domenica 1 settembre 2013

Quattro voti per Letta

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"Napolitano nomina quattro nuovi senatori a vita: Claudio Abbado, Elena Cattaneo, Renzo Piano, Carlo Rubbia. Perché questa improvvisa “infornata”?
Diciamo subito che il ruolo politico dei senatori a vita si è profondamente modificato nel corso degli anni, rispetto all’originario disegno costituzionale. L’istituto (art. 59 Cost.) fu introdotto come "limitata deroga al principio di sovranità popolare" (Alberti) al fine di assicurare nella "seconda camera" la presenza di "personalità di altissima competenza" (Ambrosini). Ma se queste personalità sono così “capaci”, perché non si candidano direttamente? Questa era la domanda – ancora attualissima – di Terracini, il quale così si oppose all’introduzione dell’art. 59 Cost.: "Se vi sono persone le quali, in possesso di requisiti di carattere particolarissimo, rifuggono dalla vita politica, è bene che dalla vita politica siano tenuti fuori perché la loro avversione rappresenta un elemento deteriore". 
L’idea, in ogni caso, era quella di differenziare – pur nel “bicameralismo perfetto” del nostro sistema parlamentare – il Senato dalla Camera, con la presenza, nella cosiddetta Camera Alta, di personalità di rango. 
Ma i costituenti non ipotizzarono che i senatori a vita potessero risultare politicamente decisivi all’interno degli equilibri tra Governo e Parlamento? L’unico che vide chiaro il problema fu, ancora una volta, Terracini: "la nomina a vita urta contro il principio del rinnovamento del Senato; ogni celebrità, per quanto viva astratta dalla vita politica, ha in definitiva di fronte ai problemi politici un suo determinato atteggiamento, che si rifletterebbe inevitabilmente sulla fisionomia politica del Senato quale risulta dalle elezioni".
All'epoca, tuttavia, il rischio sembrava più astratto che reale. Tutto ciò si è, però, modificato nel corso del tempo.
Una prima, rilevante, inversione del dettato costituzionale si verificò sotto la Presidenza Pertini. L’articolo 59 Cost. prevede, nel suo secondo comma, che "Il Presidente della Repubblica può nominare senatori a vita 5 cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario". Sino agli anni Ottanta, l’articolo fu interpretato nel senso che il numero dei senatori a vita presenti in Senato fosse certo, predeterminato dalla Costituzione: mai superiore a 5. 
Nel 1984, tuttavia, Pertini sostenne che quel numero si dovesse riferire alla persona del Presidente della Repubblica e non alla carica di senatore: ciascun Presidente della Repubblica – in altri termini – avrebbe potuto nominare nel corso del suo mandato 5 senatori a vita (indipendentemente dal numero dei senatori complessivamente presenti in Parlamento). 
Fu così che, con Pertini, i senatori a vita superarono il numero complessivo di 5. Al momento dell’elezione di Pertini, infatti, erano già senatori a vita Cesare Merzagora ed Amintore Fanfani. Pertini ne nominò dapprima 3 (Leo Valiani, Eduardo De Filippo e Camilla Ravera), portando così il numero a 5. Dopodiché sostenne che, ai sensi del dettato costituzionale, potesse nominarne ancora 2. E così fece, con le nomine di Norberto Bobbio e Carlo Bo. 
Anche Cossiga seguirà tale prassi, mentre né Scalfaro né Ciampi si discostarono dall’interpretazione “tradizionale” dell’art. 59 Cost. Ad oggi, in ogni caso, il numero dei senatori a vita resta sempre incerto, di fatto non-predeterminato dalla Costituzione. Ciò che ci interessa, però, è il cambiamento del ruolo politico dei senatori a vita che si è prodotto in questi ultimi trent’anni.
A partire, infatti, dalla fine della Prima Repubblica, i senatori a vita sono stati fondamentali per determinare le sorti e la tenuta dei Governi. Così, ad esempio, il primo governo Berlusconi ottenne la fiducia al Senato con un voto in più del necessario, e ciò grazie ai voti dei senatori a vita (Gianni Agnelli, Francesco Cossiga, Giovanni Leone). Si pensi, ancora, al 2006, con l’approvazione della mozione di fiducia al nuovo esecutivo Prodi, sempre grazie all’intervento decisivo dei senatori a vita. 
Con la fine, in altri termini, degli equilibri politici della Prima Repubblica, il ruolo dei senatori a vita è cambiato, divenendo sempre più politicamente decisivo per la formazione e la stabilità dei Governi. Da qui le proposte ed i dibattiti per l’abrogazione dell’istituto, che hanno trovato sostenitori in schieramenti politici molto diversi tra loro. Da ultimo, anche Grillo – in un post risalente all’agosto del 2012 (esattamente un anno fa, prima della mossa odierna di Napolitano) – aveva, correttamente, notato:
