Di Antonio Borriello

Un tempo era l’oro ora è il gioco; può sembrare una provocazione ma nasconde un fondo di verità. Già perché in tempi di crisi si affina l’ingegno per tentare di rimanere a galla ma non sempre la strada battuta è la più adeguata. 
Un tempo il bene rifugio per eccellenza era l’oro, materiale che conserva il proprio valore nel tempo anche durante i periodi di incertezza; oggi sembra non essere più così. E non solo per la corsa a vendere il metallo prezioso, tendenza certificata dal proliferare dei negozi compro oro; oggi gli italiani sembrano preferire altre vie. Investimenti molto più rischiosi, volubili, e che soltanto in pochi casi risultano fruttuosi. Sono queste le caratteristiche del gioco d’azzardo. 
Un recente studio della Camera di Commercio ha evidenziato come il settore del gioco sia in continua crescita; nel giro di un solo anno le imprese coinvolte nel settore sono cresciute di oltre il 32% arrivando a sfiorare il totale di 9.300 nel 2013. Un boom di richiesta, una vera e proprio corsa al gioco. 
La gestione di apparecchi che consentono la vincita in denaro (sono esclusi quindi da questo conteggio gli apparecchi e congegni da divertimento ed intrattenimento senza vincita in denaro) sono raddoppiati nel giro di un anno passando da 705 a 1.348; raddoppiate anche le ricevitorie per un totale di circa 4.500 luoghi adibiti al gioco del Lotto, Superenalotto e Totocalcio
A livello territoriale è la Lombardia a guidare la classifica con 1.342 attività dedicate al gioco (il 14,5% del totale italiano); tra quelle più cresciute rispetto alla rilevazione precedente, l'Emilia Romagna con +80% e le Marche (+45,5%). Roma è la provincia con il più alto numero di attività legate al gioco (798) seguita da Napoli (793), Milano (521) e Bari (321).
Numeri consistenti ed esplicativi per un settore, quello del gioco, che sembrerebbe essere altamente in salute; per comprendere la portata dei dati basta confrontarli con quelli relativi ad altre attività commerciali presenti in Italia. Le pompe di benzina sono più di 20mila, tabacchi ed altri generi di monopoli sono poco meno di 25mila, le farmacie all’incirca 17mila, attività di articoli medicali ed ortopedici circa 4mila; a fronte di questo come detto, sono oltre 9mila le attività nel settore del gioco.

Il gioco d’azzardo come bene rifugio ma anche come ultima spiaggia per disperati; perché a giocare, spesso e volentieri, sono soprattutto persone in gravi difficoltà economiche e che vedono il gioco d’azzardo quale possibile àncora di salvezza. Fenomeno che conseguentemente aumenta  e si avvita su se stesso con il crescere della crisi economica, come avevamo dimostrato in passato parlando di possibili rimedi per uscire dalla malattia del gioco d’azzardo.
Un recente studio dell'Associazione Contribuenti Italiani ha dimostrato come la maggior parte dei giocatori incalliti sia collocabile nella classe indigente;  per la precisione, il 54% dei giocatori sarebbe nullatenente ed il 31% dichiarerebbe al fisco un guadagno minore ai 10mila euro annui. Fattore che lascia intravedere con ogni probabilità una forte presenza di evasione fiscale ma che certifica al tempo stesso una maggiore tendenza al gioco nei periodi di più alta crisi economica. In quei casi il gioco diventa naturalmente l’ultimo appiglio cui aggrapparsi e la voglia di riscatto, oltre che l’illusione di un facile guadagno, prendono facilmente il sopravvento.
Parlando in generale di numeri, in Italia sono all’incirca 8 milioni coloro i quali giocano con frequenza settimanale; se si calcolano anche i giocatori sporadici la cifra arriva ad oltre 30 milioni per un giro di affari totale attestabile, al 2012, a circa 85 miliardi di euro con una spesa a persona di 2400 euro. Nel 2011 il giro d’affari totale era stato di 78 miliardi, nel 2003 di poco sopra i 15.
Cifre alte e viva testimonianza di una problematica che, tra l’altro, ha conseguenze dirette anche a livello di spesa sociale: a fronte di questi incassi vi sono infatti le spese sostenute per i costi sociali e sanitari legati al gioco. Il gioco di azzardo o Ludopatia è infatti una patologia a tutti gli effetti inserita tra i Lea, i livelli essenziali di assistenza, ovvero prestazioni che il Servizio sanitario nazionale (Ssn) è tenuto a garantire a tutti i cittadini, gratuitamente o in compartecipazione; quindi la cura della dipendenza dal gioco è gratuita e a carico dello stato e la cifra che lo stato stesso spende per questa voce è di circa 5 milioni di euro (a fronte di un guadagno di 10 miliardi di euro che lo stato raccoglie dalla tassazione di questa voce). In Italia sarebbero all’incirca800 mila le persone dipendenti dal gioco d’azzardo e 2 milioni i giocatori a forte rischio.

Altra problematica di forte impatto sociale è quella relativa alla criminalità organizzata; che, come ovvio, non esita a mettere le mani su un settore così redditizio fonte di sicuri guadagni. Un’interessante indagine della associazione  Libera ed intitolata Azzardopoli 2.0ha evidenziato una forte presenza di clan mafiosi e malavitosi nel settore del gioco d’azzardoclan che si spartiscono il racket del gioco equamente in tutta ItaliaIl gioco d’azzardo è quindi un grande affare; rappresenta da solo il 4% del Pil nazionale e fornisce lavoro a vario titolo ad oltre 120mila addetti: a manovrare il grande business è direttamente lo Stato attraverso i Monopoli (l’AAMS, Amministrazione autonoma dei Monopolio di Stato) i quali affidano la gestione del giocattolo ad aziende scelte tramite un bando di gara. D’altra parte si parla di un giro di affari troppo importante ed è altamente impensabile che in gioco non entrino attori quali Stato e criminalità organizzata; che, vuoi o non vuoi, sono spesso presenti quando in ballo ci sono cifre di questa portata.