giovedì 16 ottobre 2025

Eris

 

Eris, la mela che accende

Eris entra di lato. Da un angolo morto non sorvegliato.

Non picchia: innesca.

La sua arma non è la spada, è il gesto minimo che costringe tutti a mostrarsi.

Sceglie i margini perché lì i sistemi rivelano le cuciture.

Le sue sorelle sono fame, dolore, menzogna, giuramento tradito: lei lavora dove questi difetti trovano varchi.

Al banchetto di Peleo e Teti non è invitata.

Non fa scenate, non rovescia tavoli.

Appoggia una mela d’oro con tre parole: alla più bella.

È una bomba cortese. Era incarna la legge, Atena l’intelligenza, Afrodite il desiderio.

Nessuna può cedere senza sentirsi diminuita.

Zeus rifiuta di giudicare: sa che qualunque verdetto incrinerebbe l’architrave.

Passa la palla a un pastore che non sa che sta portando sul prato i destini di due città.

Ermes accompagna.

Le tre offerte non sono fiori: sono mondi.

Potere. Vittoria. Amore.

Paride sceglie Afrodite. Il premio è Elena.

La scia è Troia in fiamme. Eris lo sa, non perché odia: perché osserva.

La mela è un promemoria universale, basta una scintilla a trasformare rivalità latenti in guerra civile.

I poeti antichi hanno visto il suo paradosso.

Per Esiodo esistono due Discordie.

La prima lacera e gode del sangue.

La seconda punge e obbliga a fare meglio.

Una urla e chiama branchi. L’altra sussurra e moltiplica officine.

Quando la città confonde competizione e odio, vince la prima; quando tiene separate le due strade, la seconda fa scuola.


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