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L’affidamento della marchesina
• Emilia Izzo, sorella di Letizia, prima moglie del marchese,
e zia di Annamaria, ha presentato al pretore un’istanza in cui chiede di avere
la tutela della nipote diciannovenne (la maggiore età si raggiunge a 21 anni).
La donna, che ha 45 anni e vive a Roma con il marito, sostiene di essere l’unica
parente abile della ragazza, poiché la nonna, madre del marchese Camillo, ha
novant’anni e non sarebbe pertanto in grado di assumersi la responsabilità. Il
pretore l’ha quindi invitata ad accompagnare la richiesta con una documentazione
che dimostri la sua idoneità ad assumere la tutela della nipote. La ragazza però
non ha mai nascosto la sua scarsa simpatia per la zia materna, con la quale non
ha praticamente rapporti, e rifiuta di esserle affidata. [Livio Zanotti, Sta.
4/9/1970]
• Gli amici e il legale di Annamaria Casati (Cesare Previti) premono perché la giovane ereditiera sia affidata al senatore Giorgio Bergamasco, un uomo anziano, di riconosciuta dignità, indicato per il suo disinteresse personale nella vicenda. [Livio Zanotti, Sta. 4/9/1970]
• Gli amici e il legale di Annamaria Casati (Cesare Previti) premono perché la giovane ereditiera sia affidata al senatore Giorgio Bergamasco, un uomo anziano, di riconosciuta dignità, indicato per il suo disinteresse personale nella vicenda. [Livio Zanotti, Sta. 4/9/1970]
Annamaria Casati vuole essere affidata a
Bergamasco
• Annamaria Casati accompagnata dal senatore Bergamasco e
dall’avvocato Cesare Previti va al tribunale di Roma. Al giudice la giovane
precisa di non voler essere affidata alla zia materna ma al senatore Bergamasco.
Il tribunale di Roma demanda per competenza a quello di Milano.
La versione di Annamaria
• Annamaria Casati rilascia un breve intervista a Livio
Zanotti della Stampa. È a Palo ancora ospite dai Lancellotti, fuma quaranta
sigarette al giorno e si imbottisce di pillole per dormire: «Delle orge non
sapevo niente. Anna era più di una madre per me. Non crederò mai a quel che
dicono...». [Leggi tutta l’intervista](*)
Emilia Izzo non ci sta: «Annamaria è mia»
•Emilia Izzo c’è rimasta molto male. «Nessuno vuole
ricordarsi», ha detto, «che io sono l’unica parente della ragazza». Anche il
legale di Emilia (l’avvocato Cesare Ragosta) ha espresso un giudizio critico
sulla posizione assunta dal magistrato: «Il giudice milanese ha deciso senza
esperire alcuna indagine». L’avvocato della cognata del marchese ha anche
annunciato che presenterà ricorso al tribunale dei minorenni di Milano contro la
decisione del giudice tutelare. [Mess. 13-14/9/1970]
• La marchesina, subito dopo la morte del padre, aveva chiesto a Ninì Fiumanò di fargli da tutore visti gli ottimi rapporti che aveva con Camillino ma questo si è trovato costretto a rifiutare per via del conflitto di interessi tra le due famiglie e perché lo scandalo che si è venuto a creare potrebbe nuocere alla sua carriera in polizia. Tuttavia gli consiglia di affidarsi al legale Cesare Previti, che diventa il suo pro-tutore. [Fiumanò 2010]
• La marchesina, subito dopo la morte del padre, aveva chiesto a Ninì Fiumanò di fargli da tutore visti gli ottimi rapporti che aveva con Camillino ma questo si è trovato costretto a rifiutare per via del conflitto di interessi tra le due famiglie e perché lo scandalo che si è venuto a creare potrebbe nuocere alla sua carriera in polizia. Tuttavia gli consiglia di affidarsi al legale Cesare Previti, che diventa il suo pro-tutore. [Fiumanò 2010]
Camillo Casati e le imposte comunali
• Si è da poco saputo che il comune di Roma riscuoteva dal
contribuente Camillo Casati appena centomiladuecentonovantotto lire l’anno. È
stata aperta un’indagine. [Livio Zanotti, Sta. 14/9/1970]
Bergamasco sarà il tutore di Annamaria
Casati
• Il pretore di Milano Antonio De Falco stabilisce che il
senatore Bergamasco sarò il tutore legale di Annamaria Casati Stampa di Soncino
e che si occuperà «della sua educazione e dell’amministrazione del suo ingente
patrimonio». [Ruggeri 1995]
Inventario di via Puccini
• L’avvocato Cesare Previti accompagnato dalla marchesina Casati si
precipita al palazzo di Giustizia di Roma per ottenere l’autorizzazione dal
magistrato «a prendere possesso dell’attico di via Puccini 9, compreso il
saloncino in cui è avvenuta la tragedia per procedere all’inventario dei beni».
