-Marco Margrita- La chiusura de"L'Unità" è una pessima notizia. Lo scrivo – precisazione in altri tempi inutile, in questi di grullo grillismo mainstream è necessaria – senza alcun spirito di casta giornalistico.
L'Unità è stato, al liceo, con grande scorno dei professori moderati poi tutti fattosi ordinariamente progressisti perché l'antiberlusconismo è d'obbligo, uno dei quotidiani che ha accompagnato la mia alfabetizzazione giornalistica (con Il Sabato ormai in dirittura finale , L'Avvenire, Il Giornale e Il Manifesto, qualche tempo dopo "Il Foglio"). Certo, poi, l'ho abbandonata. Mi capita, oggi, ma non è stato diverso quando la mannaia è caduta su "Il Secolo d'Italia", di sentirmici anche un po' in colpa.
L'Unità ha parlato ad una parte e di una parte dell'Italia. Un quotidiano anche di partito. Evidentemente partigiano, ma prima di tutto un giornale (si pensi alla direzione Macaluso, ma anche a quella di Veltroni).
Mi è capitato di scrivere per quotidiani di partito (di ben altra parte, e quando contavano assai meno) e credo di poter dire che siano più liberi, proprio perché di e dentro una parte.
Su "L'Unità" ho letto – quando le cose si vede sparirle, ci si riaffezziona – un intenso articolo dello scrittore e giornalista Andrea Di Consoli, che mi è prossimo per età. Mi piace riportarne un ampio stralcio.
"Qui, in questa casa contadina, quando ero adolescente – e sono trascorsi più di vent’anni – ogni giorno leggevo L’Unità e, insieme a esso, il Corriere della Sera e Il Giornale di Indro Montanelli.
Compravo tre giornali al giorno pur provenendo da una famiglia con pochissime disponibilità economiche. Risparmiavo su tutto pur di poter leggere i miei amati giornali. Oggi, invece, noto con raccapriccio e contrarietà che i giovani vogliono tutto gratis su internet, ignorando pericolosamente che i contenuti importanti costano molto, sia in termini economici che organizzativi. Eppure trovano i soldi per tutto, i nostri giovani: per bere la sera, per drogarsi, fare le vacanze, vestirsi alla moda, comprare cellulari sempre più accessoriati.
Per la cultura e l’informazione, invece, riducono al minimo le spese, perché tanto si trova tutto gratis su internet. Prudenza politica e buonismo culturale indurrebbero a non chiamare mai in causa i giovani, perché essi, purtroppo, avrebbero sempre ragione. Non la penso così, e voglio dirlo proprio in questo triste giorno di commiato. Ho letto poche ore fa un commento su internet. Un orrido «utente» vi ha scritto: «Spero che dopo l’Unità chiuda anche la Rai».
Costui, senza saperlo, sta giocando col fuoco, ignorando che una società senza pluralismo potrebbe nel breve periodo significare due cose: nel migliore dei casi, una società immiserita culturalmente e preda di poteri occulti; nel peggiore dei casi, una società manipolata dalle moderne, e dunque subdole, forme di autoritarismo. La subcultura che li domina li porta a sognare velleitariamente una società senza potere".
Il "luogocomunismo" impone si dica e scriva che per "la carta non c'è futuro" e, in omaggio a quel Grillo che col suo vetusto blog fa guadagnare a suon di click laCasaleggio&Associati, che "i contributi all'editoria sono un furto". Mi spiace, ma non mi accomodo al banchetto funebre.
Non posso dire che abbia dovuto sacrificarmi per acquistare, liceale tutto sommato fortunato, quella fascetta che faceva indispettire i professori del "bisogna seguire il programma" (e la sinistra ha una responsabilità enorme, tutto mi fu più chiaro approfondendo Del Noce, nell'essersi suicidata per assimilazione alla burocrazia dei garantiti e al loro radicalismo borghese). Facevo, però, una scelta preferendolaall'adolescentismo gratuito della discoteca e della canna.
Quando chiudono i giornali c'è sempre da essere tristi: si diventa più poveri, più esposti al "pensiero unico". Più banali. E nulla è più banale della rabbia giovanilista.
Quella de "L'Unità", come di ogni altro giornale, è una perdita grave. Anche per pensa che l'informazione sia una cosa che ti può dar gratis la rete.
Soprattutto per quegli imbecilli.
http://www.articolotre.com/2014/08/a-presto-cara-vecchia-lunita/
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