martedì 4 dicembre 2012

Faranews 29

Carissime/i eccovi il nuovo Faranews (nel nostro sito la versione grafica e con i link attivati).

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FARANEWS ISSN 1590-8585
Mensile di informazione culturale a cura
di Fara Editore http://www.kaleidon.it/fara/faranews/nuovo.shtml

Numero 29
Maggio 2002

Editoriale: Le impronte delle parole


In questa uscita di maggio lasciamo parlare parole così come sono state scelte dagli autori. Iniziamo con un racconto di Helene Paraskeva scrittrice greca che vive in Italia dagli anni '70. Continuiamo con un intervento di Corrado Giamboni relativo al II Forum sulla Letteratura della Migrazione, con Medicina alternativa (provocazione pacifica) di Paola Turroni e con alcuni Frammenti di Ivan Boni.
La segnalazione di alcuni siti interessanti chiude il numero. Buon 1° maggio!


Quella sera che il bacio non era pneumatico

(di Helene Paraskeva)

- P-a-r-à-s-c-h-i-e-v-o-p-o-u-l-o-u?
- No, Paraskevopoùlou.
- Ah, P-a-r-a-s-c-h-e-v-o-p-o-ù-l-o-u!
- No, P-a-r-a-s- "K", con la cappa, -e-v-o-p-o-ù-l-o-u.
È una brutta lettera la cappa, malfamata. La cappa è cattiva. È una lettera fetente che irrita, che dispone male. Mi presento già con la fetenzia nel cognome.
- Ma, lei non è italiana!
- No, non sono italiana.
- Eh di dov'è? Russa?
- No!
- Polacca!
- No!
- Rumena!
- No!
Io sono straniera. Lui è del Comune. Un impiegato un po' vulnerabile nei confronti del gentil sesso e disposto a fare il gioco "indovina-di-dove-sono". Benevolo, tutto sommato.
- Va beh! Glielo dico: sono greca!
Eh, sì... ho bluffato. Sono straniera e mi presento così, con un accento poco straniero, senza avvertire, vestiti decenti ma non "top", capelli appena un po' rossicci, carnagione complessivamente bianca con leggera tendenza olivastra, altezza medio-bassa, occhi scuri, sedere meridionale portato con sobrietà.
È l'aspetto che inganna. Sembro, non sono italiana. Forse perché greci ed italiani siamo "una faccia, una raccia (sic)"?
Imparo a tacere quest¹ultimo commento. È sgradevole. Il nordovest piace. Il sudest irrita. Quasi quanto la "cappa".
- Nome di battesimo?
- Helene!
- Come?
- Helene!
- Ah, Elena!
- No, Helene!
- Diciamo Elena di Troia, per capirsi!
- No, di Sparta!
- Lasciamo stare i nazionalismi adesso!
- Ma Elena era di Sparta!
- Di Troia, di Troia! Dai retta a me, di Troia!
Di Troia, con l'acca davanti. Però l'acca non è affatto come la cappa. Tra i due c'è un abisso. L'acca ha classe, come l'hosteria, l'hotel. L'acca si muove con discrezione come l'habitat. E¹ è di buona famiglia, come l'humus, e soprattutto, sa il suo posto, come l'harakiri.
- Però non è quello l'accento! Non va!
- Quale accento?
- Voi greci avete quell'accento... greco! Tu non ce l'hai!
Sospetti. Si impara a dare del "Lei" solo dai libri di grammatica.
- Quale accento? Com¹è questo accento?
- Quello vostro!
- Ho quello mio, non va bene?
- Eh, no! Quello vostro, quello pesante...
Ho un brutto carattere. Mi faccio prendere facilmente dalle emozioni. Specialmente dalla rabbia. Sarà un difetto bizantino. Nell¹Occidente si sanno controllare. Faccio uno sforzo. Penso al mio interesse. Sono nella ...esima Circoscrizione della capitale e ho fatto domanda per un certificato. Mi controllo. Con difficoltà.
- Come è? Mi dia un aiuto...
- Come quello dei russi.
L'accento che hanno i russi quando parlano l'italiano lo posso solo immaginare ma il certificato lo voglio. Mi butto. Russi, perdonatemi!
- Signore, noi grechi barliamo gosì.
Il viso del benevolo s'illumina. Finalmente.
- Brava! È così.
Torno a casa col certificato in borsa. È un documento prezioso.
- Com¹è è andata?
- Bene!
- Non hai litigato in Circoscrizione?
- No. Perché dovevo litigare?
- Perché ti conosco ormai. Quelli ti fanno una domanda e tu ti arrabbi. Non hanno chiesto se sei rumena?
- No.
- Hai riempito bene il modulo?
- Sì.
- Non hai sbagliato qualche doppia consonante?
