La morte può essere sconfitta?
In giallo, i telomeri |
Nel post Lettera a Galimberti avevo scritto:
Io sostengo che la morte è un fenomeno come tutti gli altri: considerarlo un unicum è un bias, comprensibilissimo, ma pur sempre un bias.Tutto nasce e tutto muore.Un'irrinunciabile convinzione. In realtà è solo una nostra idea basata sull’esperienza comune, cioè basata sul nulla.La morte - che a noi sembra essere un fenomeno unico - è semplicemente un fenomeno: come il fulmine, la pioggia, la nascita di un gatto.Noi vi abbiamo - per ovvi motivi - ricamato sopra nel corso dei millenni ma io sono persuaso che essendo un fenomeno come tutti gli altri potrà un giorno essere compreso, governato e per così dire "sconfitto".
Ero arrivato a questa conclusione applicando semplicemente quello che io chiamo il "principio della rivoluzione copernicana". Principio che formulerei banalmente così:
La comprensione di ogni fenomeno è funzione del tempo.
Mi rendo perfettamente conto che le mie convinzioni possono apparire poco credibili se non addirittura bizzarre. Ma qualcosa comincia a muoversi - in tale direzione - anche nel campo scientifico.
Un recente articolo pubblicato (6 febbraio 2012) sulla rivista Pnas (Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America) ha il seguente significativo incipit:
Some animals may be potentially immortal
sufficiente credo a scardinare la nostra convinzione incrollabile sull'ineluttabilità della morte.
Provo a condensare in poche parole l'articolo.
Gli organismi invecchiano - e muoiono - perché le estremità dei cromosomi (i cosiddettitelomeri*) dopo alcune decine di replicazioni della cellula si accorciano a tal punto che le cellule perdono la capacità di replica (the cells become senescent in adults as telomeres shorten to a critical length).
Schmidtea mediterranea |
Ora gli scienziati hanno studiato un vermicello della famiglia delle planarie - il cui nome scientifico è Schmidtea mediterranea - che è rappresentato da due diverse classi: sessuali e asessuali.
Le planarie della prima classe si riproducono per via sessuale. Quelle della seconda classe si scindono invece in due dando vita a due nuovi individui.
Ebbene, lo studio ha portato alla seguente conclusione: i primi soggiacciono alla normale legge di natura e muoiono, i secondi hanno la capacità - tramite la super attività di un enzima chiamato telomerasi - di mantenere immutata la lunghezza dei telomeri, donde la loro immortalità potenziale.
È interessante notare le ragioni di economia della natura: nel primo caso l'immortalità, non dell'individuo ma della specie, si ottiene generando figli e quindi non vi è alcun bisogno dell'immortalità dell'individuo.
Peraltro la planaria in questione è davvero singolare. Uno studio appena pubblicato suScience dimostra, per la prima volta, l’esistenza di cellule animali che non possiedonocentrosomi. Prima d’ora, nessuno aveva mai nemmeno immaginato che potessero esistere cellule che ne fossero prive. Si pensava, infatti, che i centrosomi avessero un ruolo insostituibile nella divisione delle cellule.
Gli scienziati sono basiti.
Gli scienziati sono basiti.
L'ennesima rivoluzione copernicana!
E chi è l'animale senza centrosomi? Il dispettosissimo e sconcertante vermetto: la Schmidtea mediterranea!
Ancora una volta un cigno nero** ha fatto la sua irruzione sulla scena a rammentarci che nulla di quel che pensiamo è definitivo e tutto ciò che ci sembra ovvio e naturale può non esserlo più.
Anche la morte.
Post Post
Un'interessante articolo(*) pubblicato su Wired di marzo, riporta due ricerche importanti sul tema: la prima, pessimista, giunge alla conclusione che non è possibile riparare i telomeri. La seconda, avendo individuato una particolare proteina la TRF-2 che li protegge, riaccende invece le speranze.
La storia continua...
Anche la morte.
Post Post
Un'interessante articolo(*) pubblicato su Wired di marzo, riporta due ricerche importanti sul tema: la prima, pessimista, giunge alla conclusione che non è possibile riparare i telomeri. La seconda, avendo individuato una particolare proteina la TRF-2 che li protegge, riaccende invece le speranze.
La storia continua...
*Per la scoperta dei telomeri e dell'enzima telomerasi ha fruttato gli scienziati Elizabeth Blackburn, Carol Greider e Jack Szostak hanno ricevuto nel 2009 premio nobel per la medicina.
** Termine col quale si intende un evento assolutamente inaspettato (come l'ascesa di Hitler, l'attentato delle torri gemelle, il principio di indeterminazione di Heisemberg o i teoremi di incompletezza di Gödel) che solo a posteriori può essere spiegato e forse capito.
Il fenomeno è descritto nell'interessante libro del Prof. Nassim Nicholas Taleb, docente americano di Scienze dell'incertezza, intitolato appunto Il cigno nero. Come l'improbabile governa la nostra vita. (Il Saggiatore, 2008).
http://nellacittainvisibile.blogspot.com/2012/03/immortalita-planaria-telomerasi.html
(*)
Possiamo diventare immortali?
