sabato 13 dicembre 2025

Graziella Campagna

 


La trascinarono via, in preda al panico. Poi arrivati in un prato, le spararono cinque colpi di fucile in piena faccia. Infine, una volta rovinata a terra, le si accanirono contro sferrandole altri colpi alla testa. 


Graziella Campagna aveva solo diciassette anni quando venne uccisa dai mafiosi. Era una lavoratrice, aveva dovuto abbandonare gli studi per vivere, lavorando in nero in una lavanderia a Messina per una miseria. E lì, in quel posto di lavoro, trovò la sua condanna a morte: una piccola agendina caduta da una camicia che stava lavando. L’agendina di un boss, con informazioni sensibili per i mafiosi. 


Dalla lavanderia, qualcuno fece il suo nome; dissero che aveva visto quell’agenda. 


Pochi giorni dopo, dei mafiosi la fermarono mentre tornava a casa, la sera. La caricarono su una macchina, la portarono in un prato e la giustiziarono in quel modo orrendo. Accanendosi su di lei che non aveva colpe, che non aveva fatto del male a nessuno. 


Era ieri, il 12 dicembre, quando l'uccisero così brutalmente. 


Nel suo ricordo, non dimentichiamo mai cos’è la mafia e di cosa è capace. 


Non ha onore, non ha dignità. È solo morte, dolore, ignoranza e vigliaccheria.

Leonardo Cecchi 

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La Melona sogna il ritorno del fascismo

 


La libertà di stampa è sotto attacco. Il diritto alla protesta è sotto attacco. Querele temerarie, intimidazioni, repressione. Violazioni su violazioni delle più elementari regole dello Stato di diritto


Contro giornalisti e attivisti, il governo sta dando il peggio di sé. 


È questo il quadro che esce dall’ultimo rapporto del Civicus Monitor, che ogni anno fa il punto sulle condizioni della democrazia a livello globale. Non ci possiamo sorprendere. Meloni è una leader fortissima sui social ma che non sa affrontare un contraddittorio. Per questo l’Italia deve assomigliare sempre di più a lei, alla sua propaganda. Dove ci sono delle promesse mancate, deve regnare il silenzio. Dove sono più evidenti i danni della destra, calare la censura.  


E così perdiamo pezzi su pezzi della nostra democrazia. 


Finché non ne rimarrà nient’altro che l’ombra

Ilaria Cucchi

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Francesco Valeriano

 


Immediatamente dopo aver saputo del pestaggio, avevo contattato la direzione del carcere. Avevo chiesto come potesse essere accaduto. Ho recuperato quello scambio. 


La direttrice parlava di una “violenta ed imprevedibile aggressione”. 


Si era verificato l’esatto opposto di ciò che dovrebbe accadere davanti agli occhi di uno Stato consapevole, vigile. Che cura, e che non abbandona. Ma Francesco Valeriano e la sua famiglia sono stati abbandonati. Alla sofferenza, a un calvario durato sei mesi, alla morte arrivata ieri 11 dicembre


L’ultimo giorno di una vita che doveva essere recuperata, salvata. 


Il carcere dovrebbe essere una scuola, un luogo in cui si impara a vivere in libertà e con gli altri. Oggi invece è una camera di tortura, alimentata a indifferenza. 


E ne siamo tutte e tutti responsabili

Ilaria Cucchi

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I FALISCI: IL POPOLO ITALICO CHE MINACCIO' LA SOPRAVVIVENZA DI ROMA

 


Nelle terre aspre e vulcaniche a nord di Roma, incastonato tra profonde forre di tufo che tagliano il paesaggio come ferite millenarie, fioriva un tempo il popolo dei Falisci. Questa stirpe italica rappresenta uno dei capitoli più affascinanti e tragici dell'espansione romana nell'Italia centrale.


Abitanti dell'Agro Falisco, con capitale la possente Falerii Veteres, l'odierna Civita Castellana, i Falisci vivevano una peculiare contraddizione identitaria. Sebbene parlassero una lingua strettamente imparentata con il latino, tanto da poter essere compresi dai loro vicini romani, culturalmente avevano abbracciato lo stile di vita degli Etruschi.

Erano, per così dire, dei latini etruschizzati che avevano scelto di guardare verso l'Etruria piuttosto che verso il Tevere. Questa affinità li portò a stringere legami indissolubili con la vicina e potente Veio, influenzando la loro arte, le loro istituzioni e le loro alleanze politiche in modo determinante.


Questa scelta di campo condannò i Falisci a un secolare stato di belligeranza contro l'Urbe. Per tutto il V e IV secolo avanti Cristo, le legioni romane si trovarono a dover fronteggiare questo popolo fiero che, protetto dalle difese naturali delle sue rocche tufacee, minacciava costantemente i confini settentrionali del dominio romano.


Celebre è l'episodio dell'assedio del 394 avanti Cristo, narrato vividamente dagli storici antichi. Si racconta che durante l'assedio posto da Furio Camillo, un maestro di scuola falisco, con l'intento di ingraziarsi il nemico, condusse con l'inganno i figli dei nobili locali fuori dalle mura per consegnarli ai romani come ostaggi.