- No. Tutto OK. Si sono fatti vivi quelli dell'Albionica?
- No. A che ora dovevano venire?
- Mezz'ora fa.
- No. Non è venuto nessuno.
Ecco, il campanello!
- Non aprire che stanno girando i vu¹ cumprà! Guarda prima!
Guardo dallo spioncino. Davanti alla porta c'è un uomo di colore. C'è anche una giovane donna bruna.
- Chi è?
- Signora, siamo dell'Enciclopedia Albionica!
Apro la porta.
- Sono la Dottoressa Ciaculi, è lei la signora Paràskevopoulou?
- Paraskevopoùlou! Piacere, prego, entrate!
- Vi presento il Dottor Kenneth!
- Hullo!
- Hullo!
- Il Dottor Kenneth parla l¹italiano perfettamente.
- Piacere, Dr Kenneth!
- Piacere, Signora!
- Prego, accomodatevi!
Ci sediamo. Chi sa come si trova il Dottor Kenneth qui con la pelle nera e la kappa nel cognome.
- Siete un po' in ritardo!
- Veramente no! Siamo venuti anche mezz'ora fa, abbiamo suonato, non c'era nessuno!
Infatti, giravano i vu¹ cumprà.
- Sì, ci scusino, eravamo fuori. Siamo appena rientrati.
- Non c'è problema. Il Dott. Kenneth vi illustrerà i vantaggi che comporta l'acquisto della nostra Enciclopedia.
Il Dott. Kenneth ci sta illustrando i vantaggi dell'Enciclopedia in italiano perfetto. Ho già deciso di acquistarla, quindi inutile ascoltarne i vantaggi. Penso al coraggio che ha quest'uomo che va girando illustrando i vantaggi dell'Albionica. Certo, è affiancato dalla dottoressa Ciaculi. Il minimo, se vuole almeno farsi aprire la porta. Chi può ispirare più fiducia della Dottoressa Ciaculi? Rifletto sul Dott. Kenneth.
Esistono 3 tipi di stranieri:
1) Quelli immediatamente riconoscibili, vuoi dal colore della pelle, dai tratti del viso, dai vestiti, o anche solo dall'espressione.
2) Quelli riconoscibili dall'accento. Si mimetizzano bene fra la popolazione indigena; aspetto, vestiti, gesti, tutti giusti. Quando si esprimono, però, ecco grammatica e fonetica che tradiscono prontamente.
3) Quelli riconoscibili solo dal nome. Ci vogliono anni. Il colore della pelle è quello giusto, i gesti, i vestiti giusti, persino la grammatica e la pronuncia sono quelle giuste... o quasi... Condizionali, passati remoti, congiuntivi... e persino le doppie consonanti...
Ma quando si arriva al nome... ecco che si svela l'inganno!
Il primo tipo è lo straniero "par excellence". Ha licenza di sbagliare tutto, deve sorridere, comprare e pagare. Pagare. Reclamare poco, perché tanto nessuno lo prende sul serio. E pagare. Questa prima categoria si trova nei pressi dei monumenti, nei musei, ristoranti,
banche, supermercati, negozi, piazze, bar e per le strade. E deve pagare. Altrimenti è un morto. Un morto di fame.
La seconda categoria può circolare anche nelle biblioteche, scuole, università, negozi per indigeni, come ad esempio il fruttivendolo del quartiere, ecc. Non deve reclamare, altrimenti "tornatene-nel-paesaccio-tuo" e deve pagare.
La terza categoria può circolare liberamente ovunque, o quasi. Può perfino compiere visite nelle abitazioni private, se è stato debitamente invitato, naturalmente. Gli conviene reclamare poco, perché, se si emoziona, rischia la retrocessione nella seconda categoria, o perfino nella prima. E anche questa categoria deve pagare.
Tuttavia, per poter raggiungere tanta perfezione ci vogliono anni e per vivere tanti anni bisogna nutrirsi e per nutrirsi bisogna trovare un'occupazione e l'occupazione qui già per gli indigeni è un privilegio.
Quindi, se questo tipo di straniero si trova a competere nei posti di lavoro con gli indigeni, lo fa a suo rischio e pericolo.
E allora, chi sa come se la passa il Dottor Kenneth, qui in Italia. Il Dottor Kenneth appartiene alla prima categoria. Parla e si veste come quelli della seconda e si comporta come quelli della terza. Vorrei rivolgergli la fatidica domanda "Come si trova in Italia?"
Voglio vedere come se la cava. Arrossisce?
L'affare è concluso. Acquisto l'Enciclopedia Albionica. Pago subito l'acconto. Saluti!

