di Alberto Castagnola
Se scorriamo le analisi più serie e attendibili messe in circolazione negli ultimi mesi, possiamo notare almeno quattro fenomeni denunciati con più forza come troppo onerosi per le popolazioni dei paesi più industrializzati e considerati troppo dannosi per l’ambiente nel quale viviamo o per dir meglio cerchiamo di sopravvivere. Il primo è sicuramente la durata della crisi, che ha ormai superato i sei anni e non da ancora segnali certi di voler cedere il passo alla tanto attesa ripresa.
Il secondo è costituito dal permanere del meccanismo di accumulazione del debito pubblico, che comporta, secondo le logiche del pensiero liberista, continui tagli alle spese e soprattutto ai redditi fissi (pensioni, abitazioni, ecc.), che stanno producendo danni sociali al limite della sopportazione.
Il terzo fenomeno è rappresentato dalla progressiva distruzione della struttura produttiva, che ormai induce seri dubbi su chi realizzerà la ripresa se migliaia di imprese sono scomparse.
Il continuo aumento della disoccupazione rappresenta il quarto dei fenomeni continuamente denunciati, che ha inciso perfino sull’economia informale e che pesa gravemente sulle prospettive di vita dei più giovani, condannati ad anni e anni di precariato.
Molto meno diffuse, specie a livello istituzionale, le preoccupazioni per il rapido aggravamento dei danni ambientali, per le per le perdite del patrimonio culturale, nonché dei tempi lunghi che si prevedono (anche diecine di anni) per l’eventuale riassorbimento di disoccupati, precari, lavoro nero, nuove leve in età di lavoro.
Ne conseguono un diffuso distacco dalla politica e l’emergere di movimenti scomposti a livello sociale, stigmatizzati come populisti, ma sempre più pericolosi per una ordinata soluzione dei problemi sociali.
Il pensiero della decrescita
A fronte di tutto ciò sembrano acquistare sempre maggiore consistenza le riflessioni e le elaborazioni che mettono in discussione il valore stesso del sistema economico dominante, e tra queste il pensiero della decrescita si presenta con una significatività sempre maggiore (Perché usate il termine «decrescita», che suscita reazioni negative?). In estrema sintesi, questo pensiero, molto ricco e articolato, afferma che nel periodo più recente è sempre più evidente che la logica della crescita economica, perseguita senza limiti e senza preoccuparsi troppo delle conseguenze ritenute inevitabili, che incidono sull’equilibrio della biosfera e che sembrano tagliare il ramo su cui siede l’economia di mercato, è la causa fondamentale di gran parte dei mali del sistema. Il ritmo sfrenato delle produzioni, acceleratosi nel secondo dopoguerra, e il connesso dilagare del consumismo, hanno imposto una crescente estrazione di materie prime, che ora minacciano di esaurirsi, un consumo di combustibili fossili che hanno inquinato l’ambiente in misura quasi irreversibile, ecc.
La storia di questa linea di pensiero è nota, il termine viene usato per la prima volta negli anni Settanta, la sua nicchia culturale iniziale è la Francia, il suo rappresentante più celebrato è Serge Latouche, ogni due anni le Conferenze internazionali vedono raddoppiare i partecipanti (l’ultima a Venezia nel settembre 2012, la prossima in Germania a Lipsia, sempre a settembre, nel 2014).
Ovviamente le reazioni non si sono fatte attendere: la stessa parola è stata messa in discussione anche dai sostenitori (che la ritenevano troppo radicale) e dai negazionisti che cercavano di denigrare le sue affermazioni.