La reazione di Camillo fu emblematica della fides romana di quell'epoca: rifiutò il tradimento, fece legare il maestro e lo consegnò ai suoi stessi alunni affinché lo riportassero in città a suon di vergate. Questo gesto di nobiltà colpì talmente i Falisci da indurli a una resa onorevole, convinti di non potersi opporre a un nemico tanto virtuoso.

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La pace fu solo una tregua nel lungo scorrere dei secoli. L'atto finale della tragedia falisca si consumò nel 241 avanti Cristo, in un contesto storico ben diverso. Roma aveva appena concluso, vittoriosa ma esausta, la Prima Guerra Punica contro Cartagine.


Approfittando di quello che credevano essere un momento di debolezza dei dominatori, i Falisci osarono ribellarsi apertamente per l'ultima volta. Il calcolo si rivelò fatalmente errato. Il Senato inviò i consoli Quinto Lutazio Cercone e Aulo Manlio Torquato con un esercito imponente per sedare la rivolta.


La risposta romana non lasciò spazio alla clemenza dei tempi di Camillo: in soli sei giorni la rivolta fu soffocata nel sangue, con oltre quindicimila caduti tra le file dei ribelli. La punizione per aver sfidato la dea Roma fu definitiva e irreversibile.


La città roccaforte di Falerii Veteres venne rasa al suolo e abbandonata. Ai superstiti fu imposto di trasferirsi in una nuova città, Falerii Novi, costruita in una zona pianeggiante e priva di difese naturali, affinché non potessero mai più costituire una minaccia militare.


Persino la loro divinità protettrice, Giunone Curite, fu "evocata" e trasferita ritualmente a Roma, sancendo la fine spirituale e politica di un popolo che aveva osato opporsi al destino imperiale dell'Urbe. Oggi restano solo le silenziose necropoli scavate nella roccia, testimoni di una fratellanza di sangue cancellata dalla guerra.


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Le stronzate quotidiane di Cruciani

 


"Mi fa ridere l’idea che ci siano due carabinieri che fanno un inseguimento e che vengono accusati di omicidio stradale, che di solito è un’accusa rivolta ai civili, non ai militari, non agli uomini dello Stato. Ai civili che guidano magari sotto l’effetto di alcol, o comunque con eccesso di velocità.


Qui ci sono dei militari che stavano inseguendo due potenziali criminali. Questo è il punto: due gazzelle dei Carabinieri che stavano inseguendo potenziali criminali. Nessuno sapeva chi fossero questi due signori su una moto rubata. Nessuno lo sapeva. Hanno fatto un inseguimento di otto chilometri, bisogna ricordarle queste cose, otto chilometri dal centro di Milano alla periferia.


Li hanno urtati? Probabilmente sì. A mio parere ci dovrebbe essere il diritto allo speronamento, ma non è possibile che un poliziotto, un carabiniere, una gazzella, le forze dell’ordine, non possano speronare per fermare dei delinquenti. È impensabile! Questa cosa mi fa impazzire. Da oggi in poi, dopo che dei militari sono sotto accusa e andranno probabilmente a processo per omicidio stradale, ma quale gazzella dei Carabinieri, quale volante della polizia si metterà a inseguire sapendo che un inseguimento può finire male, com’è normale che sia, e che tu puoi finire sotto processo con un avvocato da pagarti, con un risarcimento da dare, eccetera?


Io mi metto nella testa dei carabinieri e dei poliziotti che conosco: molti sicuramente faranno il loro dovere, altri, giustamente, si fermeranno. Dopo un inseguimento, invece di inseguire, si fermeranno!"

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“Il Paese non vuole più questo Governo” Maurizio Landini

 


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Le ragazze del radio

 


Quando Grace salì sul banco dei testimoni, con nemmeno la forza di alzare le braccia, forse ripensò a come sarebbe potuta essere la sua vita se non avesse lavorato per pochi mesi per quella maledetta fabbrica.

Era stata assunta nel 1917, come altri cento operai, perlopiù donne, per dipingere soprattutto i quadranti degli orologi che l’US Radium Corporation produceva nello stabilimento in New Jersey. Le lavoratrici, con pennelli sottili, avevano il compito di spargere l’undark, una speciale vernice che di notte emetteva una luce verdastra, rendendo speciali gli orologi realizzati. Tale effetto era provocato dalla presenza del radio tra i componenti della tintura.

Già allora gli studi di Marie Curie, premio Nobel nel 1911 proprio per la scoperta di questo elemento chimico, dimostravano che la lunga permanenza a contatto con il radio era profondamente pericolosa per la salute. Ovviamente anche i vertici dell’US Radium Corporation erano a conoscenza di tali effetti.

Ma per l’azienda fare profitti era più importante che salvaguardare la vita delle lavoratrici e quegli orologi che risplendevano al buio erano un successo sul mercato (specie in quello bellico). Così per anni e anni donne giovani e meno giovani passarono intere giornate a contatto col radio, inumidendo i pennelli con la propria saliva per renderli più sottili e precisi nelle applicazioni.

Dapprima si manifestarono piaghe in bocca, caduta dei denti, dei capelli e anemia cronica, poi col tempo arrivarono le malattie più gravi: tumori alle ossa, alla mascella, leucemie, sarcomi. Molte di loro morirono precocemente e tra atroci sofferenze. Quando i primi medici iniziarono ad interessarsi alle condizioni delle lavoratrici, anche su pressione di associazioni dei consumatori e dei lavoratori, la proprietà cercò di insabbiare la faccenda.

