venerdì 6 settembre 2013

DI OMAR MOUZAKIS
Sur y Sur

La morte di Socrates, a cui assisto senza sprofondare nella tristezza, simbolizza in qualche modo la morte del calcio. Sembra, anche, un simbolo per ritrarre questa epoca di merda: senza sogni né esagerazioni, senza disubbidienza né disperazione, senza sete di giustizia né di alcool. Questo sozzo mondo borghese ci ha privato di tutto quello che c’è di buono, calcio compreso. È questo un mondo di automi rassegnati, aggrappati alla spazzatura delle proprie auto, dei cellulari, delle proprie fantasie danzanti. Questa borghesia di merda, mediocre, superba nella propria ignoranza, autistica, incapace di amare e di odiare, di provare rabbia.

Questi umani androidi odierni, dai sentimenti ridotti e meschini, dalle avarizie valutate dalle azioni, portatori di culi e tette posticce, sale da pranzo dai cibi "light", cultori della salute fisica, piccoli girini che vanno per le strade a senso unico…
Sappiano, i rozzi, che vedere giocare Socrates era come leggere, ad esempio, Italo Calvino: c'erano nel suo gioco bellezza, tenerezza, intelligenza. Era come vedere un quadro di Renoir, pieno di luce e di colori. Come ascoltare la musica di un valzer.
Non correva, non stringeva i denti, non ci metteva le "palle": era dalla parte dell’eleganza, della maestosità, i suoi passaggi erano un "tocco" di distinzione. Vederlo giocare riempiva gli occhi, e placava l'anima.
Questo calcio spazzatura di oggi, giocato da pupazzi che sono milionari prima ancora di essere persone, è un insulto per il calcio giocato da Socrates.
Non è solo il calcio ad essere in lutto, anche la poesia, la bellezza, la natura stessa.
Andiamo Jobim, Vinicius, Maisa Y Chico, Caetano ed Elis, Joao ed Elsa Soarez, María Betanhia e Milton Nascimento e Ari Fangoso e tutte le ragazze di Ipanema e tutti i fannulloni che suonano la musica che accompagna il corteo: è da poco morto un altro frammento del sogno.
Aggiunta
(Frammento di un appunto di Waldemar Iglesias pubblicato sul Clarín di Buenos Aires).

Addio, amato dottore Socrates fu uno dei grandi centrocampisti degli anni ’80. È stato un grande anche fuori dal campo, che si azzardò a lamentarsi contro la dittatura brasiliana nei giorni più difficili. È morto di domenica, vinto da rivale con cui lottò per sconfiggerlo senza riuscirci: l'alcool.
Antonio Falcao ci ha offerto l'armonia delle sue parole per raccontarcelo:
"Era l'antitesi del buon atleta: rifiutava gli allenamenti individuali o collettivi, e anche l'astinenza: soprattutto del sesso, dell’alcool, del tabacco, della vita notturna e della chitarra (che suonava). Persino il suo nome rifuggiva dalle convenzioni: Socrates Brasileiro Sampaio de Souza Vieira de Oliveira. Studiava medicina mentre giocava, si addentrò nella politica e analizzò il binomio dirigente-giocatore dall'ottica delle relazioni lavorative.
"Si diede alla cittadinanza con impegno, essendo assolutamente solidale coi compagni di lavoro. Per usare il termine tipico dell'incapace e ignorante dittatura militare brasiliana, Socrates era sovversivo. Anche se, dal punto di vista strettamente democratico, un sovversivo cordiale e salutare, di grande utilità per l’umanità tutta."
È stato sempre orgoglioso del suo sguardo sul mondo, dei suoi messaggi, quelli che, quando ancora era nel calcio, osava offrire in disparte, una cosa che poi si è trasformata nel suo marchio di fabbrica. Negli anni ’80, ad esempio, questo ammiratore del Che Guevara fu partecipe e ideologo di una ricerca che meravigliò il suo paese e l’ambito sportivo: il Movimento Democratico Corinthians che fece sì che il club paulista si affidasse a elezioni democratiche interne. Un simbolo inequivocabile del rifiuto della dittatura, che cominciava a ritirarsi dopo due decenni di potere.
Si professava di sinistra. E dalla sua ammirazione per Fidel Castro è arrivato il nome per uno dei suoi figli. A riguardo, Socrates raccontò una volta, in un'intervista rilasciata alla BBC, il seguente aneddoto: "Quando diedi il nome di Fidel a uno dei miei figli, mia madre mi disse: 'È un po' un nome forte per un bambino.' Le risposi: 'Mamma, pensa a cosa hai combinato con me’.
Si racconta che si sarebbe potuto chiamare anche John, da Lennon, un altro dei suoi personaggi più apprezzati.


Fonte: Responso como debe de ser: hasta la victoria, Sócrates …y que Dios guarde a Maradona
06.12.2011
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE

Da Come Don Chisciotte 

http://informazioneconsapevole.blogspot.it/2011/12/hasta-la-victoria-socrates-e-che-dio-ci.html

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