- Dai, vèstiti che dobbiamo andare!
- Dove?
- Dai Foscati. Non te l'avevo detto? Ci aspettano per cena.
- Che palle! Fai amicizie, visite, cene, pranzi, rapporti, e poi litighi.
- Sono fatta così!
- Già!

In macchina le ultime raccomandazioni.
- Guarda, se ti chiedono dove ci siamo conosciuti, non cominciare con quella tua ultima trovata, perché mi alzo e me ne vado.
- Quale trovata?
- Quella dei volumi.
- Quella che prevede la risposta che ho scritto quattro volumi sulla mia vita che possono consultare gratis?
- Sì, quella stronzata.
- Ma rende l'idea.
- Quale idea?
- Che non ho voglia di raccontare la mia vita privata. Dove ci siamo conosciuti... in Canada, in Alaska, a Canicatì, che importanza ha? Ci siamo conosciuti, innamorati, sposati. Che vuol dire?
- La gente te lo chiede tanto per dire qualche cosa, per fare conversazione, non ha intenzioni recondite.
- E io per fare conversazione rispondo che ho scritto quattro volumi sulla mia vita. Il primo sulla mia infanzia, il secondo contiene adolescenza e maturità e gli ultimi tre la mia vita sessuale. Non è ancora un¹opera completa ma la posso prestare.
- Guarda che non fai ridere. Sei spocchiosa.
- Comunque, non credo che i Foscati faranno mai queste domande. Sono di mondo, sono colti, hanno viaggiato... Vedrai...
- Sai che c'è stasera in TV? I Blues Brothers!
- Ma l'abbiamo visto tre volte!
- Eh, non ti piace? Hai sempre detto che ti piace!