Nel 1927 Grace Fryer, ex lavoratrice, seguita da altre cinque operaie, decise di far causa all’azienda. Quello che seguì fu un processo che modificò radicalmente il mondo del lavoro negli USA. Nonostante la US Radium, attraverso dei periti di parte, cercò di sviare dal radio la responsabilità delle malattie, e nonostante avesse pagato il silenzio di alcuni lavoratori, perse il processo anche grazie all’intervento di diversi uomini e donne di scienza che supportarono la causa delle operaie.

Alle lavoratrici, che poco tempo dopo morirono, fu riconosciuto un risarcimento (molto meno di quello richiesto), il pagamento delle cure mediche e un assegno mensile. Il loro sacrificio permise di accendere l’attenzione dell’opinione pubblica sul tema delle malattie professionali. E dimostrò che non tutti erano disposti a morire in silenzio per permettere alle aziende che speculavano sulla vita dei lavoratori di arricchirsi ancora di più.


Cronache Ribelli

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Sti ignorantoni parlano di letture...

 

Qualcuno doveva pur dirlo a questi ultimi pazzi che pensano di avere la verità in tasca e fanno sempre casini mediatici per mostrificare cose e persone, mentre la gente - quella vera, che vive le nostre città - non se li fila più.



Sono più "pericolosi" proprio per questo, ultimi colpi di una mafia antifascista che, prima con Altaforte al Salone del Libro e poi con Passaggio al Bosco a Roma, cerca di delegittimare e mostrificare ogni cosa che non gli piace.


Perché l'idea della destra che hanno loro è completamente sbagliata e stanno diventando proprio ciò che dicono di combattere... Dei talebani del pensiero, dei censori a senso unico, dei carcerari solo con chi non la pensa come loro.


Iniziate a leggere davvero, perché da noi si legge e pure tanto, lo dimostrano centinaia di conferenze. Dite il contrario e non vi crede più nessuno. Leggete davvero e salvatevi.

Asso di Bastoni

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Roberto Fassi

 Roberto Fassi

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Roberto Fassi - Immagine tratta dalle figurine Panini Campioni dello Sport 1970


NazionalitàItalia (bandiera) Italia
Arti marziali
Specialitàjūjutsu, Judo, kobudo, Aikidō, Karate, Kung Fu (Shaolin Chuan e Tai Chi Chuan)
Palmarès



 Campionati Mondiali di Arti Marziali Tradizionali Honolulu Stati Uniti (bandiera) Stati Uniti 1980
OroPrimo posto nella gara senza armiShaolin Chuan
OroPrimo posto nella gara senza armiTai Chi Chuan

 

Roberto Fassi (Roma, 29 gennaio 1935Varese, 12 marzo 2014) è stato un artista marziale italiano che si è occupato della divulgazione delle discipline marziali orientali in Italia e in Europa. Ha scritto e contribuito alla stesura di numerosi libri, saggi e articoli. Ha avuto un’esperienza ricca nel campo delle arti marziali, praticando numerose discipline tra cui judo, jūjutsu, kobudo, aikido, karate, kung fu e, in misura minore, yoga, kalaripayattu e kali[1].

Biografia

«Il Maestro Fassi ha esplorato a pieno le culture di tutte le arti marziali classiche ed è davvero sorprendente, perché ha percorso a ritroso la Via del Buddismo (Zen, Chan, Dyana). Egli ha conosciuto il corpo con la dura pratica del Karate giapponese, ha stimolato la propria mente con la vastità del Kung Fu cinese, ha manifestato il proprio spirito con la saggezza dello Yoga»

Periodo dal 1935 al 1963

Nato a Roma il 29 Gennaio 1935, Roberto Fassi si è laureato in Chimica industriale ed è stato un dirigente di importanti aziende chimiche internazionali[3]. Il suo lavoro lo ha portato a viaggiare frequentemente all'estero, particolarmente in Europa, in Oriente e negli Stati Uniti. Durante queste occasioni, ha avuto modo di approfondire la conoscenza culturale dei luoghi ed entrare in contatto con personalità che contribuirono ad arricchire le sue competenze nel mondo delle arti marziali.

La prima esperienza di Roberto Fassi con le arti marziali la ebbe in età liceale con il jūjutsu, nel 1953. Successivamente iniziò lo studio del judo sotto la guida del M° Tadashi Koike[4]. Nel corso del tempo acquisirà il tempo il grado di cintura nera 1º Dan (così come nel judo)[1].

Tempo dopo, venne a conoscenza di una disciplina che in quel periodo era ancora emergente in Europa: il karate. Dopo essersi largamente documentato, provò a studiarlo dapprima come autodidatta, in seguito con un insegnante. I primi passi li fece con il M° Shoji Sugiyama nel 1960, sebbene si trattasse di un corso di atemi[5]. Ben presto si accorse dei limiti delle lezioni, così decise di seguire, parallelamente ai suoi studi in Italia, tutti gli stage disponibili direttamente a Parigi, nel dojo del M° Henry Plèe. Sotto la sua guida, acquisì la cintura marrone nel 1963. Sempre in quell'anno, iniziò ad insegnare a Milano e in Lombardia ad un ristretto gruppo di allievi.