[Ruggeri 1995]
Camillo Casati e il ministro delle Finanze
Preti
• Il ministro delle Finanze Preti definisce «palesemente
risibili» le denunce dei redditi presentate dal marchese Casati: «Il competente
ufficio del ministero delle Finanze ha compiuto il suo dovere» tassando per
somme cospicue il contribuente. Il marchese Casati aveva denunziato tra il 1966
e il 1969 redditi netti annui che variavano da 4.483.000 a 8.471.000. «Le
denunzie furono ritenute assolutamente non veritiere dagli uffici fiscali –
spiega il ministro – i quali gli accertarono un reddito di 70 milioni per ognuna
delle tre denunzie e di 100 milioni per l’ultima». La notizia di un patrimonio
di 400 miliardi è secondo Preti «piuttosto fantastica». Quattro giorni prima, il
senatore Bergamasco, dopo aver definito eccessive le stime che circolavano,
aveva detto che, secondo lui, l’entità del patrimonio ereditato dall’unica
figlia del marchese poteva aggirarsi sugli otto miliardi.
• Il ministro delle Finanze ha poi spiegato che non ha alcuna responsabilità in merito alle imposte che il Casati pagava al comune di Roma: «Tutti dovrebbero sapere che il ministero delle Finanze non ha alcun potere di sorveglianza e di controllo sui Comuni, e che l’imposta di famiglia è di esclusiva competenza dell’autorità municipale. Eventuali colpe del Comune non possono addebitarsi allo Stato». A questo proposito, è in corso al Comune di Roma un’inchiesta per appurare come mai l’imponibile del Casati fosse stato valutato soltanto 4 milioni l’anno.
• Il ministro delle Finanze ha poi spiegato che non ha alcuna responsabilità in merito alle imposte che il Casati pagava al comune di Roma: «Tutti dovrebbero sapere che il ministero delle Finanze non ha alcun potere di sorveglianza e di controllo sui Comuni, e che l’imposta di famiglia è di esclusiva competenza dell’autorità municipale. Eventuali colpe del Comune non possono addebitarsi allo Stato». A questo proposito, è in corso al Comune di Roma un’inchiesta per appurare come mai l’imponibile del Casati fosse stato valutato soltanto 4 milioni l’anno.
L’inventario del marchese Camillo Casati Stampa di
Soncino
• Dall’inventario dei beni del marchese Casati:
l’appartamento di Milano in via Soncino (tre piani, trecento stanze) vale 216
milioni di lire; le proprietà di Cinisello, 53 milioni; Arcore, 103 milioni;
Usmate-Velate, 174 milioni; Muggiò, 70 milioni; Nova Milanese, 2 milioni 360
mila, Trezzano sul Naviglio, 293 milioni; Gaggiano 965 mila; Baseggio 334 mila;
Cusago, 368 milioni; Roma (via Puccini e altri due immobili), 333 milioni;
crediti azionari per un totale di 435 milioni (quotazione dell’epoca) tutto a
fronte di 538 milioni di debiti. [Ruggeri 1995]
Fallarino parla delle figlie
• Ernesto Fallarino, 80 anni, padre della marchesa Anna, in
un’intervista al Messaggero ha rivelato molti particolari inediti sui personaggi
principali (e di contorno) della strage di via Puccini insistendo
particolarmente sull’antagonismo fra le sue figlie, Velia e Anna. Questi giudizi
scatenano il risentimento della marchesina Annamaria.
