lunedì 15 luglio 2013

La malattia e il coma diventano film
per ridare a tutti la forza di vivere


Lucio Viglierchio, da paziente a regista, è tornato nei locali dell’ospedale che ha ospitato la sua sofferenza quando ormai gli scogli più grandi sono già superati

 MARCO ACCOSSATO
TORINO
«”Luce mia” è il modo che Silvia, la mia compagna, aveva trovato per chiamare la leucemia che mi è stata diagnosticata nel 2010»: a parlare è Lucio Viglierchio, regista e co-protagonista del suo stesso documentario. Il suo è un racconto autobiografico che parte dalla sua lotta contro la leucemia acuta mieloide per arrivare a narrare la storia di Sabrina, anch’essa colpita dallo stesso male, sarà protagonista domenica sera, 14 luglio alle 21, dell’appuntamento «La Salute in Comune» ai Giardini Reali. Uno spazio dedicato all’ospedale Mauriziano, dove Lucio è stato ricoverato e curato. 

Il film - come la storia di Luca - non è solo un cammino verso la guarigione, ma una prova di coraggio attraverso la quale Lucio, come Sabrina, si misurano per non abbattersi o cadere nell’isolamento dal resto del mondo. Dal trailer del documentario e dalle parole dei protagonisti traspare l’immensa forza d’animo e il grande desiderio di cogliere e sfruttare ogni attimo: «Adesso so esattamente cosa voglio dalla mia vita» dice infatti Sabrina «e soprattutto adesso lo voglio veramente». 

Lucio racconta che la malattia lo aveva portato a un netto distacco dal resto del mondo: per sconfiggere la sua paura ritorna nei locali dell’ospedale che ha ospitato la sua sofferenza, quando ormai gli scogli più grandi sono già superati. Qui incontra Sabrina che deve ancora affrontarli: il documentario mostra quindi l’evoluzione della «stessa storia» a distanza di tempo. Sabrina è in un certo senso quello che il regista era durante la malattia e Lucio diventa quello che anche lei sarà dopo la guarigione: una persona nuova e più consapevole della propria voglia di vivere al meglio i propri affetti. Accanto alle storie di Lucio e Sabrina, domenica ai Giardini Reali, ci saranno anche quelle di altre persone uscite dal coma, insieme alle testimonianze altrettanto toccanti degli operatori, che tolto il camice continuano a portare con sé parte del dolore della malattia dei propri pazienti. 

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