Siamo già arrivati dai Foscati. Quartiere residenziale, piano attico. Prima di entrare, ipotizzo: e se fossi nera? Se fossi gialla? Se fossi brasiliana, tutta fuoco, ritmo e curve? E se fossi indiana, con un punto rosso disegnato tra le sopracciglia? Se fossi russa, con quell'accento pesante? Oppure rumena? E se fossi aborigena?
Ci apre la Filippina.
- Buonasera!
- Buonasera!
Anna Foscati mi abbraccia, le sue guance sfiorano le mie, prima a destra, poi a sinistra. È il bacio. Il bacio pneumatico... Eppure ha una sua funzione precisa. Non ti va di baciare una persona. E allora, come fai a esprimere l'affettuosità che non c'è? Salti il bacio? No. Fai la finta, il bacio pneumatico. Sfiori a destra, sfiori a sinistra. Baci per aria. Smack! Ci siamo baciate. Bacio pneumatico.
- Venite. Vieni, Elen, ti faccio conoscere mio padre!
Comincio a intuire il motivo dell'invito...
Reduce della guerra, scommetto. Prigioniero. Africa, o peggio ancora, Albania.
- Papà ti presento la mia amica, Elen! È greca!
Alto, naso lungo, fiero, capelli bianchi. Ha più di settant¹anni ed uno sguardo da quindicenne insoddisfatto.
- Dottor Foscati, come sta?
- L'ho capito subito che è greca.
- Da che cosa?
Ma perché non sto zitta?
- Dagli occhi!
- E come sono i miei occhi?
- Come quelli di una greca!
Se invece avessi chiesto come sono gli occhi di una greca, mi avrebbe risposto "come i tuoi". Si prospetta una serata di revival-intrattenimento...
- Papà ha fatto la guerra in Grecia!
Ecco!
- Ero giovane ufficiale ad Atene.
E che mi frega? Io sono nata dopo e la guerra e l'ho studiata anche male. Capitava sempre alla fine dell'anno scolastico, quando eravamo "indietro col programma". E, sinceramente, non me ne importa nulla della guerra. Sono nostalgica dei Beatles e dei Rolling Stones. La melodia mi fa venire i foruncoli e solo il rock mi parla nel cuore. E non mi va la rivisitazione dei anni di Guerra glorificati dal quindicenne e dalle sue rughe.
Sorrido in modo levantino ma qui non frego nessuno.
- Siete birichine voi greche, eh?
Adesso devo decidere se sorridere alla Melina Mercouri o alla Irene Pàpas. Opto per la Mercouri, sembrava più birichina, la buonanima. Sì, è Merkouri con la kappa. Allora si spiegherebbe tutto.
- Papà, al telefono! Vieni con me, Elen, ti faccio vedere la casa. Lo so che Papà ti ha già affascinato. Ce l'avrai tutto per te, dopo.
Ne sono entusiasta.
I quadri sulle pareti sono da catalogo Bolaffi. I mobili antichi. C'è anche qualche tavolino post-moderno, rigorosamente firmato, però. Un vecchio inginocchiatoio in camera da letto fa da contrappeso alle mattonelle rugose che trasudano peccato nel bagno.
- Quest'anno siamo stati a Skiathos.
Anche Skiathos ha la kappa.
- Ah, com'era? Non ci sono mai stata!
- Bella, bellissima!
- Beh, tipica isola greca.
Il marito di Anna è più scettico, ho capito.
- A mio marito era piaciuta di più Creta.
- Almeno lì non ti fanno quella schifezza che poi chiamano caffè espresso!
Da lontano scorgo lo sguardo del coniuge. I Blues Brothers, eh?
- Che c'entra!
Anna Foscati è più tollerante del marito.
- Se è per questo, neanche gli spaghetti...
Voglio provocare.
- Scommetto che erano scotti, vero?
Il marito ci casca.
- Te lo posso dire? Facevano schifo!
- Però ci è piaciuto la moussàka!
- Correggo.
- Il moussakàs.
Ecco, anche il moussakàs è farcito di kappa.
- Tutti a tavola!
Circondiamo questa tavola. I posti assegnati in cripto.
- Sedetevi dove volete! Papà, mettiti vicino a Elen. Io mi siedo alla sua sinistra. Lasciamo gli uomini da soli. Fate come volete! Eh? No, io i formalismi non li sopporto!
Come i Blues Brothers nell¹episodio del ristorante.
Giunge l'antipasto. Insalata di mare, come una breve poesia di Seferis.
Approda il primo; spaghetti ai frutti di mare, come una giornata di luglio sullo scoglio quasi bianco, accanto a quell¹amore che ancora non hai stretto fra le braccia. Innaffiato da uno Chardonnay Salaparuta.
- Beh, adesso, Elen, non me ne voglia, però la cucina italiana...
- Ah, sicuramente..
- Beh, che c'entra! Ogni paese ha la sua cucina...
- La cucina greca è un po' povera... Per carità! Come del resto la cucina pugliese o calabrese.
- È una cucina meridionale.
- Evviva La Magna Grecia!
- Certo, certo!
Il secondo è pesce spada alla brace, pescato dalle parti di Scilla o di Cariddi.
- Il pesce però in Grecia costicchia un po', vero Elen?