Quali sono le principali caratteristiche di questa linea di analisi politico-economica:
a) Assume in pieno i risultati di tutte le analisi ambientaliste, che in larghissima misura fanno risalire tutti meccanismi di danno alle forme assunte dal sistema dominante;
b) Analizza tutti danni della crescita senza liniti e decostruisce il concetto di sviluppo, sottolineando che sono insostenibili per il pianeta e che hanno da tempo superato ogni limite di sicurezza;
c) Ne deduce la necessità assoluta, irrinunciabile e urgente (quindi non una scelta possibile e una libera opzione) di un cambio radicale di paradigma, cioè del passaggio ad un modello evolutivo completamente diverso e molto rispettoso delle esigenze del pianeta e dell’umanità nel suo complesso;
d) Comporta la modifica e la riprogettazione dei beni, in modo da ridurre l’energia necessaria per produrli e riducendo i rifiuti che da essi vengono dispersi sulla superficie della Terra;
e) Comporta la modifica della quantità e della qualità dei consumi, per adeguarli alle reali capacità del pianeta di produrre e riprodurre le sostanze necessarie;
f) Permette di cambiare il peso e ridurre il tempo dedicato al lavoro, che dovrebbe soddisfare le esigenze di tutti coloro che svolgono una attività liberamente scelta;
g) Valorizza tutte le persone e le attività da esse svolte, rispetta i loro tempi di riposo, divertimento, svolgimento di attività non connesse con la produzione e gli interessi culturali;
h) Cambia i ruoli delle donne e diffonde le loro modalità di lavorare e di relazionarsi;
i) Riduce gli inquinamenti della terra, dell’acqua e dell’aria e le emissioni che modificano il clima, recupera e ricostituisce i sistemi naturali fortemente intaccati dalle azioni spinte dal profitto;
l) Delinea un sistema di comportamenti e di relazioni sia di genere che interpersonali che segue logiche molto diverse (gratuità, scambio non monetario, assenza di competizione, cura reciproca).
Molte sono le difficoltà di comprensione del salto qualitativo necessario, poiché nessuno dei parametri ai quali siamo abituati sarebbe più utilizzabile, mentre le modifiche radicali introdurrebbero modalità di rapporti tra le persone completamente nuove, alle quali ci si dovrebbe abituare.
In particolare è il quadro alternativo di relazioni e di scambi che deve essere fatto comprendere con largo anticipo, poiché richiede una adattamento psicologico di cui è difficile prevedere la durata e la risposta che incontrerà. In effetti sarebbe opportuno cominciare a prevedere in modo dettagliato dei processi di transizione, peraltro ben diversi dai meccanismi di adeguamento che il sistema dominante sta mettendo in moto, (in parte sotto il nome di green economy) per poter mantenere le logiche di profitto anche con un clima catastrofico e i suoi prodotti inquinanti e continuando a celare le perdite di vite umane e le sofferenze di milioni di persone.
Sottrazioni dal sistema dominante
In questa prospettiva, è evidente che tutte le attività di economia alternativa e solidale. pur rappresentando una “sottrazione” dal sistema dominante e non la sua sostituzione, costituiscono delle preziose occasioni di formazione a modi di agire secondo logiche profondamente diverse da quelle finora imposte; analoghe considerazioni valgono anche per tutte le esperienze di partecipazione effettiva alle scelte delle istituzioni e di controllo del territorio da parte dei cittadini.
In conclusione, dovremmo prepararci ad una transizione molto conflittuale e a delle sperimentazioni non sempre coronate da successo.
Il pensiero della decrescita, precorrendo i tempi, formando le persone ad adottare nuovi sistemi di valori e fornendo in anticipo stimolazioni e suggestioni, ricette e modelli per società completamente alternative e diverse, può sicuramente contribuire ad attenuare i conflitti, ad accelerare le formazioni e l’adattamento, a precostituire esperienze pilota di strutture di produzione e di consumo.
Indicazioni bibliografiche essenziali
S. Latouche, “Giustizia senza limiti, la sfida dell’etica in una economia mondializzata”, Bollati Boringhieri. Torino, 2003
S. Latouche; “ Come sopravvivere allo sviluppo”, Bollati Boringhieri, Torino, 2005
“Il dolce avvenire, esercizi di immaginazione radicale del presente”, M. Deriu e altri, Diabasis, Reggio Emilia, 2009
S. Latouche, “Come si esce dalla società dei consumi, corsi e percorsi della decrescita”, Bollati Boringhieri, Torino, 2011
S. Latouche, “Per una abbondanza frugale, malintesi e controversie sulla decrescita”, Bollati Boringhieri, Torino, 2012
* Alberto Castagnola, economista e obiettore di crescita (il suo ultimo libro è «La fine del liberismo», Carta), è animatore di reti dell’economia solidale. Con l’Associazione della decrescita è stato tra i promotori della terza conferenza internazionale di Venezia (settembre 2012).
