sabato 1 settembre 2012

Miniera del Sulcis. Con i soldi pubblici del Ccs si potrebbero pagare 10.000 lavoratori

da maria



Torno su Nuraxi Figus, torno sui minatori tuttora asserragliati sottoterra per difendere il loro lavoro insieme ad un progetto per sfruttare il carbone della miniera in una centrale per la produzione di energia elettrica abbinata ad un Ccs (Carbon capture and storage): stoccare sottoterra l’anidride carbonica, il principale gas dell’effetto serra, derivante dalla combustione del carbone. Le ultime notizie sono pessime, anche se sembrano buone ai minatori.
Ieri si è svolto un incontro al ministero per lo Sviluppo Economico, terminato con un comunicato stampa (tutti i link sono in fondo, come sempre) in cui si legge che la miniera non chiuderà il 31 dicembre e che “Si è deciso di rivedere il progetto per aggiornarlo e renderlo compatibile con le migliori tecnologie ed economicamente sostenibile”.
Allo stato attuale dei fatti il progetto, oltre a comportare le porcherie ecologiche di cui ho già parlato, costerebbe ai contribuenti circa 200-250 milioni di euro all’anno per otto anni. Potranno limare qualcosa, ma non c’è santo: Il Ccs è carissimo, le cifre per tenerlo in piedi – lira più lira meno – sono di quell’ordine di grandezza.
I minatori sono circa mille. Tanto varrebbe lasciar perdere il progetto e regalare ad ogni minatore 200.000 euro all’anno. Sarebbe comunque preferibile usare quei soldi – quei nostri soldi – per impiegare 10-15.000 persone in lavori socialmente utili per otto anni.
Mannò. I minatori, se il progetto va in porto, continueranno a prendere i soliti salari con cui certo non si arricchiranno. Grazie ai soldi pubblici, ovvero con i nostri soldi, si arricchiranno invece gli (im)prenditori che realizzeranno centrale elettrica e Ccs. E desidero guardarla più da vicino insieme a voi, questa porcheria che vogliono fare coi nostri soldi. Non c’è solo quello che ho già scritto.
Tenete a mente la puntata precedente. Lascio per ora da parte l’Ecbm (Enhanced coal bed methane) associato al progetto per la miniera, che maturerà semmai col tempo.
Mi concentro sul Ccs, lo stoccaggio sotterraneo dall’anidride carbonica: ho già detto che secondo l’Accademia delle Scienze americana è in grado di innescare terremoti come e più del famigerato fracking (poco importa, da questo punto di vista, se la Sardegna non è zona sismica), ho già detto che c’è il rischio di una fuga dell’anidride carbonica nell’atmosfera: vanificherebbe tutti i costosi e rischiosi sforzi, e in più l’anidride carbonica è letale se raggiunge nell’aria la concentrazione del 10%. Cin cin.
Ma vado oltre. Normalmente si dice: tranquilli!, l’anidride carbonica è una sostanza inerte, se la si spedisce nel sottosuolo non succede proprio niente e anzi sottoterra ce n’è già tanta.
Sono balle. L’anidride carbonica, o CO2, è acida, e reagisce con molte altre molecole. Prendo a prestito da Pubblico Blog una dichiarazione di Ugo Bardi, chimico, professore all’Università di Firenze
“Sebbene il CO2 sia un componente naturale di molti giacimenti, averlo come componente, o come il 100% del gas presente non è la stessa cosa. La velocità di una reazione chimica dipende anche dalla concentrazione, come pure ne può dipendere il punto di equilibrio. Siccome queste re-iniezioni massicce di CO2 nel sottosuolo non sono mai state fatte nella storia dell’intero pianeta, non possiamo essere sicuri di cosa succederà se ci mettiamo a farlo su grande scala”
Viene in mente Topolino quando faceva l’apprendista stregone nei film di Walt Disney. Ma c’è altro ancora.
Secondo il prestigioso Worldwatch Institute, che pure non disapprova il Ccs in sè (anzi!) e non prende in considerazione i rischi di cui io ho parlato, si tratta di una tecnologia troppo costosa per essere considerata uno strumento efficace di riduzione dei gas serra, e dunque sostanzialmente è passata di moda.
Infatti nel 2011 non sono aumentati di un centesimo i finanziamenti ad essa dedicati: esistono 75 progetti di Ccs su larga scala in 17 Paesi (fra tutti spedirebbero sottoterra solo lo 0,5% di emissioni planetarie di anidride carbonica), ma solo 8 sono operativi. Quest’ultimo numero è immutato dal 2009.
Ci sarà pure un motivo, no? C’è: il Ccs è carissimo, dice il Worldwatch Institute. Cedo la parola al riassunto che ne fa Greepneace: per rendere operativo il Ccs su vasta scala bisognerebbe investire in questa tecnologia, nei prossimi 40 anni, gli stessi capitali investiti nei passati 100 anni nell’industria degli idrocarburi. Cin cin, di nuovo.
Senza contare che per effettuare il Ccs, secondo i calcoli di Greenpeace, serve il 10-40% dell’energia elettrica prodotta dall’impianto di cui si vogliono stoccare le emissioni. Dunque il prezzo di vendita della residua energia, per essere remunerativo, deve essere corrispondentemente più alto.
Tutto questo spiega perchè il progetto miniera più centrale elettrica a carbone più Ccs nel Sulcis costerebbe così tanti dei nostri soldi. Ma non è ancora tutto. In maggio il Wwf ha pubblicato un dossier dedicato all’energia elettrica prodotta a partire dal carbone. Contiene un illuminante paragrafo dedicato al caso del Sulcis.
La centrale elettrica sarebbe alimentata solo per il 50% con il carbone della miniera, che è di cattiva qualità: il resto bisognerebbe farlo venire da chissà dove. Il Ccs non catturerebbe tutte le emissioni di anidride carbonica, ma solo il 63-64% circa.
Ecco. Vogliono spendere i nostri soldi in questo modo. Vogliono spenderne così tanti che sarebbero sufficienti a regalare 200.000 euro all’anno per otto anni a ciascuno dei circa mille minatori che occupano la miniera per salvare il proprio lavoro. Siccome essi riceveranno il solito salario, il resto servirà per riempire altre tasche e danneggiare l’ambiente.
Minatori, pensateci bene. Chiedete 200.000 euro all’anno a testa per non lavorare e non se ne parli più.

http://www.tzetze.it/2012/09/miniera-del-sulcis-con-i-soldi-pubblici-del-ccs-si-potrebbero-pagare-10000-lavoratori.html 

 

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