENZIA. Aveva ricevuto l’ennesima ingiunzione di pagamento da parte di Equitalia con cui aveva aperto da tempo un aspro contenzioso.
Solo due giorni prima, Peduto aveva già tentato di togliersi la vita ma gli agenti di polizia allertati dalla moglie erano riusciti a bloccarlo in extremis mentre si stava accostando alla ringhiera antistante un precipizio in via Petrarca, nella zona collinare.


DOMANDA. Perché il suicidio di Diego Peduto l’ha sconvolta più di altri?
RISPOSTA. Lo conoscevo. I suoi figli hanno l’età dei miei. Per anni ha gestito un’agenzia immobiliare nel quartiere dove abito, a pochi passi dal mio studio. Insomma: le nostre esistenze hanno camminato parallele, ci siamo sfiorati per anni.
D. Eravate amici?
R. L’ho incontrato la prima volta nel 1995: gli chiesi di tentare di vendere un’abitazione di mia proprietà.
D. Nella lettera pubblica che ha inviato al Mattino, fra le righe, si coglie un senso di colpa.
R. Conosco i drammi di chi deve far quadrare i conti operando in un contesto sbagliato e ostile. Di quella morte mi sento corresponsabile, sto pensando di devolvere alla famiglia di Peduto il denaro che percepirò come onorario da Equitalia.
D. Si sente corresponsabile, ma di che cosa?
R. In Italia si è messo in moto un meccanismo perverso che sta distruggendo con le tasse famiglie, persone, imprese: non è più possibile star zitti e fermi.
D. A cosa serve rinunciare a Equitalia?
R. Non so se questa mia scelta servirà a qualcosa, ma so che di sicuro alleggerirà la mia coscienza e forse aiuterà a restituire qualche briciola di dignità a chi svolge la mia professione.
D. Quale messaggio lancia alla sua categoria?
R. Nessun messaggio. Però, noi avvocati abbiamo obblighi deontologici da rispettare: tutti dobbiamo riflettere sulla sostenibilità sociale ed etica  della gestione di questa crisi.
D. Un avvocato è tenuto a difendere anche i capimafia e i pluri-assassini.
R. Non è vero che è obbligato. A me comunque non piace più. Preferisco impegnarmi in altre cause.
D. Crede che altri legali di Equitalia seguiranno il suo esempio?
R. Su Facebook sto ricevendo un sacco di condivisioni.
D. E c’è già stato qualche suo collega che ha fatto la sua stessa scelta.
R. Non sono il primo legale ad abbandonare Equitalia: alcuni hanno preferito mollare in silenzio. E può darsi che altri lo stiano facendo anche in questo momento. C’è subbuglio nella categoria. E maretta.
D. Il Comune di Calalzo di Cadore, in Veneto, è stato il primo a rifiutare i servizi Equitalia. Basta una delibera comunale e, senza esattore, si risparmiano pure un sacco di soldi. Cosa ne pensa?
R. Il problema non è l’esattore, ma l’impostazione fiscale vigente in Italia che non è più sostenibile, così come le scelte economiche.
D. Dicono che i sacrifici serviranno a guarirci.
R. Altro che guarigione: così, creda a me, si uccide il malato.

www.lettera43.it 

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