Lettere anonime a Emilia Izzo
• L’affare Casati fa un passo avanti, e siamo già alle
lettere anonime. Una infatti l’ha ricevuta ieri sera la signora Emilia Izzo. Due
pagine fitte fitte, battute a macchina. (...) La lettera avverte la signora Izzo
che la tutela della nipote «non l’avrà mai e poi mai». [Mess. 25/9/1970]
Annamaria Casati sospende l’assegno a Ernesto
Fallarino
• Annamaria Casati Stampa telefona a Ernesto Fallarino
risentita dalla sua intervista: «Lei non doveva parlare. Ora che l’ha fatto per
prima cosa le sospendo l’assegno mensile che mio padre aveva autorizzato in suo
favore, poi al resto penserò come meglio credo. (...) Dei Casati non mi importa
niente, è di sua figlia Velia che lei non si deve assolutamente permettere di
dire una sola parola». [Mess. 6/10/1070]
Il prezzo del dolore di Ernesto Fallarino
• Ernesto Fallarino, dopo la sfuriata della marchesina, ha
impugnato il testamento del marchese sostenendo che l’appartamento di via
Puccini apparteneva alla figlia Anna e ora ne rivendica proprietà e usufrutto,
secondo la quota che gli spetta. «Il contrattacco del cavaliere Ernesto
Fallarino sta nella mezza cartella presentata dal suo legale Di Gravio (noto per
aver fatto di Rachele Mussolini la vedova più pensionata d’Italia) alla
magistratura, che riguarda la richiesta del “prezzo del dolore”. Quanto costerà,
agli amministratori del patrimonio Casati, questo “dolore”?» (Il Messaggero).
[Mess. 6/10/1070]
La marchesina
Casati alle Seychelles
• Annamaria Casati Stampa si trasferisce alle Seychelles dove
acquista e gestisce un albergo. [Ruggeri 1995]
Annamaria Casati si sposa in gran segreto
• La marchesina Casati, 21 anni, s’è sposata in una chiesa di
piazza Ungheria a Roma in gran segreto con Pierdonato Donà delle Rose Rangoni
Machiavelli, un nobiluomo veneziano di 29 anni. Le nozze sono state celebrate
alla mezzanotte. Lei è arrivata alla chiesa di San Bellarmino da sola, con abito
bianco e bouquet di mughetti e orchidee in mano. Lo sposo è sbucato da una via
laterale quasi contemporaneamente. I parenti aspettavano già, giunti un po’ alla
volta. La cerimonia è durata qualche minuto, poi il gruppetto si è sciolto. A
bordo di una fuoriserie parcheggiata in piazza Ungheria i due giovani si sono
allontanati. Faranno, come vuole la tradizione, il viaggio di nozze: la meta è
il Kenia. [A.R, Sta.Se 6/6/1972]
Pieni poteri a Bergamasco
• Annamaria sottoscrive nello studio del notaio Zanuso un
mandato generale che riaffida tutti i poteri al senatore Bergamasco (ormai è
diventata maggiorenne). Nell’atto è scritto che la rappresenterà «in tutti gli
atti di ordinaria e straordinaria amministrazione relativa a tutti i beni
immobili e mobili da essa posseduti o da possedere in Italia». [Ruggeri 1995]
La marchesina
Casati si trasferisce in Brasile
• La marchesina Annamaria lascia l’Italia e si trasferisce
col marito a Brasilia (Brasile). Dell’Italia non ne vuole sapere più niente, ha
lasciato tutto in mano a Bergamasco e Previti. [Ruggeri 1995]
La marchesina vuole vendere Arcore
• Pressata dalle tasse Annamaria Casati incarica Previti di
vendere la tenuta di Arcore con espressa esclusione dei terreni, degli arredi e
della pinacoteca. [Ruggeri 1995]
Berlusconi vuole Arcore per 500 milioni
• Previti trova come acquirente per la tenuta di Arcore Silvio Berlusconi, l’imprenditore edile («Prima provai con dei
brianzoli, degli speculatori che prima o poi l’avrebbero lottizzata. In quei
giorni avevo avuto un lavoro dalla Edilnord di Silvio, così dissi: “Berlusconi, lei
deve farmi un grande piacere, mi comperi la villa San Martino dei Casati Stampa,
ad Arcore”. Andammo a vederla e alla fine lui mi fece una proposta tipicamente
sua: me la lasci provare, ci sono le vacanze di Pasqua, ci vado per qualche
giorno e la provo. La provo e non se n’è più andato»). L’avvocato Previti e la
Edilnord concordano un prezzo di 500 milioni di lire (terreni, arredi e
pinacoteca inclusi). [Ruggeri 1995]
L’altra offerta per Arcore
• Esiste un’altra offerta, quella del signor Giuseppe
Signorelli, intervistato dal giornalista Giuseppe Ruggeri: «Avrebbe messo sul
tavolo 600 milioni con termini di pagamento particolarmente brevi». Ma viene
ignorata.