Periodo dal 1964 al 1975

Nonostante gli obiettivi raggiunti, Roberto Fassi era sempre alla ricerca di un maestro di karate disposto ad operare stabilmente in Italia. Con il passare del tempo il numero dei suoi allievi era notevolmente aumentato e Fassi sentiva la necessità di un aiuto consistente da parte di un maestro di esperienza, tant'è che invitava periodicamente i maestri Nanbu e Chouk per tenere degli stage[5].

Nel 1965 chiese consiglio a Henry Plèe, il quale gli suggerì di chiedere al M° Masatoshi Nakayama, allora capo istruttori della JKA[1], dei nominativi. La domanda venne fatta tramite l'invio di lettere congiunte da parte sia di Plèe che di Fassi. Nakayama li informò che erano disponibili quattro maestri: Keinosuke Enodea, Hirokazu Kanazawa, Hiroshi Shirai e Taiji Kase. Nel Novembre di quello stesso anno, Roberto Fassi li invitò a Milano in occasione di una dimostrazione al Palalido[6]. Emerse che tutti e quattro avevano precedentemente accettato delle offerte in altri paesi europei (tranne Kanazawa che ritornò in Giappone[1]). Shirai decise invece di rimanere, confessando di essere rimasto favorevolmente colpito dalla lettera che gli aveva inviato Fassi[7]. Stabilì la sua palestra a Milano[8] per insegnare karate Shotokan.

Negli anni successivi, Roberto Fassi raggiunse il grado di cintura nera 6º Dan, partecipò a svariate dimostrazioni e gare. Inoltre Ricoprì l'incarico di arbitro nei campionati mondiali di karate-do a Los Angeles e Tokyo, rispettivamente nel 1975 e nel 1977[1].

Agli inizi degli anni 70, conobbe a New York Toshio Tamano, maestro di Kobudo e Goju-ryu di Okinawa[4]. Fassi colse l'occasione e lo invitò ad insegnare a Milano, diventando egli stesso maestro della disciplina con il grado di 4º Dan[1]. Con l'introduzione del kobudo di Okinawa da parte di Fassi, allora sconosciuto in Italia, si determinerà l'apertura di nuove scuole dedite alla sua divulgazione e insegnamento[9]. Fassi ebbe inoltre l'occasione di imparare l'Aikido a Milano grazie al M° Hiroshi Tada[2].

Periodo dal 1976 al 1991

Nel 1976 il M° Giuseppe Perlati parlò a Fassi di un maestro cinese che risiedeva a Bologna[4], il M° Chang Dsu Yao, che si era distinto per le sue conoscenze nel campo delle arti marziali cinesi, in particolare nello Shaolin Chuan e nel Tai Chi Chuan. Queste discipline erano pressoché sconosciute nell'ambito delle arti marziali italiane e Fassi si incuriosì quando Perlati gli disse che lo shaolin era il progenitore del karate[6]. Decise pertanto di conoscere Chang Dsu Yao di persona. Resosi conto del potenziale che poteva esprimere, lo invitò a Milano (la sua palestra la stabilirà in questa città[8]) ad insegnare[6][4], diventando lui stesso suo allievo.

Dalla collaborazione tra i due, ne conseguì l'apertura di nuovi corsi dedicati al Tai Chi Chuan e allo Shaolin Chuan, rivoluzionando in quel campo d'interesse il sistema di insegnamento fino ad allora seguito nelle palestre[3]. Le nuove metodologie adottate assieme al programma d'insegnamento pose le basi per la nascita di quella che in futuro si sarebbe chiamata Scuola Chang.

Nel 1980 fu fondata la C.T.M.A.E.[4] (Chinese Traditional Martial Arts Europe), il cui scopo consisteva nella divulgazione del Kung Fu. Fassi ricoprì la carica di Presidente. Assunse inoltre le mansioni di Presidente della FeIK (Federazione Italiana Kung Fu) dal 1981 al 1983[3].

Ne 1981 partecipò ai campionati mondiali di Kung Fu organizzati dalla CKWPA (Chinese Worldwide Kuoshu Promotional Association), piazzandosi al primo nella gara di forme senza armi sia nel tai chi chuan che nello shaolin chuan. Stabilì la sua palestra a Milano[8]. Per tutto il resto del decennio, diresse la squadra nazionale italiana di Kung Fu. Di notevole interesse fu la sua partecipazione ai campionati mondiali di Tainan nel 1983 e a quelli di Las Vegas nel 1989[1]. Nel 1991 acquisì il grado di cintura oro, 6° Chieh di tai chi chuan e shaolin chuan.

Periodo dal 1992 al 2014

Dopo la morte del M° Chang, avvenuta nel 1992, Fassi continuò l'opera di divulgazione e promozione della scuola di Kung Fu mediante stage, seminari e dimostrazioni in Italia e in tutto il mondo. Porterà avanti la sua attività ininterrottamente per tutta la vita. Fu anche docente di Tai Chi Chuan presso il corso di laurea in Fisioterapia della facoltà di Medicina e Chirurgia dell'università degli studi di Milano[1].