http://comune-info.net/2014/02/decrescitaattac/
(*)Le Faq della decrescita
Comune-info è uno dei media partner della Conferenza internazionale sulla decrescita che si svolgea Venezia dal 19 al 23 settembre. Per avvicinarci all’evento pubblichiamo il frutto di un lavoro di scrittura collettiva di un gruppo di autori e autrici impegnati nel mondo della ricerca, dell’associazionismo, dell’economia solidale, della decrescita: domande e appunti sui quali ragionare, raccolti sotto forma di Faq, le Frequently asked questions (di seguito l’indice). Per arricchire questo percorso suggeriamo di cliccare la tag «decrescita» all’interno di Comune-info. Scrive Ivan Illich: «Accendete una candela nell’oscurità, siate questa candela, sappiate che siete una fiamma nel buio» («The post-devolpment reader», Zed Books 1997).
Il termine «decrescita» viene usato sempre più spesso nelle conversazioni, negli articoli di giornali e persino in qualche trasmissione televisiva. Qualche volta a sproposito, equivocando e fraintendendo le intenzioni dei proponenti. Inevitabile che ciò avvenga, perché non si tratta di una «dottrina» e nemmeno di una teoria compiuta. Lo scopo della «decrescita» è rompere un tabù – la religione della crescita del Pil – e aprire una discussione. Ben vengano, quindi, molti quesiti a cui è possibile dare molte diverse risposte.Un po’ per gioco, un po’ per chiarirci le idee anche tra noi, abbiamo provato a raccogliere le domande che più frequentemente ci vengono rivolte, come si fa per le Faq (Frequently Asked Questions) di un qualsiasi prodotto di largo consumo, e abbiamo cercato di rispondere. Ma non giuriamo che siano le risposte giuste. Anzi, siamo sicuri che ogni lettore, sulla scorta delle proprie esperienze e dei propri desideri, saprà immaginare mondi migliori.
I testi delle risposte sono stati curati da autori e autrici impegnati in vario modo nel mondo della ricerca, dell’associazionismo, dell’economia equa e solidale, della decrescita. Bruna Bianchi, Mauro Bonaiuti, Paolo Cacciari, Alberto Castagnola, Marco Deriu, Dalma Domeneghini, Adriano Fragano, Ferruccio Nilia, Maurizio Ruzzene, Paolo Scroccaro, Gianni Tamino.
- Perché usate il termine «decrescita», che suscita reazioni negative?
- Intendete proibire lo sfruttamento di tutte le risorse naturali: petrolio, gas, minerali, foreste, oceani, ecc.?
- Decrescita significa un ritorno a stili di vita preindustriali, «alle candele e alle caverne»?
- Intendete negare agli abitanti dei paesi poveri ciò di cui hanno bisogno o comunque desiderano?
- L’attuale crisi significa che la decrescita è già cominciata e quindi possiamo considerare con favore un futuro di depressione economica?
- Come la decrescita pensa di risolvere i problemi dell’occupazione?
- Con la decrescita il lavoro domestico e di cura graverà ancora e in maggior misura sulle donne?
- Perché date così tanta importanza al «senso del limite»?
- Quale è l’autorità che può stabilire la “giusta misura”?
- Quale ruolo per la ricerca scientifica e lo sviluppo tecnologico nella società della decrescita?
- Cosa dice la decrescita a proposito degli animali?
- Cosa dice la decrescita della proprietà?
- Cosa intende fare la decrescita per ridimensionare il potere delle banche e il ruolo del denaro?
- Quali trasformazioni hanno portato alla finanziarizzazione dell’economia e cosa si potrebbe fare per contrastare la speculazione?
- Cosa può fare la decrescita al tempo della crisi permanente e sistemica (finaziaria, economica, ambientale)?
- Come preparare la transizione, il passaggio, il cambiamento?
- Che ruolo è riservato all’economia alternativa e solidale?
- Che relazione c’è tra decrescita e «beni comuni»?
- Che importanza deve essere riconosciuta alle diverse culture?
- La decrescita si pone in una prospettiva di genere?
- Che ruolo avrà l’immaginario?
- Quanto tempo abbiamo ancora a disposizione?
- Come si fa a stimolare processi diffusi di presa di coscienza?
- Con quali metodi si può stimolare l’assunzione di responsabilità collettive?
http://comune-info.net/2012/06/la-faq-della-decrescita/
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