La marchesina accetta pur di pagare le tasse
• La marchesina accetta la proposta di Previti perché
pressata dal Bergamasco che ha bisogno di liquidità per far fronte alle
tasse.[Ruggeri 1995]
La convenzione di compravendita di Arcore
• Viene predisposto un ennesimo contratto a tempo, una
“Convenzione di compravendita”, in cui Annamaria Casati offre in vendita
all’Edilnord «le proprietà di Arcore al prezzo di lire 500 milioni». [Ruggeri
1995]
Berlusconi entra ad Arcore
• Berlusconi si
stabilisce nella villa e non paga subito i 500 milioni bensì suddivide l’importo
in rate che coincidono con le scadenze fiscali dalla Casati verso l’Erario.
[Ruggeri 1995]
Berlusconi ha problemi con la burocrazia
• Berlusconi non si
intesta la villa. Previti comunica alla sua assistita che l’acquirente è in
attesa di imprecisate pratiche burocratiche edilizie pertanto al momento non è
opportuno stipulare l’atto notarile. Per tutelarsi Berlusconi e
Previti si fanno nominare dalla Casati «amministratori della tenuta e dei beni
di Arcore». [Ruggeri 1995]
Ad
Arcore anche Mangano e Dell’Utri
• Ad Arcore oltre a Berlusconi sono
andati a vivere anche Marcello dell’Utri e Vittorio Mangano (boss di Cosa Nostra). [Ruggeri 1995]
Primi attriti
tra Previti e la Casati
• Previti vola a Brasilia con pressanti richieste per la
Casati inerenti i suoi beni. La Casati alterata lo rimanda in Italia e impone un
ultimatum per il rogito di Arcore. L’ereditiera non sa che il suo legale siede
nel collegio sindacale della Immobiliare Idra (società satellite dell’impero di
Berlusconi appena
creata). [Ruggeri 1995]
Intanto la marchesa deve pagare 160 milioni ai familiari di
Minorenti
• La marchesa Annamaria Casati Stampa deve risarcire la
famiglia di Massimo Minorenti, lo studente freddato da suo padre Camillo con 160
milioni di lire. Lo ha voluto la sentenza della terza sezione civile della Corte
d’appello di Roma. [Sta 24/3/1079]
Berlusconi si insedia ad Arcore
• Giudo Roveda, notaio di fiducia di Berlusconi,
registra l’atto di deposito di una scrittura privata «recante scambio di
immobili e azioni tra Annamaria Casati Stampa di Soncino e la Immobiliare
Coriasco spa». Questo atto sancisce il pagamento della tenuta con ottocento
azioni della Cantieri Riuniti Milanesi, una delle tante società satellite
dell’impero berlusconiano, che valgono, secondo gli estensori del contratto
preliminare, curato ancora una volta dall’avvocato Previti per conto
dell’ereditiera, la bellezza di un miliardo e settecento milioni. [Ruggeri 1995]
• Berlusconi va a vivere ad Arcore e Previti suggerisce alla sua assistita di posticipare il rogito catastale. [Ruggeri 1995]
• Berlusconi va a vivere ad Arcore e Previti suggerisce alla sua assistita di posticipare il rogito catastale. [Ruggeri 1995]
Nessuno vuole le azioni della Cantieri Riuniti
• Bergamasco, su ordine della marchesina, tenta di convertire
le azioni della Cantieri Riuniti. Nessuno vuole comprarle al valore che è stato
fissato nella scrittura “Permuta”. [Ruggeri 1995]
Berlusconi si
ricompra le sue azioni al 50 per cento
• Nella primavera del 1980 il Bergamasco si rivolge alla
stessa Cantieri Riuniti Milanesi Spa che si offre di comprarle a condizione di
uno sconto del 50 per cento (850 milioni). [Ruggeri 1995]
Ecco quanto valgono i terreni ad Arcore
• Nello stesso periodo la Casati riesce a vendere alcuni
appezzamenti di terreno sfuggiti alla permuta ad un valore di 6 miliardi.
