“C’È GENTE CHE HA POTERE DECISIONALE MA CHE SA DI CALCIO COME IO DI FISICA DELL’ATOMO” – JOSÉ MOURINHO APRE LE VALVOLE: “L’ETICHETTA DI GRANDE COMUNICATORE? UN GRANDE COMUNICATORE NON VINCE TUTTI I TITOLI PIÙ IMPORTANTI DEL CALCIO” – “LA GRANDEZZA DI UN ALLENATORE È NEI RISULTATI, NON NELLA FILOSOFIA. POCO TEMPO FA ERA UNA FIGURA FONDAMENTALE NEL CLUB, È DIVENTATO PROGRESSIVAMENTE MENO IMPORTANTE E SEMPRE PIÙ DIPENDENTE DA STRUTTURE E PERSONAGGI IL PIÙ DELLE VOLTE IMPREPARATI” – L’ADDIO ALLA ROMA, IL RITORNO IN ITALIA E LA PARTITA PERFETTA…
Estratto dell’articolo di Ivan Zazzaroni per www.corrieredellosport.it
[…] L’ultima intervista dell’anno l’ho riservata all’incontro più speciale della mia carriera, José Mourinho. Mourinho sempre sorprendente, migliore di qualsiasi idealizzazione. Perché lui è forza, lealtà, profondità. Stili di vita, relazioni, aspettative, gerarchie, mentalità: tutto, in questa chiacchierata a distanza, è palpabile e presente. E tutto viene giudicato alla sua maniera. «Sono tornato in campo tre giorni dopo l’intervento in laparo alla cistifellea. Mi sono rimesso subito a lavorare perché è la cosa che mi piace di più e che so fare meglio».
[…] Quanto ti infastidisce l’etichetta di grande comunicatore che prevale spesso su quella di grande allenatore?
«Un grande comunicatore non vince tutti i titoli più importanti del calcio».
Si chiude un anno particolare per te: quali le cose da buttare e quali salvi?
«A livello personale scelgo il matrimonio di mia figlia, è stato un momento magnifico e sono felicissimo per loro... L’uscita dalla Roma è stata dura, però non butto nemmeno quella».
[…] Dove risiede la grandezza di un allenatore?
«Nella carriera, non nel momento. La grandezza di un allenatore è nei risultati, non nella filosofia. E nell’umanità, non nell’egocentrismo. Nel coraggio, non nell’autotutela. Nell’onestà, non nel relazionale. Nella sintonia con la nuova generazione di colleghi. Nel riuscire a dormire bene di notte perché sa di essere stato sempre indipendente intellettualmente e verticale».
[…] Si parla tanto di evoluzione del calcio: secondo te dove si è realmente evoluto e dove invece è sempre uguale?
«Uguale? Chi segna un gol in più o ne subisce uno in meno, vince. Evoluto, dici? L’allenatore, che fino a poco tempo fa era una figura fondamentale nella struttura del club, è diventato progressivamente meno importante e sempre più dipendente da strutture e personaggi il più delle volte impreparati. Calcio giocato? Calcio allenato? Calcio analizzato? Ci sono stati cambiamenti su tutti i piani e a tutti i livelli».
E altri potrebbero esserci. Cosa pensi del Var a chiamata e del tempo effettivo?
«Sono l’ultimo che può parlare di Var e tempo effettivo. Lasciamo questi argomenti ai fenomeni del calcio. Io sono solo un allenatore e voglio fare solo l’allenatore».
I fenomeni del calcio? Scusa, chi?
«Gli allenatori bravi che non sanno vincere, gli esperti dei social media e gente che ha potere decisionale ma che sa di calcio come io di fisica dell’atomo. Il calcio è il regno della superficialità e dei luoghi comuni e un’etichetta non si nega a nessuno. Di solito quando la gente parla di me pensa a cosa è successo quindici, dodici, otto o dieci anni fa. È così per la maggior parte dei grandi allenatori che di solito guidano le squadre migliori e hanno le maggiori possibilità di arrivare in finale. Negli ultimi anni ho fatto tre finali, una con il Manchester United e due con la Roma. Guardo a tutto ciò un po’ divertito, e allo stesso tempo con orgoglio perché quando fai questo con un club senza storia in Europa, ti rendi conto che hai realizzato qualcosa di speciale».
Qual è stata la tua partita perfetta e perché?
«Uhi, difficile rispondere… Porto-Lazio 4-1, semifinale Uefa 2002-2003? Loro hanno segnato dopo 50 secondi e in seguito non hanno più toccato palla. Inter-Bayern 2-0, dopo un minuto si sapeva già chi avrebbe vinto. Manchester-Tottenham 1-6, e avrebbero potuto essere 7, 8, 9. È altrettanto complicato non trovare una partita perfetta nei miei Chelsea che hanno mangiato la Premier».
jose mourinho foto mezzelani gmt10
E quale il rimpianto?
«Se parliamo di partite, tanti perché quando perdi pensi sempre che avresti potuto fare diversamente, e di partite ne ho perse parecchie. Se invece ti riferisci alle scelte professionali, il no a Florentino. Mi disse “Mou, non andare via adesso, il difficile l’hai fatto e viene il bello… Sapevo che sarebbe stato così, però volevo tornare al Chelsea dopo tre anni in Spagna di grandi lotte... E dopo Budapest. Non per il casino combinato da Taylor, ma per il fatto di non essermene andato subito. Avrei dovuto lasciare la Roma, non l’ho fatto e ho sbagliato».
mourinho come giulio cesare murale
Torneresti a lavorare in Italia?
«Certo».
[…] Nel futuro c’è una nazionale?
«Sì. Voglio giocare un Europeo o un Mondiale, unire un Paese intorno alla sua nazionale nello stesso modo in cui sono riuscito tante volte con i club e i tifosi. Voglio farlo per il calcio, per quello che questo sport rappresenta. Sarà incredibile».
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Previti71
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