- Ai miei tempi il pesce me lo regalava un pescatore, Sotirio, si chiamava.
Ecco l'insalata!!
- Ma perché voi greci l'insalata la mangiate tutti dallo stesso piatto?
Perché siamo incivili, ecco perché. Non cambiamo il piatto né le posate tra primo e secondo. Portiamo tutto a tavola e affondiamo le forchette qua e là. Con un certo bizantinismo, poi, lasciamo il bocconcino prelibato per ultimo e appena gli altri si distraggono... Ciaff!!
Mi alzo.
- Scusatemi, vado un attimo in bagno.
Peccaminoso questo bagno. Saranno le mattonelle rugose ma firmate. Ti riportano dritto nei bordelli dell¹anteguerra, quelli di Fellini. Mi guardo allo specchio.
"Voi Greci!" Forse non è così? Il caffè espresso è sempre buono in Grecia?
Gli spaghetti non sono scotti? Il moussakàs non nuota nell'olio? Il pesce non costa troppo? Ad Atene non ci si ammala dallo smog? Non affondiamo tutti le forchette nello stesso piatto d'insalata? La cucina greca non è tipica di un paese povero?
Esco. Non faccio la maleducata.
A tavola siamo arrivati al dolce. La pastiera napoletana.
- Sai, la mamma di Dino è napoletana.
- La pastiera è unica.
- Elen, ma voi dove vi siete conosciuti?
- A Napoli.
- Davvero?
- Certo, a Napoli.
Il coniuge tenta il salvataggio.
- Non le ricordate quelle nefandezze!
- Ma dai, che nefandezze! Scommetto che è una storia romantica.
Come Ercole davanti al bivio, ecco due strade davanti a me: quella della virtù che mi indica di raccontare l'inizio della nostra storia insistendo sui dettagli romantici che fanno atmosfera, come la visita da un amico comune ricoverato all'ospedale, un cono gelato, un fazzoletto prestato, una partenza, la lunga corrispondenza, ecc., ecc.
La strada del vizio mi porta alla risposta dei quattro volumi.
- Raccontala tu la nostra storia, dai! Guardate che come la racconta lui...
- Io... lo sapevate che durante quegli anni... io conobbi una bellissima ragazza greca? Si chiamava Pòpi... Occhi neri, una treccia nera, lunga fino alle ginocchia, un naso dritto come una statua greca. Sì, la chiamavano Pòpi.
Grazie, grazie, giovane ufficiale!
- E lei se ne innamorò?
- Papà!!
- Beh, era una ragazza gradevole... Lei veniva, portava via la biancheria sporca... Ma sa... Era pure sposata. Aveva il marito prigioniero... e... un bambino piccolo. Era una disgraziata, poverina... Chi sa che fine avrà fatto.. Ma non potevo mica approfittare?
Mi guarda il quindicenne.
- Venga, le faccio vedere qualche fotografia di quei tempi...
Seguo il quindicenne nel suo studio. Meglio le sue vecchie fotografie che il video delle vacanze in topless a Skiathos.
Ci sediamo l'uno accanto all'altra e tira fuori qualche fotografia giallastra.
- Io sono quello davanti. Popi abitava là dietro.
Era alto, bello e strafottente, tipo ³Me ne frego!². Un invasore sadico, ironico, caldo.
Sì, mi piace questo racconto della guerraŠ
- Lei era un bell'uomo...
- Eh, ma sa, io con Pòpi ci sono andato a letto, come dite voi giovani, ma come faccio a dire certe cose a mia figlia... Con Pòpi era un'altra cosa... Sa, mia moglie, la buonanima... era una santa!
- Per carità! E come è andata a finire? Perché non siete scappati insieme?
- Voi giovani! Intanto lei aveva un figlioletto, poi era di origini umili... Adesso per voi è facile scappare... Vede, senza offesa, lei piglia, parte, suo marito la sposa... così. Ai tempi nostri queste cose non si facevano.
- Però a letto ci siete andati!
Risata impunita.
Anna Foscati entra. La sua serata ha avuto successo, dopotutto.
- Volete un amaro?
- Sì, grazie!
Beviamo l'amaro.
- Papà sta facendo vedere le sue fotografie, vero?
- Sì, un bell'uomo!
- Eh, lo so, ma ora si deve dare una calmata. Vero Papà?
L'adolescente di casa mi prende per mano e mi avvolge fra le sue braccia di pelle invecchiata, tremolante. Lo seguo nei passi del waltzer cantato. Cosa c¹entra il Danubio Blu col fantasma di Pòpi? Il coniuge ride, "L'abbiamo scampata bene, stasera" pensa. Forse è vero. Siamo già nella seconda giravolta.
- Elèni, echeis ta màtia tis Pòpis.
Ho gli occhi di Pòpi, certo. Allora quella frase-trannello all¹inizio era la nostalgia per gli occhi di Pòpi...
Eh, beh? Io non ho diritto alla mia bella porzione di pregiudizi?
Applausi. Buonanotte. Sorrisi. Promesse di andare in Grecia insieme. Sfioramenti di guance.
E quando tocca a me, bacio l'arida guancia del quindicenne, non per finta, un bacio vero.
- Ghiàsou, Pòpi!
- Ghiàsou!