[Ruggeri 1995]
Il rogito per la compravendita della villa di Arcore
• Dopo sei anni dall’acquisto viene fatto il rogito per la
compravendita della villa di Arcore. È l’Immobiliare Idra (società satellite di
Berlusconi) a
intestarsela. In tutto questo tempo a pagare le tasse è stata la marchesina
Annamaria Casati Stampa di Soncino. L’atto di compravendita è repertato come n.
36110 ed è stipulato dal notaio Guido Roveda. Nello stesso momento Roveda
autentica un secondo atto che riguarda tutti i terreni appartenenti alla
marchesa non inclusi nella prima permuta. Questi vengono ceduti all’Immobiliare
Briantea (società del gruppo Fininvest) per 250 milioni in azioni della
Infrastrutture Immobiliari (sempre di Berlusconi).
[Ruggeri 1995]
• Venuta a conoscenza del rogito la Casati revoca i suoi fiduciari e si affida, dal Brasile, all’avvocato Ferdinando Carabba per chiudere tutta la faccenda. [Ruggeri 1995]
• Venuta a conoscenza del rogito la Casati revoca i suoi fiduciari e si affida, dal Brasile, all’avvocato Ferdinando Carabba per chiudere tutta la faccenda. [Ruggeri 1995]
La tenuta vale
quasi 52 milioni di euro
• Qualche anno dopo la Cantieri riuniti richiede una
fidejussione alla Cariplo e come garanzia dà la tenuta di Arcore. La banca gli
accorda 7 miliardi e 300 milioni. Attualmente il valore della tenuta sfiora i 52
milioni di euro. [Ruggeri 1995]
(a cura di
Jessica D’Ercole)
(*)
Roma. 11 settembre. Incontro la figlia del marchese Camillo stamattina; passeggia sola, lungo la stradina che conduce al mare dalla villa dei principi Lancellotti in cui è ospite, a Palo Laziale, appena dietro una grande curva della Via Aurelia. Mi dice che non vuole rilasciare dichiarazioni; anzi che ne ha già fatta una per tutti che sarà diffusa dalle agenzie di stampa. È tesa, gli occhi accesi, tra le mani una sigaretta che aspira rapidamente. Resta un momento in silenzio, poi confida: «Ne fumo anche quaranta al giorno per fare sera e passo la notte a mandare giù pillole contro l’insonnia e brutti pensieri. Della mia famiglia è stato scritto tutto, troppo e troppe cose non vere. L’ho detto al magistrato che mi ha interrogata l’altro giorno al Palazzo di Giustizia, lui mi ha risposto che non ne sapeva niente ».
Sembra una ragazza forte, ma infine ha soltanto 19 anni vissuti soprattutto tra collegi e crociere. Le scorgo gli occhi arrossarsi quando le chiedo della tragedia.
Come ha saputo? Parla lentamente accompagnando le parole con accenni della testa.
«Mi hanno telefonato qui, a Palo. Ero arrivata poco prima da Roma, da casa mia. Non avevo potuto vedere mio padre perché il domestico mi aveva avvertito che non voleva essere disturbato; ma poi gli avevo parlato al telefono: all’inizio è stato anche brusco, si è raddolcito quando io ho insistito per sapere cosa avesse. Mi ha chiesto allora come stavo, quando ero tornata dalle vacanze, se Vittoria e Livia Lancellotti erano con me. Ci siamo salutati come sempre, affettuosamente, d’accordo che sarei venuta a Palo e ci saremmo incontrati in serata o l’indomani mattina».
