di CARLO LOTTIERI
Notizie assai negative, veri presagi di difficoltà sempre crescenti, si susseguono di continuo. Gli ultimi dati sui Credit default swap (Cds) collegati al debito italiano, ovvero
sugli strumenti che fungono da assicurazione di tipo finanziario contro
i rischi dell’insolvenza dello Stato italiano, ci dicono che la
possibilità di un crollo della finanza pubblica italiana è sempre meno
remoto. Potremmo trovarci, tra qualche mese, con seri problemi di cassa,
e quindi con la difficoltà da parte del sistema pubblico ad assicurare
quei servizi fondamentali (protezione, sanità, assistenza ecc.) che lo
Stato ha monopolizzato e che però, a un certo punto, potrebbe essere
incapace di fornire. In questo scenario fatalmente diventerà centrale il
ruolo del comune e, in larga misura, della città.
Quando il potere romano-centrico giungerà al capolinea,
fatalmente le famiglie e le imprese indirizzeranno la loro attenzione al
sindaco, pretendendo che dia qualche risposta dinanzi ai problemi
essenziali. Non solo: è anche ragionevole immaginare che i
centri cittadini finiscano per costituire un ancoraggio per tutta l’area
circostante: quale fulcro di un sistema di produzioni e servizi. In
altre parole, il disastro italiano porterà chi abita nel Lodigiano a
orientarsi ancor più verso Milano, mentre chi sta in Valtenesi cercherà
un ancoraggio a Brescia e il Biellese guarderà a Torino, l’area
collinare euganea a Padova, e via dicendo. Quanto oggi è cruciale, il
ruolo dei poli cittadini, finirà per essere esaltato dal crollo
(finanziario, politico, istituzionale) del potere nazionale.
Chi voglia iniziare a lavorare sulla città del futuro, e sul
ruolo che è chiamata a giocare, può leggere con grande utilità un
recente volume curato da Stefano Moroni (La città rende liberi. Riformare le istituzioni locali, Torino, IBL Libri, pp. 214, 22 euro, ma solo 7,49 in formato e-book).
Si tratta di un volume che muove da una riflessione di carattere
teorico sulla dimensione urbana, per poi evidenziare la necessità di
lasciarsi alle spalle una visione illiberale e vincolistica della città
(quella che è prevalsa nel Novecento) per restituirle la libertà di
innovare e rinnovarsi.
Studioso di urbanistica e da anni impegnato in una critica assai serrata
alle logiche della pianificazione territoriale, Moroni ha pensato
questo libro con l’intenzione di ridare alla città quel prestigio che
aveva in passato: quando ancora era uno spazio aperto (l’aria che rende
liberi evocata nel titolo) verso cui la gente della campagna si dirigeva
per trovare la possibilità di realizzarsi e costruire la propria vita.
Oggi, purtroppo, l’esistenza di quanti stanno in città è un salto a
ostacoli tra barriere e regolamenti di ogni tipo: urbanistici, sanitari,
commerciali, edilizi, ecc. I vari contributi di cui si compone il
volume puntano proprio a chiedere che la città venga affrancata da
questa selva di norme e le logiche della proprietà e del contatto
tornino a essere cruciali.
Qualora l’Italia dovesse trovarsi in ginocchio e i nostri
scenari dovessero essere sempre più simili a quelli della Grecia,
fatalmente il Risorgimento rilascerà spazio all’età dei Comuni.
E potrebbe innescarsi un processo, anche inizialmente non facile da
comprendere e perfino da percepire, destinato a modificare in profondità
l’intero assetto istituzionale. Spesso la storia ha conosciuto
evoluzioni di lunga durata e la stessa nascita degli Stati moderni
all’interno del quadro dell’Europa medievale, di fatto a egemonia
imperiale, è stato un affare di secoli: durante i quali le monarchie
feudali hanno progressivamente cambiato pelle, fino a imporsi come
entità del tutto indipendenti e sovrane.
Non sappiamo cosa ci riserva il futuro. Ma certo non
possiamo escludere che – nonostante il persistere dei vecchi poteri
statuali, e nonostante l’avanzata di un nuovo potere europeo
sovranazionale ancorpiù minaccioso – alla fine si possa assistere a una
rinascita di Venezia, Milano, Firenze, Siena, Genova e via dicendo. La
storia è sempre, per definizione, un cantiere aperto e imprevedibile. È
però fuori discussione che solo se la città saprà liberarsi dalle
incrostazioni del dirigismo otto-novecentesco e se saprà veramente
liberalizzarsi al proprio interno (tornando a essere un fattore di
liberazione, come suggerisce il libro di Moroni), finirà per giocare con
efficacia un ruolo da protagonista: rispondendo nei fatti alle esigenze
primarie della popolazione.
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