lunedì 6 maggio 2024

Ne valeva la pena, Bobby?

 


Forse l’unico a non porsela quella domanda era proprio Bobby. La morte era contemplata sin da quando decise di dar via al digiuno. Non era la prima volta che i prigionieri dell'IRA davano il via ad uno sciopero della fame. Prima ancora c'era stata la protesta dei lenzuoli, nella seconda metà degli anni Settanta, dove lui e altri detenuti che lottavano per l’indipendenza dell’Irlanda del Nord rifiutarono di indossare le uniformi carcerarie, finendo nelle celle umide coperti solo da un lenzuolo; poi ancora la “dirty protest”, la protesta della sporcizia: costretti a subire angherie e a prendere botte ogni volta che andavano verso i bagni, i detenuti decisero di rifiutare di lavarsi e di gettare i propri escrementi e l’urina oltre le porte delle celle. In gioco c’erano le condizioni delle carceri ma non solo: c'era il braccio di ferro con chi, come il governo Thatcher, si rifiutava di considerare i militanti dell’IRA prigionieri politici. Erano delinquenti comuni, né più e né meno, per il primo ministro inglese da poco al potere. E così iniziò il primo sciopero della fame, nell’ottobre del 1980, che proseguì per un paio di mesi. A interromperlo fu la promessa da parte del governo di accogliere gran parte delle richieste dei detenuti. Una promessa rapidamente disattesa. Fu così che ebbe inizio il secondo sciopero nella primavera successiva. Ma questa volta i detenuti erano disposti ad andare fino in fondo. E a iniziare fu proprio Bobby Sands, seguito a ruota - a intervalli regolari - da altri detenuti.

“Ora mi trovo nel Blocco H, dove mi rifiuto di cambiare per adeguarmi a coloro che mi opprimono, mi torturano, mi tengono prigioniero e vogliono disumanizzarmi. [...] È la mia ideologia politica e i miei principi che i miei carcerieri vogliono mutare. Hanno distrutto il mio corpo e attentato alla mia dignità. [...] Non me ne importa nulla. Sono stato privato dei miei vestiti e rinchiuso in una cella fetida e vuota, dove mi hanno fatto patire la fame, picchiato e torturato. Come l'allodola, anch'io ho paura che alla fine possano uccidermi. Ma, oso dirlo, [...] possiedo lo spirito di libertà, che non può essere soppresso neppure con il più orrendo dei maltrattamenti. Certamente posso essere ucciso, ma, fintantoché rimango vivo, resto quel che sono, un prigioniero politico di guerra, e nessuno può cambiare questo”.

Bobby Sands morì il 5 maggio 1981 dopo 66 giorni di sciopero della fame.

Altri 9 detenuti morirono nei mesi successivi.

Negli anni seguenti il governo inglese accolse gran parte delle richieste degli scioperanti.


Cronache Ribelli


Raccontiamo di Bobby Sands anche nei nostri almanacchi Cronache Ribelli. Trovate l'antologia che racchiude i tre volumi al link nel primo commento.

Cronache Ribelli

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