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Gli scrittori del doppio sguardo

(di Corrado Giamboni, vicepresidente dell'associazione Eks&Tra, una versione più estesa di questo articolo apparirà prossimamente nella rivista dei dehoniani «Settimana»)

"Centocinquanta nazionalità diverse presenti in Italia ci mettono di fronte al fatto che gli immigrati costituiscono oggi per questo paese non solamente una forza lavoro, ma anche una risorsa culturale. E’ tempo che la letteratura d'immigrazione entri nelle antologie scolastiche, perché noi siamo a tutti gli effetti produttori di letteratura italiana. Siamo immersi nella vostra cultura, che è diventata anche la nostra, e contribuiamo anche noi, in quello che si presenta per forza di cose come uno scambio, a modificarla e a plasmarla. La nostra scrittura presenta caratteri che la vostra non ha più o va perdendo: una maggiore ampiezza di sguardo per esempio, e una maggiore urgenza sulle domande ultime. La scrittura occidentale, quella del Primo Mondo, tende probabilmente ad una cura formale maggiore, ma si riduce troppo spesso ad un minimalismo esasperato. Ecco una
delle differenze della nostra scrittura, che però si innesta a pieno titolo
nella vostra."

"Forse, più esattamente, c'è una maggiore presa di responsabilità per gli scrittori immigrati, che si sentono investiti di una missione: scrivere
anche per il proprio paese, per la propria gente, e non solo per se stessi. Gli scrittori occidentali raramente hanno questa urgenza oggi."
È uno scambio di battute avvenuto fra Gezim Hajdari, poeta albanese, e Tahar Lamri, scrittore algerino, durante l'incontro con altri dieci
scrittori di origine straniera e con la cittadinanza mantovana, avvenuto lo scorso 6 aprile al II Forum sulla Letteratura della Migrazione organizzato dal Centro di Educazione Interculturale della Provincia di Mantova e dall'associazione interculturale Eks&Tra.
Elogio della contaminazione

Il Forum è stato pensato in due successivi incontri pomeridiani. Al primo, dedicato al tema L'esperianza della letteratura della migrazione nelle scuole, hanno preso parte: il poeta Gezim Hajdari, il primo albanese a prendere la cittadinanza onoraria della città di Frosinone per motivi letterari; lo scrittore algerino di teatro Tahar Lamri, che era stato il giorno prima nella scuola media di Porto mantovano a rappresentare il suo spettacolo "Pellegrinaggio della voce" in un misto di italiano, arabo e dialetto mantovano, preparato e rappresentato con la collaborazione degli studenti, secondo una formula che Lamri ha già proposto diverse altre volte nelle scuole; il professore universitario di letteratura italiana Serge Vanvolsem dell'università di Lovanio, esperto in letteratura italiana della
migrazione - non dimentichiamoci che siamo stati fino all'altro ieri
emigranti e che esistono tanti italiani all'estero quanti ce ne sono nel
nostro paese; la scrittrice cambogiana Fatima Ahmed, fuggita negli anni Settanta al feroce regime di Pol Pot e ricostruitasi una vita in Italia; la poetessa brasiliana Rosana Crispim da Costa; lo scrittore siriano Yousef Wakkas. Quest'ultimo non ha potuto raggiungere gli altri scrittori essendo ancora in carcere a Busto Arsizio. Ha fatto però pervenire una bella relazione che è stata letta da Roberta Sangiorgi, presidente dell'associazione Eks&Tra ("Pur essendo in carcere mi sento più libero, perché sono sicuro che da qualche parte c'è sempre qualcuno che leggerà le mie parole"). Yousef Wakkas è in contatto epistolare con diverse scuole italiane, e recentissimamente è uscito il suo libro "Fogli sbarrati" (ed. Eks&Tra, 2002), che dipinge la vita "surreale e reale" del carcere con pennellate nette e intrise di ironia. Il libro di Wakkas è stato presentato in anteprima al Forum e letto dagli attori del Teatro della Centena di Rimini.

