sabato 25 gennaio 2014

«Non ci sono staminali nel metodo Stamina»

di  - Lo rivelano le carte dei Nas e il parere degli esperti del comitato, poi giudicato dal Tar del Lazio «non imparziale». Non mancano nemmeno ombre su pericoli tossici

«Non ci sono staminali nel metodo Stamina»

Il discusso «metodo Vannoni» per la cura delle malattie neurodegenerative non dovrebbe chiamarsi nemmeno «Stamina», perché nelle infusioni a mancare sarebbero proprio le cellule staminali. Questo è quanto emerge dalle carte sin qui rimaste secretate dei verbali dei Nas e degli organismi scientifici istituzionali, così come dal parere del Comitato di esperti. Quello che, dopo aver bloccato la sperimentazione, è stato poi giudicato «non imparziale» dal Tar Lazio, che ha accolto il ricorso dello stesso Davide Vannoni. Ma non solo: come spiega la Stampa, dai documenti emerge come manchi un accenno al modo in cui «le cellule mesenchimali del midollo si trasformerebbero in cellule cerebrali e dei tessuti nervosi», necessarie per riparare gli effetti dannosi all’origine di diverse malattie neuro degenerative, come la Sla . Non manca nemmeno l’ombra legata a pericoli tossici: con il rischio di contrarre anche il «morbo della mucca pazza».