Ebbe modo di addentrarsi nella pratica dello Yoga del maestro Iyengar[10]. Ne rimase talmente affascinato che Fassi stesso consigliava ai propri allievi di studiare lo Yoga per "approfondire l'ascolto di sé e lavorare in maniera molto analitica sulla triade di corpo-mente-spirito”[5].

Nel 2011 Fassi ebbe il riconoscimento da parte dell'USAcli dei gradi 8º Dan di Karate e 9° Chieh di Shaolin e Tai chi chuan[6].

Roberto Fassi dimostrò una particolare sensibilità anche in campo umanitario. Dalla prima metà degli anni 90 in poi pose la sua attenzione verso i Dalit dell'India (gli intoccabili). Nel corso degli anni si cimentò in varie iniziative di raccolti fondi, che culminarono con la costruzione di una scuola superiore presso la missione della città di Mehsana, il cui scopo è offrire un buon grado di istruzione ai ragazzi ospitati nella struttura[11].

Morì il 12 marzo 2014, a 79 anni, per una rara malattia polmonare.[12] Riposa nel cimitero di Belforte a Varese.

Note


  1. Chang Dsu Yao, Roberto Fassi, Corso di T'ai Chi Ch'uan, Milano, De Vecchi Editore, 2008, p. 380, ISBN 978-88-412-2052-8.
  2. ^ Rino Echelli, Andrea Longoni, Il kobudo Shorei Kai, in Samurai.
  3. ^ Purtroppo dalle fonti non è indicato il periodo precisio di inizio
  4. ^ Roberto Fassi, Copia archiviata (PDF), su seishikaratedo.com (archiviato dall'url originale il 24 settembre 2016).
  5. ^ web.archive.org, https://web.archive.org/web/20160617004112/http://www.kungfuchangcuneo.it/?page_id=81.

Bibliografia

  • Roberto Fassi. Il Bo: arma tradizionale del karaté. Milano, G.E.P., 1977.
  • Roberto Fassi. Il karaté. Milano, De Vecchi Editore, 1990. ISBN 88-412-8034-4.
  • Chang Dsu Yao, Roberto Fassi. Tai Chi Chuan. De Vecchi Editori, Milano, 1989.
  • Chang Dsu Yao, Roberto Fassi. Il Kung Fu, le tecniche fisiche e mentali per l'autodifesa, De Vecchi Editore, Milano, 1990.
  • Chang Dsu Yao, Roberto Fassi. Il Tai Chi Chuan: il segreto dell'energia vitale, De Vecchi Editori, Milano, 1991. ISBN 978-88-412-2013-9.
  • Chang Dsu Yao, Roberto Fassi. Corso pratico di Tai Chi Chuan, De Vecchi Editori, Milano, 1992. ISBN 978-88-412-2019-1.
  • Chang Dsu Yao, Roberto Fassi. Enciclopedia del Kung Fu Shaolin, vol. 1. Roma, Edizioni Mediterranee, 1993. ISBN 978-8827200162.
  • Chang Dsu Yao, Roberto Fassi. Enciclopedia del Kung Fu Shaolin, vol. 2. Roma, Edizioni Mediterranee, 1993. ISBN 978-8827202111.
  • Chang Dsu Yao, Roberto Fassi. Enciclopedia del Kung Fu Shaolin, vol. 3. Roma, Edizioni Mediterranee, 1989. ISBN 978-8827203569.
  • Chang Dsu Yao, Roberto Fassi. Corso di T'ai Chi Ch'uan. Milano, De Vecchi Editore, 2008. ISBN 978-88-412-2052-8.
  • Ignazio Cuturello, Roberto Fassi, Davide Magni e Francesco Tomatis. Corpo e preghiera, la Via del T'ai Chi Ch'úan. Roma, Città Nuova, 2012. ISBN 978-88-311-7399-5.
  • Roberto Fassi, T'ai Chi Ch'uan e preghiera cristiana, in Popoli, Maggio 2006, pp. 36-37. URL consultato il 6 aprile 2018 (archiviato dall'url originale il 6 aprile 2018).
  • Roberto Fassi, L'affascinante storia del bo, il "bastone lungo di Okinawa", in Samurai, 1976, pp. 19-21.
  • Roberto Fassi, Sensei Toshio Tamano, in Samurai, 1978.
  • Roberto Fassi, Il favoloso Shaolin Chuan, in Samurai, 1980.
  • Roberto Fassi, Kobudo: il Karate a mano armata (PDF), in Samurai, 1978, pp. 33-40. URL consultato il 6 aprile 2018 (archiviato dall'url originale il 6 aprile 2018).
  • AA.VV. 30 anni di samurai. Milano, Luni editrice - Publication & Promotion, 2006. ISBN 9788874350346.
  • AA.VV. Enciclopedia delle arti marziali. Milano, Luni Editrice – (Samurai) Sport Promotion, 2001. ISBN 978-8879842334