Ad altre notivà librarie è stato dedicato il secondo incontro del
pomeriggio, avente per titolo Letteratura della migrazione: presentazione delle ultime novità letterarie alla presenza degli autori. All'incontro hanno partecipato altri scrittori conosciuti nelle scuole grazie alle attività degli ultimi quattro anni collegate con il Concorso letterario per scrittori migranti Eks&Tra. Essi sono lo scrittore senegalese Saidou Moussa Ba; la scrittrice italiana d'Eritrea Erminia dell'Oro, la prima a parlare della nostra esperienza postcoloniale, e che conosce bene Mantova anche per esservi stata come ospite del Festivaletteratura; lo scrittore arbresh (italiano di minoranza albanese) Carmine Abate e lo scrittore di origine congolese Jadelin Mabiala Gangbo. Questi ultimi rappresentano due interessanti casi letterari, avendo pubblicato il primo con Mondadori il romanzo "Tra due mari" e il secondo con Feltrinelli "Rometta e Giulieo", una storia interculturale tra due giovani che hanno difficoltà ad incontrarsi, ambientata nella Bologna dei nostri giorni - Gangbo è bolognesissimo, nonostante il look rasta. Anche i grandi editori quindi si occupano di letteratura della migrazione, una letteratura dai toni nuovi, che racchiude in sé la ricchezza del "doppio sguardo"di quelli che provengono da culture diverse.
Del "doppio sguardo" ha parlato Carmine Abate sottolineando la ricchezza e la libertà, ma anche la vulnerabilità e lo spaesamento profondo di chi proviene da un luogo altro e che in ogni momento deve fare i conti con la realtà da un punto di osservazione privilegiato perché neutrale, ma per forza di cose più esposto, meno riparato da schermi culturali ritenuti ovvi.
"Territorio di nessuno" l'ha definito Jadelin Mabiala Gangbo, ed è una situazione esistenziale che permane costante, indelebile.
La poetessa brasiliana Rosana Crispim da Costa ha parlato del valore della contaminazione culturale. Contaminazione come contrario della purezza. In ambito culturale ed etnico la contaminazione è un rischio - inevitabile oggi, malgrado i timori, le paure, i rigurgiti storici che essa comporta - ma gli esiti che essa può permettere sono inediti, e d'altra parte la storia ci insegna che la ricerca della purezza culturale ed etnica ha avuto esiti troppo terribili e troppo vicini a noi.
Nel paese che ha più anziani al mondo gli immigrati rappresentano dunque un'insostituibile risorsa previdenziale, ma non solo: essi sono anche una risorsa culturale. La loro accettazione, come l'esperianza mantovana cerca di insegnare, passa anche e soprattutto attraverso la scuola, che può contribuire a sgomberare le strade al formarsi dei pregiudizi e dei razzismi.


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Medicina alternativa

(di Paola Turroni)

A volte può bastare la consapevolezza del linguaggio per agire con consapevolezza.
Prendendo spunto dalla terminologia usata dalla Nato durante la Guerra del 1999 in Kosovo, e sapendo che molte guerre di questi anni si assomigliano nella loro pretesa di fare la pace, proviamo ad allargare la metafora fino alle estreme conseguenze, e dimostrare così l¹assurdità di quella scelta provando a seguire la sua logica.
I medici del Grande Ospedale, consultandosi col Primario, hanno deciso il farmaco della cura. È sufficiente che apriate una qualunque confezione di medicine che avete in casa e sostituite qualche parola, otterrete un metodo di cura universalmente riconosciuto. É opportuno tenere conto dell¹opinione del Medico di famiglia, che comunque appoggia sempre la Terapia prescelta.
Leggere attentamente il volantino illustrativo all¹interno della confezione.
Composizione
CF ­ 18, Tornado, F ­ 16, B ­52, Harrier, Cruise, Tomahawk, B ­ 1 Lancer, Apaches, F ­ 15 C, F ­ 117, A ­ 10, Stealth, Prowler, cbu ­ 97 Sfw, Blu ­ 108.