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LE CARTE E LE OMBRE SUL METODO STAMINA – In attesa che la ministraBeatrice Lorenzin nomini il nuovo comitato di esperti che dovrà valutare il protocollo realizzato dal presidente di Stamina Foundation, la stessa ha riferito ieri sulla questione in Consiglio dei ministri. Dopo la sospensione della bocciatura, il governo non farà ricorso: per la Lorenzin nell’ordinanza c’erano delle criticità che potevano giustificare un appello. Ma si è preferito evitare le vie giudiziarie, in modo da offrire ai malati risposte più veloci e arrivare alla nomina del nuovo comitato in tempi rapidi. Tutto mentre non sono mancate nuove manifestazioni organizzate dai pazienti, che si sono dissanguati attraverso le flebo. La richiesta dei malati resta quella di un decreto d’urgenza per poter accedere al metodo Vannoni come “cura compassionevole”. Ma dall’esecutivo Letta non ci sono aperture in questa direzione, considerate anche le carte svelate dalla Stampa, compreso quel parere del comitato mai pubblicato finora. Se già in passato erano emerse indiscrezioni sul rischio di contratti malattie infettive – compreso l’Hiv – a causa dell’assenza di controlli accurati delle cellule del soggetto donatore, dai documenti secretati i dubbi e le perplessità sul metodo Stamina aumentano, con il rischio di ammalarsi di Bse, più conosciuta come «sindrome da mucca pazza». In questo senso, sono stati gli esperti del comitato, poi definito “non imparziale” dal Tar, a spiegare come sia stata utilizzato il siero bovino per la coltura delle cellule. Una pratica che sarebbe meglio evitare per ridurre i rischi di natura infettiva, a meno che «il siero fetale bovino provenga da animali allevati e sacrificati in Paesi privi di Bse». Con tanto di certificazione europea come garanzia. Peccato che nel parere si spiega come «nessuna di queste informazioni sia presente nei documenti pervenuti».
TUTTI I DUBBI – Come spiega il quotidiano piemontese, non sono le uniche ombre sul metodo Stamina emerse:
«Il terreno di coltura contiene antibiotici», rivela sempre il comitato, che considera questa pratica «non giustificata» e a rischio di tossicità. E poi la presenza di detriti dei tessuti potrebbe provocare micro embolie polmonari e cerebrali. Del resto un altro verbale rivela che in un campione prelevato a Brescia il 30% delle cellule sarebbe stato contaminato. In un altro campione la contaminazione sarebbe invece «bassissima», ma in entrambi si rileva l’assenza di un marcatore che generalmente rileva la presenza di cellule staminali mesenchimali», spiega Paolo Russo sulla Stampa.
Non mancano così i dubbi da parte dei Nas su cosa venga davvero somministrato ai malati con le infusioni: per il capo dei Nas Cosimo Piccinno il sospetto è che non venga rispettato quanto descritto nella domanda di brevetto presentata tempo fa dal presidente di Stamina e respinta negli Stati Uniti. Leggendo il consenso informato firmato dai pazienti, si spiega come, a sorpresa, «le cellule somministrate possano essere leucociti del sangue, di solito mescolati ad altre componenti minori. Pppure cellule più purificate quali le cellulemesenchimali estratte dal midollo osseo». Un mix complicato da verificare. Tanto che per il comitato ne risulta una «popolazione cellulare non purificata ,né omogenea». Tradotto, di cellule staminali ci sarebbero al massimo soltanto delle tracce. E comunque non si specifica come le cellule del midollo si trasformino in quelle cellule neuronali necessarie per riparare i danni. Una serie di ombre che lasciano non poche ombre sul metodo: «Su Stamina serve chiarezza perché non ci siano più dubbi», ha ribadito la Lorenzin, cercando di accelerare con la nomina del nuovo comitato.
Davide_Vannoni
L’INCHIESTA – A Torino l’inchiesta che vede coinvolto il presidente Davide Vannoni va intanto verso il rinvio a giudizio. L’ipotesi su cui indaga il pm Raffaele Guariniello è associazione a delinquere finalizzata alla truffa e alla somministrazione di farmaci pericolosi. «Secondo la procura di Torino Vannoni avrebbe preso in giro i primi 60 pazienti di cui si è occupato. Ci sono dieci denunce contro di lui», si legge sulla Stampa. Anche un’altra famiglia ha deciso di sporgere denuncia: i genitori di una ragazzina di 11 anni, con una «paralisi cerebrale infantile», hanno chiesto al procuratore Raffaele Guariniello di porre fine alla «truffa subita dal professor Vannoni», dopo aver speso in modo inutile circa 40mila euro dal 2009. Senza fortuna, tra gli ospedali di Gravedona (Como), Brescia e Trieste. Altre famiglie, al contrario, implorano affinché venga concesso il diritto di curare i propri malati con il metodo Stamina. Proprio come i genitori di Noemi, una bambina di 18 mesi ammalata di Sla.
LA RISPOSTA DI DAVIDE VANNONI - «Siamo al ridicolo: il protocollo Stamina si basa sull’utilizzo di cellule staminali molto pure, che sono tra l’altro caratterizzate e documentate presso gli Spedali Civili di Brescia. La conferma è contenuta nelle cartelle biologiche di ogni paziente presso la struttura ospedaliera». Così il presidente di Stamina Foundation, Davide Vannoni, replica all’articolo pubblicato oggi su La Stampa che rende noti i dati di verbali dei Nas e del comitato scientifico secondo i quali il protocollo Stamina non utilizza cellule staminali e presenta ulteriori rischi per la salute dei pazienti. «Ci sono i documenti presso gli Spedali di Brescia – afferma Vannoni – che contraddicono queste accuse». Nel merito di quanto pubblicato, Vannoni sostiene che il comitato scientifico “non ha fatto alcuna valutazione della quantità di cellule staminali presenti nelle infusioni, avendo solo valutato il metodo sulla carta». Quanto al riferimento alla visita ispettiva nel nosocomio bresciano da parte dell’Aifa nel 2012, il presidente di Stamina Foundation precisa che già nel 2012 «è stato diffuso un documento della Regione Lombardia nel quale si definiscono i risultati di tale visita ispettiva non corretti e si sottolinea come non siano stati raccolti i documenti relativi alla produzione delle cellule staminali»

http://www.giornalettismo.com/archives/1271681/non-ci-sono-staminali-nelle-infusioni-del-metodo-stamina/

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