I pesi e le misure dei professionisti dell’antimafia
-R.C.- Felice Cavallaro è una firma importante sul fronte antimafia, forse Sciascia l’avrebbe definito un” professionista”.
Il giornalista fu uno dei primi ad arrivare sulla scena di via D’Amelio insieme aGiuseppe Ayala, testimone diretto del ritrovamento della borsa di Paolo Borsellino dalla quale venne trafugata l’agenda rossa, le sue dichiarazioni furono definite “contrastanti” dall’avvocato Fabio Repici. Mentre assodata la frequentazione e l’amicizia con l’ex magistrato Giuseppe Ayala, del quale Paolo Borsellino non aveva una considerazione gratificante, un “Qualcuno che cerca di impossessarsi della figura di Falcone, dicendo di essere l’unico amico…”, ricorda Rita, sorella del magistrato ucciso.
Cavallaro è nell’occhio del ciclone per aver pubblicato sul Corriere della Seraun’intervista a Massimo Ciancimino, la polemica scaturisce dal fatto che non si tratterebbe di un’intervista “rubata”, deontologicamente discutibile, ma giornalisticamente accettabile, addirittura l’incontro non sarebbe mai avvenuto. In effetti, conoscendo Ciancimino, viene difficile credere che abbia dichiarato tante, autolesionistiche castronerie.
Nel suo pezzo Cavallaro massacra il figlio di don Vito, lo definisce “mafioso, furbastro” un “personaggio dalla doppia vita”. Ciancimino non ci sta, afferma di non aver mai rilasciato quell’intervista, neppure sotto forma di chiacchiere in libertà e annuncia querele.
Anche Angela Manca ricorda Felice Cavallaro. L’indomita mamma di Attilio, l’urologo suicidato da Cosa Nostra un’intervista al giornalista del Corriere la rilasciò davvero, solo che non venne mai pubblicata. Angela chiese contezza del motivo a Cavallaro che rispose “Pubblicherò quando gli assassini di suo figlio verranno individuati”. Sempre bene non schierarsi così da evitare brutte figure.
Eppure Felice Cavallaro in qualche occasione una posizione precisa l’ha presa. Era accanto a Bruno Contrada, condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa, alla presentazione del libro ‘La mia prigione’, scritto dall’ex collaboratore del Sisde.
Cavallaro non fece nulla per nascondere contrarietà in merito alla vicenda giudiziaria che aveva riguardato Contrada, parlò di “imputazione infamante e onore infamato”, insomma un berlusconiano attacco alla magistratura di Palermo.
Chi partecipò all’evento ricorda i modi bruschi di Cavallaro che evitò domande scomode. Una sola passò, e permise a Bruno Contrada di autodefinirsi “Vittima e agnello sacrificale di un sistema perverso, un sistema che si rapportava con la mafia”.
Insomma, pesi e misure diverse da parte di Felice Cavallaro, che affossa chi condannato per mafia non lo è né lo è mai stato, e assolve chi mafioso è stato definito dopo tre gradi di giudizio.
http://www.articolotre.com/2014/04/i-pesi-e-le-misure-dei-professionisti-dellantimafia/
Nessun commento:
Posta un commento