Altri progetti

Collegamenti esterni

Controllo di autoritàVIAF (EN36954293 · ISNI (EN0000 0000 5381 4746 · LCCN (ENno2004064769 · BNF (FRcb12143507z (data)
  • Francesco Tomatis, Fassi, il Maestro dei contrari (PDF), su kungfuchangcuneo.it, ©Francesco Tomatis – Riproduzione riservata, 2015 (archiviato dall'url originale il 16 giugno 2016).
  • ^ Marco Renne, Maestro Fassi: un regista delle arti marziali, su seishikaratedo.com. URL consultato il 18 maggio 2016 (archiviato dall'url originale il 24 settembre 2016).
  • Chang Dsu Yao, Roberto Fassi, Enciclopedia del Kung Fu Shaolin Vol 1º, Roma, Edizioni Mediterranee, 1993, pp. 9, 124, ISBN 88-272-0016-9.
  • Yumi Shirai, Intervista al Maestro Roberto Fassi, in Karate Do Magazine, 2013.
  • Sergio Roedner, Quei cento terribili Bassai Dai, su mushotoku.it, Samurai Bushido (archiviato dall'url originale il 5 febbraio 2018).
  • Sergio Roedner, Quei cento terribili Bassai Dai, su roedner.xoom.it, Samurai Bushido (archiviato dall'url originale il 1º marzo 2015).
  • ^ Roberto Fassi ha sottolineato in più interviste che in realtà la lettera inviata al M° Hiroshi Shirai fu scritta da sua moglie e che lui non se la sentì di confessarlo al maestro
  • https://it.wikipedia.org/wiki/Roberto_Fassi 

    Perugia, il maestro di arti marziali Giuliano Fulvi trovato senza vita nella sua palestra

     dimitri granciuc

     

     31 Ottobre 2011

     

    Il maestro Giuliano Fulvi (foto da www.ilguerriero.it)

    La notizia si è diffusa veloce proporzionalmente a quanto il personaggio era conosciuto e amato: Giuliano Fulvi, il celeberrimo maestro di arti marziali di Perugia, è stato trovato senza vita nel primo pomeriggio di lunedì nella sua palestra in via Piccolpasso.

    Le indagini Il corpo del 58enne è stato trovato senza vita nel luogo da lui più amato, la palestra di via Piccolpasso. Sulla vicenda stanno compiendo accertamenti i carabinieri della compagnia di Perugia. Dalle prime informazioni, l’ipotesi più accreditata è che si tratti un suicidio. Fulvi aveva vissuto anni fa il dramma della morte del figlio Daniele, che lo aveva segnato nel profondo. Lascia la moglie e una figlia.

    Il curriculum Nato a Perugia nel 1953, fin dall’età di 17 anni ha iniziato a studiare Judo, Ju-Jitsu, karate e dal 1977 Kung Fu, fino ad arrivare allo shaolin classico della Cina del nord e al Tai Chi Chuan. Alle arti marziali, Fulvi ha affiancato lo studio della filosofia e del massaggio cinese.Nel 1992 ha fondato la “Italy Chinese Kung Fu Association. Nel 1996 è stato fondatore, presidente e giudice della “World Chinese Kung Fu Association”. Attraverso le arti marziali, si è recato in molti paesi, dove ha svolto attività di cooperazione. Tra questi, Cuba e il Libano, dove ha fondato le palestre intitolate al figlio Daniele, decenuto in un tragico incidente stradale.Nel 2004 ha fondato la “Tui Na Chinese Massage Academy”.A Perugia ha insegnato i segreti delle arti marziali e della disciplina da usare anche nella vita di tutti i giorni a centinaia di ragazzi e ragazze.

    Profonda tristezza La sua morte lascia una profonda tristezza in tutti quelli che lo hanno conosciuto. E, a conferma di questo, fin dalle prime ore del pomeriggio, appena la notizia della tragica scomparsa si è diffusa, una mesta affluenza di amici e frequentatori della palestra ha voluto rendere omaggio ad un personaggio “silenzioso” che sicuramente ha dato a molti giovani non solo una formazione fisica ma anche umana.

    Questo contenuto è libero e gratuito per tutti ma è stato realizzato anche grazie al contributo di chi ci ha sostenuti perché crede in una informazione accurata al servizio della nostra comunità. Se puoi fai la tua parte. Sostienici

     

     https://www.umbria24.it/cronaca/perugia-maestro-arti-marziali-giuliano-fulvi-trovato-vita-palestra/

     

    Morto Aldo Mercuri, il famoso maestro di karate aveva 62 anni: lutto a Lamezia Terme e nel mondo delle arti marziali

     


    Gli era stato diagnosticato un cancro che non gli ha lasciato scampo. Molto amato perché considerato un eccellente preparatore atletico e un mentore

     

    Morto maestro di karate Aldo Mercuri: lutto a Lamezia Terme e nel mondo delle arti marziali
     
     
    lunedì 15 luglio 2024, 17:42 - Ultimo aggiornamento: 17:52
     
    Anche il sindaco di Lamezia Terme Paolo Mascato ha voluto scrivere un messagio per ricordare Aldo Mercuri, un noto maestro di karate della cittadina calabrese, scomparso poche ore fa. Oggi si sono tenuti i  funerali. Mercuri aveva 62 anni ed è morto per via di un cancro. Insegnante di scienze motorie alla scuola secondaria di primo grado Manzoni di Lamezia Terme, era anche titolare della palestra Esprit. Ha conquistato numerosi trofei nel karate sia a livello personale che come preparatore di numerosi suoi atleti.