È impossibile ingannare il tempo, bloccando o anche semplicemente rallentando le lancette dell'orologio. Anche la linea di ricerca suitelomeri, le nostre clessidre cellulari, che ha fatto guadagnare nel 2009 il Nobel per la Medicina agli scienziati statunitensi Elizabeth H. Blackburn, Carol W. Greider e Jack W. Szostak, sembra destinata a scontrarsi contro il muro della nostra mortalità. A mettere la parola fine alla scienza dell'immotalità è uno studio condotto da Marzia Fumagalli e Francesca Rossiello, guidati da Fabrizio d'Adda di Fagagna, responsabile del programma di ricerca Telomeri e senescenza all'Istituto Firc di oncologia molecolare (Ifom) di Milano. Alla ricerca — finanziata anche dall'Embo (Organizzazione europea di biologia molecolare), Telethon, Airc(Associazione italiana per la ricerca sul cancro) e Firc (Fondazione italiana per la ricerca sul cancro) — hanno partecipato anche ricercatori dell'Università Milano-Bicocca e della New Jersey Medical School americana. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Nature Cell Biology.
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Ora, con questo nuovo studio, sappiamo invece che non è tutto così semplice come può apparire. L'accorciamento dei telomeri è solo una piccola parte del problema. La questione è ben più complessa: si tratta di trovare una soluzione alla rottura o al danneggiamento di queste clessidre cellulari. Cosa che al momento appare impossibile perché, a differenza di tutto il resto del dna, i telomeri non si possono riparare. "Con l'età - precisa infatti d'Adda di Fagagna - abbiamo riscontrato un accumulo progressivo di danni in queste porzioni cromosomiche in cellule e tessuti, indipendentemente dal loro accorciamento". Sono queste lesioni, più che l'accorciamento, a far avanzare insorabilmente il timer della nostra vita.
"Le cellule reagiscono alla presenza di lesioni - spiega il ricercatore - accendendo una serie di allarmi molecolari, proteine che scoprono il dna danneggiato e innescano una cascata di reazioni che porta alla risoluzione del problema. Osservando attentamente le cellule dopo eventi di danneggiamento, però, ci siamo accorti che in alcuni punti del genoma rimanevano accesi i caratteristici allarmi, senza che le lesioni venissero riparate". Proprio come se qualche meccanismo si inceppasse. Gli scienziati hanno quindi deciso di andare a fondo e, grazie a tecnologie genomiche d'avanguardia, hanno mappato le aree da cui partono questi guasti al sistema d'allarme. "Abbiamo localizzato le zone incriminate, scoprendo che nelle punte dei cromosomi i danni al dna rimangono irrisolti" spiegano Fumagalli e Rossiello, autrici degli esperimenti.
È difficole riuscire a pensare a un modo per riparare i telomeri danneggiati: è come rimettere insieme centinaia di pezzetti di un vaso di cristallo rotto. Riparare i telomeri infatti vuol dire mettere assieme o fondere estremità separate di dna. "Se queste estremità — spiega d'Adda di Fagagna - sono parti interne di un cromosoma, allora l'evento di riparo è un bene fondamentale per la sopravvivenza della cellula. Se invece a essere scambiate per estremità da riunire fossero le parti terminali dei cromosomi, si avrebbe una fusione anomala tra cromosomi, che metterebbe a rischio la stabilità e l'organizzazione dell'intero genoma. Proprio perché hanno il compito di proteggere i cromosomi, i telomeri sono stati selezionati dall'evoluzione in modo da non poter essere riparati. Si può dire che l'irreparabilità in caso di danno è il prezzo che pagano per non correre il rischio di fondersi".
Ma, come ci ha più volte dimostrato la storia della scienza, mai dire mai. Mentre infatti gli scienziati dell'Ifom di Milano ci dicono che è impossibile arrestare l'invecchiamento perchè non è possibile riparare i telomeri, un altro gruppo di ricerca sta studiando un modo per prevenire queste lesioni. E i risultati sono promettenti, soprattutto per lo sviluppo di eventuali terapie anticancro. In uno studio pubblicato sulla rivista Nature Structural and Molecular Biology, un gruppo di ricercatori del Salk Institute for Biological Studies hanno individuato una particolare proteina, la TRF-2, che protegge itelomeri e che si dissocia da loro quando si verifica un ritardo o un blocco nella divisione cellulare, espondendolo a danni irreparabili.
Quindi la caccia all'immortalità è tutt'altro che chiusa, solo che ci vorrà molto di più che di un sistema per evitare l'accorciamento dei telomeri. Ancora più promettente è la linea di ricerca che tenta di sfruttare questa debolezza dei telomeri per sconfiggere il cancro. In uno studio finanziato dall'Airc qualche anno fa, D'Adda di Fagagna ha scoperto che alcune volte la senescenza ci protegge dai tumori. La logica è intuitiva: se il tumore è una massa di cellule che proliferano all'impazzata, un fenomeno che le fa invecchiare e smettere di proliferare ci difenderà dall'insorgenza del tumore. Il meccanismo molecolare era meno ovvio e ha richiesto tre anni di intenso lavoro.
Il risultato, pubblicato sulla rivista Nature, ha dimostrato che gli oncogeni, quei geni mutati che causano l'inizio del cancro, danneggiano il dna quando si attivano. Le cellule rispondono entrando in senescenza, arrestando perciò il cancro alla sua insorgenza. Solo quando le cellule riescono a sorpassare il blocco indotto dalla senescenza allora il tumore si sviluppa. La serie degli eventi ricostruita da d'Adda di Fagagna è perciò la seguente: quando si attiva un oncogene, la cellula è avviata a generare un tumore ma la senescenza cellulare la blocca, riconoscendo la presenza di dna danneggiato dalla cellula. Questo previene il tumore. Solo se una ulteriore mutazione impedisce il mantenimento della senescenza cellulare allora il tumore si scatena. La sfida resta aperta. D'Adda di Fagagna è ottimista: "aver scoperto che le cellule tumorali hanno il dna danneggiato potrebbe avere esposto il loro tallone d'Achille".
https://it.notizie.yahoo.com/blog/wired/possiamo-diventare-immortali-090749915.html
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