Invece non l’ha più visto. Non ha avuto l’animo di entrare nello studio di via Puccini in cui il marchese Camillo, Anna Fallarino e Massimo Minorenti erano ormai senza vita, sfigurati dalle fucilate.
«No, sono restata fuori. Intanto era arrivata la polizia, la casa era piena di gente che girava da ogni parte. Non sapevo che fare, degli amici mi hanno portata via e da allora non sono più tornata a casa. Forse non ci tornerò mai».
Che farà adesso? Pensa che nei prossimi giorni si trasferirà a Milano, dove il padre aveva le sue maggiori attività e dove vive il senatore liberale Giorgio Bergamasco, al quale quasi certamente sarà affidata in tutela fino al compimento della maggiore età.
«Il senatore è un uomo degno e anziano, legato alla mia famiglia da un’affettuosa tradizione. Perciò fin dal primo momento ho chiesto di essere affidata a lui. La signora Emilia Izzo è mia zia, ma tra noi ogni rapporto è cessato con la morte di mia madre, il 5 giugno del ’65. Non abbiamo nulla da dirci e mi sembrerebbe poco opportuno attribuire a lei la responsabilità di starmi vicina».
Ora Anna Maria accenna a tornare nella villa da dove qualcuno la chiama; vedo una ragazza, forse una delle giovani Lancellotti, e una donna di mezza età, una domestica della casa, forse. L’accompagno e lei non si rifiuta.
«Ma guardi che interviste non ne voglio, non vorrei essere scortese, cerchi di capirmi...» (dice con la voce dura).
Racconta di avere acquistato tutti i giornali che hanno parlato della vicenda di suo padre con Anna Fallarino e Massimo Minorenti, ma non li ha letti.
«Lo farò più in là, per adesso non mi sento».
Ha sentito parlare delle foto?
«Qualcuna non ho potuto fare a meno di vederla, mi sono venute sotto gli occhi».
Non ha commenti.
«La tragedia mi è venuta addosso schiantandomi, non voglio dare giudizi, anche se il clamore avvelenato che l’accompagna aggiunge per me altro dolore. In vita, mio padre ha fatto tutto il possibile per allevarmi con tenerezza ed amavo Anna che mi ha fatto da madre. Tutti e due, nei lunghi anni della malattia di mia madre, le furono vicini, fino all’ultimo momento. Come figlia, non ho conosciuto e non conosco altro della mia famiglia, né so ricordare altro... – Anna Maria si interrompe e resta in silenzio – Conosce Cesare Marangoni e Aurelio Facchini?».
Ho incontrato soltanto il primo, mi è sembrato vivace, molto disinvolto. Difficile dire di più da un breve colloquio». Anna Maria ascolta e tace. Che farà adesso?
«Con mio padre andavo spesso a caccia e a fare delle gran camminate. Insieme avevamo una passione per i cavalli, mio padre era un vero intenditore. Fin da bambina, quando studiavo al collegio di Poggio Imperiale, a Firenze, veniva a prendermi se c’erano delle corse importanti. Ora che lui non c’è più continuerò ad amare queste cose e appena sarò in grado cercherò di seguire gli affari che ha lasciato».
La Stampa, 12 settembre 1970
Roma. 11 settembre. Incontro la figlia del marchese Camillo stamattina; passeggia sola, lungo la stradina che conduce al mare dalla villa dei principi Lancellotti in cui è ospite, a Palo Laziale, appena dietro una grande curva della Via Aurelia. Mi dice che non vuole rilasciare dichiarazioni; anzi che ne ha già fatta una per tutti che sarà diffusa dalle agenzie di stampa. È tesa, gli occhi accesi, tra le mani una sigaretta che aspira rapidamente. Resta un momento in silenzio, poi confida: «Ne fumo anche quaranta al giorno per fare sera e passo la notte a mandare giù pillole contro l’insonnia e brutti pensieri. Della mia famiglia è stato scritto tutto, troppo e troppe cose non vere. L’ho detto al magistrato che mi ha interrogata l’altro giorno al Palazzo di Giustizia, lui mi ha risposto che non ne sapeva niente ».