    Era conosciutissimo in tutta la Calabria e non solo: lo dimostrano i tantissimi messaggi di affetto che continuano a essere postato sui social network. 
     

    Morto maestro di karate Aldo Mercuri: lutto a Lamezia Terme e nel mondo delle arti marziali

    Il primo cittadino lo ricorda come «uno sportivo pluripremiato e un atleta affermato ma soprattutto un mentore che ha influenzato profondamente la vita di molti giovani». 

    E così infatti viene ricordato.

    E ancora: «Aldo Mercuri è stato prima di tutto un esempio di integrità e dedizione. La sua intransigenza, unita a un profondo senso di giustizia e rispetto, ha forgiato non solo atleti, ma persone consapevoli dell’importanza del comportamento corretto e del rispetto reciproco. Il suo lavoro come maestro di karate ha lasciato un’impronta indelebile nella comunità sportiva e educativa. I diversi riconoscimenti di cui il Maestro Mercuri è stato investito, di cui si ricorda tra gli ultimi in ordine di tempo la nomina come preparatore atletico e docente federale della nazionale italiana di karate dalla federazione mondiale WUKF (World Union of Karate), hanno sempre testimoniato non solo la sua eccellenza come tecnico sportivo, ma anche il suo impegno costante per l’elevazione dei valori educativi e morali dello sport».

    Sui social è un'esplosione di commenti affettuosi verso il maestro Mercuri. Sono tantissimi gli atleti giovani e meno giovani che si sono allenati con lui e che ci hanno tenuto a lasciare un impressione, un ricordo, un aneddoto che descrivesse questo sportivo che era molto noto nella comunità lametina. 

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    Scrive Claudio: «Amico mio Aldo Mercuri, ho sperato che tutto andasse per il verso giusto....purtroppo la storia è andata diversamente, sei stato un Grande Amico, un Grande preparatore Atletico ed un Grande Maestro di Arti Marziali, abbiamo vinto tante cose insieme, mi mancherai moltissimo.. Ti Voglio Bene....anche se tu già lo sai». Anche Fabio (un altro allievo di Mercuri) lo omaggia così: «Non ho parole Aldo Mercuri, il mio primo ed unico maestro di Karate. Con te ho trascorso tutta la mia più bella adolescenza ed oltre. Non eri solo un Maestro ma amico e confidente. Con te, le mie più grandi emozioni e ti ringrazierò per tutta la vita. Mi mancherà il tuo sorriso ed il saperti sempre disponibile come nessuno mai ma purtroppo l'infinito si porta sempre via troppo presto le migliori persone. Ti terrò nel cuore credondo di trovarti sempre lí, in palestra. Ciao Amico mio tvb». E Luca: «Dottò fate buon viaggio,un grande amico un grande dottore siete stato un grande signore in tutto». 

    L'impressione che stiano scrivendo davvero tantissime persone, e non solo interessate al mondo del karate, perché Mercuri era amato e benvoluto.

    Ma ci sono anche i messaggi dei compagni di chemio con i quali il maestro Mercuri ha condiviso tante ore con la flebo attaccata. Igori scrive: «Avevi promesso di insegnarmi il karate, mi avevi promesso che saremmo andati ad Assisi. Ti avevo promesso che avremmo fatto tante cose insieme per il futuro. Te ne sei andato e mi hai lasciato solo. Su quelle poltrone durante la chemio tante cose ci dicevamo, speravamo, scherzavamo per ingannare tempo e il mostro che ci ha attaccato. Mi dite come c...o si può combattere ad armi pari con un maledetto come questo? E' troppo forte questo bastardo. Oggi mi sento solo, mi sento tanto solo. Maestro ti ho voluto tanto bene, le mie preghiere non sono servite, alla fine sei tornato alla Casa del Padre, prega per me ora, fammi da angelo custode in questa mia lotta. Ho paura, per la prima volta ho veramente paura. Addio Maestro , il migliore di noi è andato via». 

    Messaggi trasversali, dal mondo del karate ma anche da semplici amici e conoscenti che hanno voluto postare una foto di quei sorrisi ottimisti di Mercuri che infondevano forza e coraggio, i valori dello sport. 

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    https://www.ilmessaggero.it/persone/aldo_mercuri_morto_maestro_karate_cancro_lamezia-8242745.html 

     

     

     

     

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    Toshio Yamada, morto a Roma il maestro giapponese di karate: arti marziali in lutto

     

    Toshio Yamada, morto a Roma il maestro giapponese di karate: arti marziali in lutto

    di Emilio Orlando

    Mondo del karate in lutto per la morte improvvisa del maestro Toshio Yamada. Aveva centinaia di giovani al karate, togliendoli dalla strada e insegnando loro anche disciplina e stili di vita sani.  Era nato a Osaka il 18 aprile 1950. Un mito nell'universo delle arti marziali era stato allievo del maestro Kanazawa e del maestro Kase dopo una lunga formazione all' università Takushoku di Tokio. Da molti ritenuto il più grande tra i maestri giapponesi, a livello mondiale, della sua generazione. ha sempre avuto una vita ritirata rifiutando incarichi e proposte di collaborazione. Ha avuto un impronta fondamentale nel karate italiano dove tutti rimpiangono il suo grande spirito umano e la sua eccezionale abilità tecnica e agonistica tramandata a molti giovani allievi. Era arrivato arrivato in Italia nel 1979 a fianco del M° Miura nella S.K.K.I.

