L’elenco delle persone su una croce ritrovata nel 2003 nella strada per Orgosolo Dietro la faida scoppiata nel 1999 l’ombra dei sequestri Checchi e Marras
NUORO. Il passaparola su una morte annunciata da due agguati
falliti vuole che tutto fosse già scritto su una rozza croce di legno,
come in un film western, apparsa per incanto nella strada tra Oliena e
Orgosolo. Era il 2003, e il nome di Tonino Corrias sarebbe comparso su
quel simbolo di morte assieme a una decina di compaesani, alcuni già
morti e altri che lo sarebbero diventati di lì a poco. La lista nera di
Oliena, fu chiamata allora dagli inquirenti, sopraffatti anche loro da
quella catena di omicidi che vent’anni fa insanguinò uno dei paesi più
floridi e pacifici della Barbagia. A distanza di tempo non è chiaro se
quella lista fosse virtuale o meno, e se la croce della vendetta fosse
solo una leggenda, ma pare che otto di quei nomi – nove da ieri –
corrispondano ai fascicoli investigativi di altrettanti omicidi. Tutti
pastori in stretto contatto tra loro, coinvolti in azioni criminali
secondo le ammissioni a bassa voce degli investigatori non sempre
suffragate da atti giudiziari.
Tonino Corrias aveva schivato
l’appuntamento con la morte il 21 marzo 2001, quando era stato colpito
da una scarica di pallettoni mentre, insieme con il padre Pietro,
rientrava a casa in auto dopo una giornata trascorsa al lavoro in
campagna. L’agguato era avvenuto nella zona di Norgheri, non distante da
Su Gologone. I pallettoni lo avevano colpito in modo superficiale alla
spalla destra e a un fianco: ferite talmente lievi che l'allevatore, che
allora aveva 38 anni, era stato dimesso dopo un piccolo intervento e
appena un giorno di degenza nel reparto di chirurgia dell'ospedale San
Francesco. Quattordici anni dopo, il 27 novembre 2015, la sua auto era
stata colpita da una scarica di pallettoni a poca distanza da Oliena,
nella strada comunale di Sa Trave. I proiettili si erano conficcati
nella portiera sinistra, lui aveva accelerato ed era riuscito a
scappare. Tra i due agguati forse ce ne fu un altro, secondo quanto si
disse in ambienti del paese per nulla ufficiali, ma non per questo
inattendibili: un terzo episodio in cui l'appuntamento con la morte
sarebbe saltato per pura fortuna.
Spetterà
agli inquirenti stabilire se la sua morte sia da inserire in quella che
al tempo, in particolare dal 2001 al 2003, fu definita la faida di
Oliena, con una lista di morti ammazzati molti dei quali compariranno
nella famigerata lista nera. La catena di vendette nel paese ai piedi
del Corrasi comincia il 10 gennaio 1999 con l’assassinio di Battista
Medde nelle campagne di Oniferi, e prosegue due anni dopo, nel febbraio
2001, con quello del fratello Sebastiano, impegnato a mungere il suo
gregge nell’ovile di Papalope. È da allora che la progressione degli
agguati diventa rapida e incessante. Passa un mese e nel mirino finisce
Tonino Corrias, ucciso ieri, che si salverà. Il 14 ottobre dello stesso
anno la faida cambia scenario, e dalle campagne si sposta nel centro del
paese. È una domenica di inizio autunno quando un sicario con il
passamontagna entra in un bar affollato e individua a colpo sicuro
Francesco Acquas, freddandolo all’istante con una fucilata. Lo stesso
giorno si spara anche a Orune, e a cadere ucciso è proprio un suo amico,
Damiano Pirrolu, coinvolto nel sequestro-omicidio del farmacista
orunese Paoletto Ruiu, il cui Dna verrà trovato in una grotta dei monti
di Oliena.
Il 4 novembre 2002 si registra il primo duplice
omicidio. Le vittime sono Giuseppe Puddu e Sebastiano Muleddu, uccisi
nel Corrasi. Il fratello del primo, Tonino Puddu, era stato ammazzato
dieci anni prima. Entrambi erano stati indagati per sequestro di persona
e poi scagionati. Un mese dopo, il 10 dicembre, davanti alla chiesa di
San Lussorio viene ucciso Giuseppe Bette. L’anno successivo, il 2003, si
apre con l’esecuzione di Natalino Columbu. Anche per lui si fa
riferimento alla lista nera.
La faida, difficile chiamarla in
altro modo, si ferma sino al 2010, quando viene assassinato Luigino
Congiu, fratello di uno dei rapitori dell'imprenditore romano Ferruccio
Checchi. Sullo sfondo di questa vicenda, infatti, ci sono anche gli
ultimi sequestri messi a segno in Sardegna, da Checchi all’ozierese
Antonio Marras: entrambi tenuti prigionieri nelle grotte calcaree del
Supramonte di Oliena, dal Corrasi a Lanaitho, chi per mesi chi per poche
ore.
https://www.lanuovasardegna.it/regione/2022/01/21/news/il-suo-nome-nella-lista-nera-e-il-nono-morto-ammazzato-1.41155296
LePen71
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