«Con piacere abbiamo riempito il caricatore», «impugnare una pistola,
scegliere, seguire... un confluire di sensazioni piacevoli», «piombo
nelle gambe», «imperituro ricordo»: qualcuno aveva scritto che la
rivoluzione non è una passeggiata, nessuno aveva osato paragonarla ad un
orgasmo.
Men che meno l’aveva messa in pratica con la soddisfazione di chi
“sente” di aver correttamente interpretato un manuale di piacere
solitario. Ma loro l’hanno fatto, o almeno così scrivono, quelli del
nucleo “Olga” (Fai-Fri), la sigla para-anarchica che si dichiara
responsabile del ferimento di Roberto Adinolfi.
Narcisismo e polvere da sparo: questa è la strada, annunciano
gioiosi. Intanto, per chi come noi ha seguito le comunicazioni ufficiali
del vecchio terrorismo “di sinistra”, più che un documento, il loro
messaggio pare una cartolina dalle vacanze. Teorizza poco e niente,
trasmette un’appassionante esperienza. Cara mamma, qui è tutto bello, ho
trovato la mia dimensione, avevi ragione tu, Stefania è una stupidina
ma verrà il giorno... Il senso della scrittura sta un po’ qui.
Solo che questo luminoso orizzonte di liberazione privato si attiva con
grande esclusività se si delega l’iniziativa ad una risibile parte del
corpo umano: l’indice, quello che, in genere, si incarica di premere il
grilletto di una pistola. Quindi, con grande onestà, parte della
cartolina viene impiegata per far sapere alla “mamma” quanto sia bello
sparare. Lennon cantava «Happiness is a warm gun», la felicità è una
pistola calda; ma non si riferiva all’attrezzo di morte che un giorno
l’avrebbe bruscamente tolto dalla scena. Arrischiamo: neppure quelli dei
Fai si limitano a rintracciare un freddo senso meccanico in una
automatica madre di tutte le felicità.
Molto lontani in questo dalla matrice anarchica che invocano e poi
liquidano assieme agli anarchici di altre generazioni e componenti. Li
accusano infatti di essere dei pavidi, li tacciano di «cittadinismo», di
contribuire cioè «al rafforzamento della democrazia»: hanno scritto
proprio così. Solenni, citano Bakunin, teorico dell’anarchia, come piace
a loro, e cioè alla svelta, e lo battezzano “Michael”, lui che da
buon russo non influenzato dalle anglicizzazioni on line, si chiamava
Mikhail. Strafalcione o sgarbo? Che importa, se nella premessa
epistolare si spingono a difendere «l’irrazionalità» dagli agguati del
binomio «scienza-tecnologia»?
Ma questa posizione che affida felicità e pistole calde al Caos,
addolcito da un generico appello a «quant’è bell’a’natura», non
appartiene forse al movimentismo anti-tecno dell’estrema destra?
«Potevamo colpire alla ricerca del consenso», spiegano, ma non l’hanno
fatto, sganciandosi così da un’economia dell’agire che considerano una
maledizione. Confessano di aver scoperto che vincere la paura di
impugnare una pistola - rieccoci - non è stato difficile. Ma non serve
coraggio per impugnare un’arma che dà la morte; serve per deporla, per
rinunciare a quel «piacere».
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