In Senato pochi voti possono determinare l'esito di un voto di fiducia o l'approvazione di una legge non costituzionale. E' già successo. I senatori a vita possono risultare decisivi. E' già successo. La composizione del Parlamento, in teoria, dovrebbe essere decisa solo dal popolo sovrano. Non è così. L'istituto delle nomina del senatore a vita sfugge a qualunque controllo democratico. E' una promozione di carattere feudale, baronale, come ai tempi dei valvassini e dei valvassori. Per diritto divino. Il presidente in carica può influenzare senza rendere conto a nessuno la legislatura successiva alla sua presidenza nominando chi gli aggrada.
Napolitano, per la verità, aveva già dato prova di considerare la nomina dei senatori a vita uno strumento politico fondamentale: la nomina di Mario Monti, appena precedente la sua chiamata al Governo, ne è stato un esempio evidente. Ma oggi la “mossa” di Napolitano ha un significato politico ancora maggiore, se possibile, del precedente. 
I 4 senatori appena nominati saranno, probabilmente, decisivi nel caso in cui il Governo Letta dovesse entrare in crisi. Essi, infatti, potrebbero garantire quella manciata di voti necessaria ad un possibile Letta-bis, nel caso in cui Berlusconi dovesse cercare la crisi di Governo e le elezioni anticipate. 
Napolitano si dimostra, ancora una volta, il politico più accorto e il vero capo di un Governo di coalizione, delle “larghe intese”, in cui Letta è solo formalmente il Premier, ma non è, in realtà, che l’uomo del Presidente. Il Capo dello Stato – questo è noto – non vuole le elezioni, non è disposto a sciogliere anticipatamente le Camere. E, per questo, egli ha appoggiato la soluzione Violante (rinvio alla Consulta) per salvare Berlusconi. Ma, visto che essa potrebbe non rivelarsi sufficiente, Napolitano ha preparato la contro-mossa: il controllo di 4 nuovi senatori. È sufficiente sedersi ad un tavolo e fare un po’ di calcoli per capire che un Letta-bis, per ottenere la maggioranza al Senato, avrebbe bisogno – fermi i voti del Pd e dei montiani – giusto di un altro po’ di senatori passati al di là dei ranghi (chiamatelo tradimento, compravendita, libero mandato, come volete), nonché proprio di altri 3 o 4 senatori. Che siano proprio i senatori a vita di nuova nomina? 
L’esercizio di un potere costituzionalmente previsto è, ancora una volta, strumento per il controllo del "sistema" politico da parte del Capo dello Stato. La nomina dei 4 senatori prepara, infatti, un Letta-bis, ossia una nuova operazione politica che avrà il compito di evitare le elezioni anticipate, tenendo “bloccata” una maggioranza parlamentare del tutto fittizia e salvando, ancora per un po’, la vecchia politica dei partiti. 
È Napolitano che sta assicurando questa sopravvivenza, ed è pertanto dalla politica di Napolitano – nascosta dietro la sua “neutralità” costituzionale – che bisogna a tutti i costi uscire.
Invece di fare nuovi senatori a vita bisognava abolire questo istituto frutto di un residuo storico più monarchico che repubblicano. Ma ormai viviamo sotto Re Giorgio, e allora non ci resta che parlare di problemi come la “grazia” o “i senatori a vita”. E cioè dei privilegi del monarca che sta pensando tutti i modi per salvare il suo Governo. E questo Paese si sveglia ogni giorno sempre più diviso tra senatori a vita e sudditi a vita. 
P.S. Una nota finale, sui nomi dei senatori, meriti e competenze scientifiche o artistiche escluse. Stupisce non poco la nomina soprattutto di Elena Cattaneo, la quale è – a quanto mi risulta – la più giovane senatrice a vita mai nominata, appena cinquantenne (è nata nel 1962). Sembra abbastanza inopportuno, specie in un momento come questo, garantire ad una donna di cinquant’anni, con una nomina dall’alto e quindi senza alcuna legittimazione democratica, uno stipendio vita natural durante (diciamo, statisticamente, per i prossimi trent’anni?). Un senatore a vita percepisce – comprese diaria, indennità, rimborsi – , all’incirca, 13.000 euro netti al mese (211.502 Euro lordi all’anno). Quanto ci costerà la senatrice Cattaneo? E se – come sembra uso – i senatori a vita campano più degli altri (guardate la Montalcini, ma anche Andreotti e Carlo Azelio Ciampi). 
Ed ecco, allora, che in tempi di crisi, dove sono difficili da trovare finanze per la cassaintegrazione, Re Giorgio si scopre particolarmente magnanimo, scaricando sul bilancio dello Stato – e su di noi – quattro nuovi stipendi, non proprio “popolari”. Viva la Repubblica!"
Paolo Becchi

(ANSA)

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