Il magistrato di Torino Raffaele Guariniello ha lanciato un vero e
proprio allerta sul pesce fresco infestato da Anisakis, convocando la Regione e il Ministero della
Salute per “una più tempestiva ed efficace azione di prevenzione del
consumo di pesce contaminato da Anisakis, parassita sempre più presente in acciughe, sardine, pesce
azzurro e molte altre specie ittiche”.
L'Anisakis non è certo una novità, visto che ogni
settimana vengono ritirate dal mercato partite di pesce fresco italiano e
importato da altri Paesi che contiene questo parassita. Il problema è
sempre esistito e
l’infestazione delle specie ittiche avviene a prescindere
dall’intervento dell’uomo non essendo collegato ad aspetti igienici o
sanitari. Si tratta di un un evento naturale. Ingerire l'Anisakis può
rappresentare un problema serio per l'organismo, e non bisogna
sottovalutare la questione.
Per capire bene di cosa si tratta vi proponiamo l'intervista che oggi Silvia Biasotto responsabile food del Movimento difesa del cittadino ha realizzato a Valentina Tepedino per il sito Help Consumatori.
Valentina Tepedino è una delle più accreditate ed esperte veterinarie
nell'ambito ittico oltre che direttore dell'autorevole sito Eurofishmarket.
“L’Anisakis è un parassita che può trovarsi in numerosi prodotti ittici e zone
geografiche e che può provocare una malattia nell’uomo (anisakidosi) che
ne consuma le carni. Questi parassiti si trovano da adulti nell’addome
dei pesci e difatti sono visibili, anche ad occhio nudo, intorno ad i
loro visceri ed assomigliano a dei vermicelli biancastri da 1 a 3 cm di
lunghezza. Il pericolo è costituito dalla possibilità che dopo la pesca a
causa di una eviscerazione tardiva o nulla i parassiti possano migrare
nelle carni del pesce. In questo caso non è possibile più
accorgersi della loro presenza e dunque il consumatore rischia insieme
alle carni di consumare anche il parassita.
Chiaramente se stiamo
parlando di un prodotto consumato crudo o sotto sale o marinato, ecc.
poiché la cottura eviterebbe tale rischio uccidendo il parassita”.
Aumentano le segnalazioni che, come dichiarato da Guariniello “arrivano da ogni parte”
e “non vi è un mare a rischio come un paio di anni fa quando
scoprimmo l’inizio del fenomeno e i controlli solo di tipo cartolare che
avvenivano nei porti”. Secondo Valentina Tepedino “non è cambiato
nulla. Sono aumentate le segnalazioni perché i medici oggi conoscono
questa malattia e soprattutto perché è decisamente aumentato il consumo
di pesce crudo. Sarebbe impossibile operare le dovute verifiche su tutto
il pescato per arrivare al “rischio 0”, poiché quasi tutte le
specie ittiche italiane sono potenzialmente infestate da questo
parassita che si trova in tutto il Mediterraneo come in altri oceani.
Se
si vuole arrivare al rischio 0 si deve scegliere di fermare l’economia del
comparto ittico nazionale, almeno per quanto riguarda la maggioranza
delle specie di prodotti ittici freschi interi. L’unica possibilità è la
prevenzione attraverso una diffusa campagna informativa ai consumatori
utile a renderli consapevoli del potenziale problema “anisakis” ma
soprattutto degli strumenti utili ad evitarlo attraverso la cottura ed
il congelamento”.
“Molti consumatori e ristoratori - prosegue Tepedino
– pensano che l’Anisakis sia un verme e che sia sinonimo di un
cattivo
stato di conservazione (ci sono i vermi perché il pesce è vecchio!).
L’Anisakis rappresenta un rischio sanitario solo se non è correttamente
gestito attraverso il congelamento o la cottura”.
Facciamo un esempio: una pescheria vende alici. Un
consumatore a casa le trova infestate da anisakis. La pescheria è
soggetta a sanzione? “La pescheria – spiega la veterinaria – è soggetta a
sanzioni amministrative ma anche ad una denuncia penale da
parte del veterinario dell’ASL o dal NAS. È chiaro che va stimato il
rischio effettivo ossia normalmente viene effettuato un campionamento
dei prodotti ittici a tutti i livelli della filiera (sia dagli organi di
controllo che dalle aziende stesse che lo commercializzano). Il rischio
sanitario effettivo deve essere valutato da un veterinario dell’ASL che
si assume la responsabilità delle azioni correttive.
Come indicato anche da Guariniello la procedura di bonifica è la base per poter somministrare pesce crudo da consumare. Il Reg. CE 853/2004
definisce il procedimento da seguire per poter eliminare il pericolo di
somministrazione di prodotti ittici infestati da parassiti come
l’Anisakis, ovvero il congelamento a una temperatura non superiore ai -20 gradi in ogni parte della massa per almeno 24 ore.
Si
tratta di un procedimento da applicare a tutti i prodotti
della pesca che
vanno consumati crudi o praticamente crudi. L'obbligo va esteso anche a
aringhe, sgombri, spratti, salmone selvatico dell’Atlantico o del
Pacifico sottoposti ad un trattamento di affumicatura a
freddo durante il quale la temperatura all’interno del prodotto non
supera i 60°C. Ci sono anche i prodotti della pesca marinati e/o salati
se la lavorazione non garantisce la distruzione delle larve di
nematodi.
Chiaro, quindi, il riferimento anche ai prodotti marinati. Pensiamo
alle diffusissime alici marinate offerte nei ristoranti, nelle pescherie
o preparate in casa. Come indica il regolamento, ma anche esperti del
settore, la marinatura non garantisce l’eliminazione totale
dell’Anisakis.
Intervista a cura di Silvia Biasotto del Movimento difesa del cittadino ripresa dal sito Help Consumatori
Foto:Photos.com
www.ilfattoalimentare.it
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Marco Dal Poz
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