Sembra una ragazza forte, ma infine ha soltanto 19 anni vissuti soprattutto tra collegi e crociere. Le scorgo gli occhi arrossarsi quando le chiedo della tragedia.
Come ha saputo? Parla lentamente accompagnando le parole con accenni della testa.
«Mi hanno telefonato qui, a Palo. Ero arrivata poco prima da Roma, da casa mia. Non avevo potuto vedere mio padre perché il domestico mi aveva avvertito che non voleva essere disturbato; ma poi gli avevo parlato al telefono: all’inizio è stato anche brusco, si è raddolcito quando io ho insistito per sapere cosa avesse. Mi ha chiesto allora come stavo, quando ero tornata dalle vacanze, se Vittoria e Livia Lancellotti erano con me. Ci siamo salutati come sempre, affettuosamente, d’accordo che sarei venuta a Palo e ci saremmo incontrati in serata o l’indomani mattina».
Invece non l’ha più visto. Non ha avuto l’animo di entrare nello studio di via Puccini in cui il marchese Camillo, Anna Fallarino e Massimo Minorenti erano ormai senza vita, sfigurati dalle fucilate.
«No, sono restata fuori. Intanto era arrivata la polizia, la casa era piena di gente che girava da ogni parte. Non sapevo che fare, degli amici mi hanno portata via e da allora non sono più tornata a casa. Forse non ci tornerò mai».
Che farà adesso? Pensa che nei prossimi giorni si trasferirà a Milano, dove il padre aveva le sue maggiori attività e dove vive il senatore liberale Giorgio Bergamasco, al quale quasi certamente sarà affidata in tutela fino al compimento della maggiore età.
«Il senatore è un uomo degno e anziano, legato alla mia famiglia da un’affettuosa tradizione. Perciò fin dal primo momento ho chiesto di essere affidata a lui. La signora Emilia Izzo è mia zia, ma tra noi ogni rapporto è cessato con la morte di mia madre, il 5 giugno del ’65. Non abbiamo nulla da dirci e mi sembrerebbe poco opportuno attribuire a lei la responsabilità di starmi vicina».
Ora Anna Maria accenna a tornare nella villa da dove qualcuno la chiama; vedo una ragazza, forse una delle giovani Lancellotti, e una donna di mezza età, una domestica della casa, forse. L’accompagno e lei non si rifiuta.
«Ma guardi che interviste non ne voglio, non vorrei essere scortese, cerchi di capirmi...» (dice con la voce dura).
Racconta di avere acquistato tutti i giornali che hanno parlato della vicenda di suo padre con Anna Fallarino e Massimo Minorenti, ma non li ha letti.
«Lo farò più in là, per adesso non mi sento».
Ha sentito parlare delle foto?
«Qualcuna non ho potuto fare a meno di vederla, mi sono venute sotto gli occhi».
Non ha commenti.
«La tragedia mi è venuta addosso schiantandomi, non voglio dare giudizi, anche se il clamore avvelenato che l’accompagna aggiunge per me altro dolore. In vita, mio padre ha fatto tutto il possibile per allevarmi con tenerezza ed amavo Anna che mi ha fatto da madre. Tutti e due, nei lunghi anni della malattia di mia madre, le furono vicini, fino all’ultimo momento. Come figlia, non ho conosciuto e non conosco altro della mia famiglia, né so ricordare altro... – Anna Maria si interrompe e resta in silenzio – Conosce Cesare Marangoni e Aurelio Facchini?».
Ho incontrato soltanto il primo, mi è sembrato vivace, molto disinvolto. Difficile dire di più da un breve colloquio». Anna Maria ascolta e tace. Che farà adesso?
«Con mio padre andavo spesso a caccia e a fare delle gran camminate. Insieme avevamo una passione per i cavalli, mio padre era un vero intenditore. Fin da bambina, quando studiavo al collegio di Poggio Imperiale, a Firenze, veniva a prendermi se c’erano delle corse importanti. Ora che lui non c’è più continuerò ad amare queste cose e appena sarò in grado cercherò di seguire gli affari che ha lasciato».
Livio Zanotti
Francesco Ciaccia
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