mercoledì 13 marzo 2024

Tiago Pinto



 "Quando ho lasciato la Roma ci ho pensato molto, sentivo che era il momento giusto, la fine di un ciclo. Ma quando ho preso la mia decisione, tutti quelli a me vicini hanno detto: 'Conoscendoti, dubito che sarai in pace dopo due settimane'. Probabilmente avevano ragione. La Roma è stata una grande sfida, ma mi piace correre rischi", d


Su Mourinho:"Non fraintendetemi, quando lavori con un uomo con un profilo così importante, è impegnativo. Ed è esigente perché ha vinto tanto e ha standard elevati. Non dimentichiamo che sono portoghese e ho iniziato a lavorare con lui quando avevo 36 anni, per un giovane direttore sportivo è impossibile lavorare normalmente con Mourinho. Ma ho imparato molto da lui. È uno degli allenatori più importanti della storia del calcio. Il calcio è come ogni cosa, ha dei cicli. A volte sei d'accordo, a volte non sei d'accordo, ma nessuno può minimizzare il grande impatto che ha avuto alla Roma. Ciò che colpisce davvero ogni giorno è cosa significa per le persone. Non importa se sei a Londra, Reykjavik, Dubai o altrove, ciò che Jose significa per le persone è qualcosa di straordinario. E ci sono allenatori che hanno vinto tanto o anche più di lui, ma è difficile trovare qualcuno che tocchi il cuore della gente come lui".


"E credo nei guadagni 'marginali'. Le squadre che vincono di più sono quelle che pensano di più ai dettagli: l'alimentazione, lo psicologo, i viaggi, la qualità dei campi dove ti alleni, il sonno. Sono testardo su questo. Cerco di dire alla mia gente: non importa se sei un medico, un fisioterapista, un manager, quando torni a casa devi pensare 'Cosa ho fatto oggi per aiutare la squadra a vincere nel weekend"?"


Sul mercato e il Fair Play Finanziario: "Bisogna essere chiari con le persone. Il denaro e i contratti contano moltissimo, ma cerco di gestirne il lato emotivo perché ci sono molte emozioni nel business del calcio. A volte anche solo il numero di maglia può fare la differenza. Quando abbiamo ingaggiato Tammy Abraham e lui era vicino a firmare per altri club, ci siamo assicurati che la prima volta che lo abbiamo incontrato avessimo una maglietta con il suo nome e il numero che avrebbe indossato con noi. Forse questo significava qualcosa per lui.

Per me il FFP non è un nemico. È qualcosa che influenza il tuo lavoro, ma non è un ostacolo al tuo lavoro. Dobbiamo guardarlo a livello globale. Per proteggere il business globale del calcio servono regole, serve sostenibilità. Credo in questi principi perché credo che dobbiamo spendere meno di quanto generiamo. Per me come direttore sportivo è un buon punto di partenza. Non sono contrario. Penso che come strumento possa aiutare il calcio a essere più sostenibile in futuro. Queste regole ti spingono a cambiare il ruolo di direttore sportivo. Se dieci anni fa guardavi al direttore sportivo come a quello che vede le partite, seleziona i giocatori, fa i trasferimenti e basta, al giorno d’oggi è completamente diverso. Devi essere consapevole delle normative, devi essere in grado di sederti allo stesso tavolo dei ragazzi della finanza e degli avvocati e capire tutto, altrimenti è difficile fare il tuo lavoro. Penso che il FFP sia necessario, è qualcosa che non possiamo evitare"


Tiago Pinto

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