giovedì 3 ottobre 2013

Ne resterà solo uno



Beppe Grillo Highlander

di Paolo Becchi
La decisione della Corte Costituzionale sul legittimo impedimento non poteva che respingere il ricorso presentato da Berlusconi.
La Consulta, infatti, non ha negato che, quantomeno in astratto, la necessità di partecipare al Consiglio dei Ministri possa costituire un’ipotesi di legittimo impedimento a comparire nelle udienze di procedimenti penali in cui il Presidente del Consiglio è imputato. Diversamente, essa ha censurato il tentativo di Berlusconi di sottrarsi ad un’udienza mediante la convocazione di un Consiglio dei Ministri ad hoc e senza «fornire alcuna indicazione (diversamente da quanto fatto nello stesso processo in casi precedenti), né circa la necessaria concomitanza e la ‘non rinviabilità dell’impegno, né circa una data alternativa per definire un nuovo calendario».

Berlusconi ha, però, confermato pubblicamente il proprio sostegno al Governo, pur con le sue consuete oscillazioni e “sparate”: le vicende giudiziarie non interferiranno con quelle politiche e con il rapporto tra Pd e Pdl. Queste dichiarazioni, in realtà, devono essere comprese alla luce delle prossime decisioni che Berlusconi dovrà prendere.
Il cerchio, infatti, si sta chiudendo. Berlusconi si era illuso che la «pacificazione nazionale» (l’accordo Pd – Pdl) avrebbe significato la fine dei processi. Ed invece questi vanno avanti, nonostante lo stesso Presidente della Repubblica avesse tentato, fin dal Marzo scorso, di imporre una certa linea nei rapporti tra politica e giustizia. Si pensi al comunicato con cui, a Marzo, Napolitano aveva dichiarato: «è comprensibile la preoccupazione dello schieramento che è risultato secondo, a breve distanza dal primo, nelle elezioni del 24 febbraio, di veder garantito che il suo leader possa partecipare adeguatamente alla complessa fase politico-istituzionale già in pieno svolgimento, che si proietterà fino alla seconda metà del prossimo mese di aprile». Oppure all’intervento, pochi giorni prima la sentenza della Consulta, con cui il Capo dello Stato aveva richiamato la necessità di una leale collaborazione e di un «rapporto corretto tra i poteri dello Stato».
Insomma: neppure l’intervento di Napolitano sembra poter chiudere i conti tra Berlusconi e la magistratura.
La sentenza sul caso Ruby potrebbe segnare davvero un punto di non ritorno. La severità della condanna – con una pena addirittura superiore alle richieste della stessa accusa (7 anni di reclusione e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici) – esaspera il conflitto tra magistratura e Pdl.  Dopo una pronuncia del genere, la retorica della persecuzione giudiziaria potrebbe diventare una carta elettorale realmente decisiva per Berlusconi.
Per il momento, però, Berlusconi attende. Attende forse la prossima sentenza della Cassazione sul “caso” Mediaset: sentenza già scritta, ovviamente, condanna già pronunziata. Certo, i “precedenti” di Berlusconi in Cassazione sono positivi: già assolto nel processo Mediatrade un anno fa, assolto anche lo scorso marzo nell’inchiesta sui diritti Tv. Questa volta, però, sembra difficile evitare una condanna.
Ancor prima della sentenza della Suprema Corte, inoltre, la Giunta per le Elezioni dovrà esprimersi sull’ineleggibilità: il M5S darà battaglia, ma lì Berlusconi avrà l’occasione di verificare proprio la “tenuta” delle larghe intese. Il Pd si spaccherà al suo interno, probabilmente, ma infine è verosimile pensare che si schiererà a fianco di Berlusconi.
Dalla votazione in Giunta per le Elezioni Berlusconi avrà modo di capire cosa potrebbe accadere dopo la possibile condanna della Cassazione. Sarà, infatti, solo il Senato a dover prendere l’ultima decisione in merito alla sua interdizione.
Resta un fatto: Berlusconi è un leone braccato, e sa che rischia, politicamente, di fare la stessa  fine di Craxi. Lo spettro del carcere resterà solo un fantasma, ma reale è il rischio dell’interdizione dai pubblici uffici. E, come con Craxi finì il Psi, così con Berlusconi è destinato a sparire il Pdl. Questo, del resto, è il limite strutturale del Pdl: quello di non essere, in vent’anni, riuscito ad esprimere un leader politico in grado di succedere a Berlusconi. Alfano può essere soltanto il compagno di parrocchia di Letta, e niente di più. Una differenza rispetto a Craxi, però, c’è: Berlusconi può ancora contare su milioni di voti, può ancora tirare la corsa al Governo, con una nuova chiamata alle urne.
Che fare, allora? Che cosa conviene a Berlusconi? Giocare d’anticipo e mandare all’aria il Governo delle larghe intese o, logorandolo dall’interno su IMU, IVA etc., aspettare la sentenza della Cassazione?
Facendo cadere il Governo prima dell’autunno, Berlusconi avrebbe il vantaggio di competere ancora contro la vecchia guardia del Pd, evitando il confronto con la leadership che si potrebbe affermare dopo il Congresso del partito. E, dopo la condanna nel caso Ruby, Berlusconi può anche giocarsi, da subito, l’argomento della «sentenza terroristica e criminale» del Tribunale di Milano.
A Berlusconi, forse, non resta che fare l’unica cosa che sempre, anche quando perde, gli è riuscito di fare: una battaglia  elettorale. L’ultima battaglia, quella definitiva, dove non si faranno prigionieri.
Dopo le elezioni amministrative, molti credono che il confronto sarà ancora tra Pd e Pdl, ma non è così. Il Pd è un partito dilaniato, e privo di leadership. Berlusconi può giocare d’anticipo, con elezioni che impediscano al Pd di ricompattarsi in tempo. Ma non creda così di vincere. C’è, ancora, il M5S. Come in  Matrix, era scontato che alcuni “liberati” si lasciassero catturare dall’odore della bistecca. Così è accaduto al MoVimento, ma si tratta di piccole perdite ematiche che rafforzano l’organismo facendo scendere un po’ la pressione sanguigna. Il confronto, alla fine, sarà tra  Berlusconi e Grillo: e non ne resterà che uno.

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