La statua della Bonissima sembra appartenere a un passato molto lontano: occorre tornare al Medioevo, quando l’architetto Lanfranco stava orchestrando i lavori per la costruzione del Duomo di Modena. Al suo fianco c’erano due scultori, Wiligelmo e tale Maestro delle Metope, la cui identità non è mai stata rivelata: fu lui che, a quanto pare, realizzò la statua della Bonissima. La statua della Bonissima è molto più classica, tuttavia lo stile sembra essere lo stesso delle metope: ecco perché alcuni studi riconducono al Maestro la sua realizzazione. Le versioni che accompagnano i dubbi sull’identità della Bonissima sono molte. La più accreditata sembra essere quella che la riconduce non a una persona realmente esistita, bensì al simbolo di un ente di controllo del Ducato Estense. La Bonissima, secondo questa teoria, rappresenterebbe l’Ufficio della Bona Opinione, o delle Bollette: qui venivano stabilite e verificate tutte le unità di misura da utilizzare per le stime e i commerci. In dialetto modenese in effetti “bona ésma” significa buona stima: da questa base si potrebbe essere passati a “bonesma” e quindi a “bonissima”. In alcuni scritti risalenti al XII secolo, in effetti, ci sono riferimenti a una statua posta davanti all’Ufficio delle Bollette di Modena, ai piedi della quale si trovavano incise molte unità di misura: il braccio, la dimensione dei mattoni, le mine da biada e molte altre. Chi avvalora questa tesi è convinto che la Bonissima tenga nella mano destra una bilancia, simbolo delle contrattazioni. Un’altra teoria sostiene che la Bonissima altri non sia che Matilde di Canossa, vissuta proprio tra l’XI e il XII secolo, epoca in cui la nobildonna aveva un forte ascendente sulla città. Secondo questi studiosi, la Bonissima teneva in mano un melograno, frutto che identifica Matilde di Canossa e che possiamo trovare in alcuni dipinti che la raffigurano. La cosa certa, documentata da uno storico dell’epoca, è che la statua della Bonissima venne spostata nel luogo dove ora si trova verso la metà del Quattrocento e da lì non si mosse più. I romantici e sognatori preferiscono la terza ipotesi: quella che ricondurrebbe la Bonissima ad una nobile dama vissuta a Modena nell’XI secolo. In dialetto modenese, con il termine “bonessma” ci si riferisce ad una persona molto conosciuta e amata. La leggenda racconta che questa nobile dama, avendo a cuore le sorti della popolazione che moriva di fame in un periodo di carestia, uscì di notte dal proprio maniero e si inoltrò per le strade della città. Per non farsi riconoscere, per timore o timidezza non si sa, si coprì il volto con un cappuccio e distribuì il cibo ai poverelli di Modena. Quella notte il suo intervento salvò tante vite e i modenesi, per ringraziarla, chiesero al Maestro delle Metope di realizzare una statua in suo onore. La statua della Bonissima, in Piazza Grande, ha la mano sinistra sul cuore, quello che la dama mostrò di possedere quella notte, e nella mano destra il cappuccio con il quale nascose il viso. Ora provate a pensare che è nata e vissuta nel Medioevo, ha visto carestie, rinascimento, guerre. Vi ha visti mentre vi abbracciavate sotto il sole di una giornata d’estate, mentre giocavate a palle di neve riparandovi dietro le colonne dei portici di Piazza Grande, mentre studiavate le ultime pagine di un libro poco prima di un esame all’università. Vi ha visto felici, oppure pensierosi, o ancora con le lacrime agli occhi. Lei è un po’ l’anima della città, da lassù veglia sulla città, sempre con occhio benevolo. Ecco chi è la Bonissima per i modenesi.
Alberto Poppi
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