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    Nella biografia riportata nel sito www.karateshotokancagliari.it, è scritto: «questo Maestro colpì subito per la modestia e la riservatezza che aveva fuori dal tatami e per il notevole bagaglio tecnico che mostrava in pedana dove ha invece fama di essere un duro durante gli allenamenti: sacrificio, disciplina, correttezza e buone maniere sono alla base del suo allenamento, improntato alla più pura tradizione Shotokan. Nel 1988 fonda la S.K.I.F. Grecia e dal 1992 al 1999 è direttore tecnico della JKA-Italia. Nel 2010, pur rimanendo fedele agli insegnamenti e ai principi del M° Kanazawa, fonda la K.S.K.A. International. A conferma delle affinità tecniche con la S.K.I.F., il M° Yamada svolge annualmente seminari tecnici nelle sedi S.K.I.F. di diversi paesi europei, tra cui Austria, Germania, Svizzera, Grecia e Inghilterra. Attualmente è 8° Dan». Nella Capitale insegnava karate nella palestra “Fitness center Donna Olimpia”.

    https://www.leggo.it/italia/roma/arti_marziali_lutto_la_morte_roma_maestro_giapponese_di_karate_toshio_yamada-7200260.html 

     

    Lo sport trentino piange la scomparsa di Dario Tarabelli: "E salito sul tatami celeste". Paola Mora (Coni): "Non era solamente un maestro di judo, ma di vita"

     


    Maestro benemerito, settimo dan, Tarabelli era stato insignito del titolo di Cavaliere della Repubblica per merito sportivo. A giugno aveva compiuto 90 anni, tutti praticamente trascorsi sul tatami, prima come atleta e poi come insegnante. Ha cresciuto migliaia di judoka, con oltre 200 cinture nere diplomate nella sua scuola

    TRENTO. Non era solamente il "Maestro" (con la "M" maiuscola) del judo in Trentino, ma un'icona sportiva di tutta la Provincia.

     

    Il modo dello sport trentino piange la scomparsa del maestro benemerito Dario Tarabelli. E' stata la figlia Angelica, che ha ereditato dal padre la scuola "Sd Dojo - maestro benemerito Dario Tarabelli", ad annunciarlo con un commovente post sui social.

     

    "Il mio papà, il mio Maestro, il mio eroe. È salito sul tatami celeste questa sera. Un dolore grande, un'eredità immensa d’amore che trasmetteremo come ci hai insegnato".

     

    Maestro benemerito, settimo dan, Tarabelli era stato insignito del titolo di Cavaliere della Repubblica per merito sportivo. A giugno aveva compiuto 90 anni, tutti praticamente trascorsi sul tatami, prima come atleta e poi come insegnante. Ha cresciuto migliaia di judoka, con oltre 200 cinture nere diplomate nella sua scuola.

     

    Ha iniziato ad insegnare judo a Trento nel 1966 e, due anni più tardi, ha aperto sua prima scuola in centro a Trento, trasferendosi successivamente in via Fogazzaro, dove tutt'ora sorge la palestra.

     

    Nel 2007, in Germania, conquistò il titolo europeo nella categoria "Veterani" e l'anno successivo, vinse il titolo mondiale "Master".

     

    Sono in tantissimi, oggi, a piangere la sua scomparsa: per generazioni e generazioni di trentini, il Maestro Dario Tarabelli non è stato solamente un allenatore, un tecnico, un coach, ma un esempio. Insomma, un Maestro vero e proprio.

     

    "Dario Tarabelli - lo ricorda così Paola Mora, presidentessa del Coni Trentino - è stato un bellissimo esempio di dirigente, atleta e volontario, una persona di grande umanità e spessore. Lo conoscevo benissimo, ho sempre partecipato molto volentieri alle iniziative e alle sue ricorrenze. Lui insegnava non solamente il judo, ma la vita".

     

    "Il Judo Trentino si unisce al dolore della famiglia Tarabelli per la scomparsa del Maestro Benemerito Dario Tarabelli. Un uomo che ha dedicato la sua vita al Judo, come atleta e come insegnante, trasmettendo con passione i valori di questa disciplina a generazioni di giovani. La sua figura ha lasciato un segno profondo nel movimento judoistico trentino e nazionale. Alla famiglia, ai suoi cari e a tutti coloro che lo hanno conosciuto, giungano le più sincere condoglianze da parte di tutto il Comitato Trentino FIJLKAM – Settore Judo. Ciao Maestro, il tuo spirito resterà per sempre sui nostri tatami" ha scritto il Comitato Trentino della Federazione Italiana Judo Judo Lotta Karate Arti Marziali.

    https://www.ildolomiti.it/cronaca/2025/lo-sport-trentino-piange-la-scomparsa-di-dario-tarabelli-e-salito-sul-tatami-celeste-paola-mora-coni-non-era-solamente-un-maestro-di-judo-ma-di-vita