Forma farmaceutica e confezione
Aerei d¹attacco e aerei cisterna, bombardieri, cacciabombardieri invisibili, bombe e missili, portaerei, caccia, caccia anti-tank.
Categoria farmaco-terapeutica
Ottenere la pace.
Titolare
Nato.
Produttore
Nato.
Indicazioni terapeutiche
Fare la guerra.
Opportune precauzioni per l'uso
Aumentare sempre più la dose fino all¹eliminazione del sintomo.
Qualora il sintomo persistesse consultare il medico, il quale potrà prescrivere una ricetta ripetibile, previa applicazione dell¹apposito timbro del farmacista di fiducia.
Interazione con altri farmaci
Evitare di assumere altri farmaci, o provare altre terapie e analizzare altre cause, durante la somministrazione del medicinale prescritto.
Posologia modo e via di somministrazione
Bombardare a tappeto qualunque obiettivo, minare le possibili zone in cui il virus potrebbe insediarsi. Continuare la cura con costanza, partendo dall¹alto ed evitando contatti diretti con le zone malate.
Interruzione della terapia
L¹eliminazione del sintomo coincide con l¹eliminazione dei fattori patogeni e del corpo infetto, ma non bisogna interrompere la cura se la terapia non ha efficacia, perché risulterebbe invalidabile la prescrizione, e incompetenti i medici curanti.
Modalità d'intervento in caso di dose eccessiva
Non esiste la possibilità di un¹assunzione eccessiva del farmaco, consigliato proprio per la sua utilizzabilità indiscriminata. Nel caso in cui dovrete continuare ad assumere il farmaco per insufficienti capacità di reazione, e per il deperimento della malattia, i medici possono individuare infermieri adatti al caso tra chi vi è vicino, e spesso causa la malattia stessa.
Effetti collaterali
Morte di innocenti.
Avvertenza
Tenere il medicinale fuori dalla portata dei bambini.

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Frammenti

(di Ivan Boni)

È una vita semplice, non complicata, che ama rincorrere le siepi e gli arbusti, nel loro movimento misurato di crescita e sviluppo. Non ho avuto l'occasione mai, nemmeno in momenti di intimità e compiacenza, di interrogarlo sulle sue intenzioni, come sempre eccessive e prevedibili; un giorno però mi rimase appresso, guardandomi dal basso e cominciando con un sospiro cercò di comunicare una parola, evidentemente una soltanto poiché le sue labbra possedevano un ritmo costante e ripetuto. Il suo era un linguaggio privo di suoni, espresso con gesti che desideravano orchestrare le voci del silenzio. Lo raccolsi, era talmente piccolo da stringersi acquattato nel palmo della mano, e presi a tastarlo con i polpastrelli. La forma era sferica e, se pur mutevole di variazioni di spessore e densità, conservava il gusto acre della commiserazione. Anche questa volta non comprendendo lo gettai poco distante, come se si trattasse di un ardito sortilegio della memoria. (15 luglio 2000)

La tua voce mi giunge un poco strusciata, avverto delle insolite pieghe, dei ritorni di senso, che possono pure, questo è vero, alleggerire la distanza che ancora ci separa; eppure diffido della tonalità variata, ridotta ad essere compendio, soluzione imprecisa del ricordo. L'amore, così come è puro e determinabile, appare nudo, odoroso e con un canto che sale nell'armonia della tensione. Questo giorno dovrà essere sensuale. (14 febbraio 1996)

Desideravo conoscere con esattezza i suoi colori ed il suo profumo; mi avvicinavo a lei spesso nel timore di vedere respinto il mio sguardo, così, a volte, pur vedendola poco distante, preferivo smarrirmi nella direzione opposta. Quel rifiuto, in seguito, avrebbe riprodotto nella notte una prole di sensazioni ed immagini in tutto somiglianti a lei, o forse con alcune differenze, credo imperfezioni, che però altro non facevano che renderle più preziose. (24 novembre 1996)

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