mercoledì 14 marzo 2012

Il cardinale O'Brien: no alle nozze gay. E alla Bbc chiedono l'arresto


Nell’infuocato dibattito che sta infiammando l’opinione pubblica britannica sulla proposta del governo di ridefinire per legge il concetto di matrimonio, e di ammetterlo anche per le coppie omosessuali, si è alzata una voce coraggiosa: quella del cardinale O’Brien, arcivescovo di Saint Andrews ed Edimburgo, nonché presidente della Conferenza episcopale scozzese. Il cardinale, noto per la sua impavida audacia, ha definito la proposta governativa un «grottesco sovvertimento di un diritto umano universalmente accettato», accusando il primo ministro Cameron di tentare di «ridefinire la realtà» su istanza «di una piccola minoranza di attivisti».

Per questo, il porporato ha pubblicamente invitato i cittadini britannici ad aderire all’iniziativa del comitato «Coalition for Marriage», sottoscrivendo la petizione – che ha già raccolto più di 100mila firme – in favore del tradizionale concetto di matrimonio. In un’intervista al Sunday Telegraph, il cardinale ha poi precisato che «il matrimonio tra un uomo e una donna rappresenta un’istituzione che preesiste e precede ogni Stato o governo, e poiché non è stata creata da alcun ordinamento giuridico, non può essere modificata attraverso uno strumento normativo». «Le istituzioni pubbliche – ha proseguito il cardinale – dovrebbero invece riconoscere gli innumerevoli benefici derivanti alla società dal matrimonio, e cercare quindi di proteggerlo e favorirlo, non certo di attaccarlo e smantellarlo», considerando poi che «gli omosessuali nel Regno Unito già godono di pieni diritti anche per quanto riguarda la convivenza, grazie all’istituto delle civil partnership».

O’Brien ha inoltre denunciato la pericolosità di un intervento normativo: se infatti si riconosce che il matrimonio è una creazione dello Stato modificabile attraverso la legge, e non appartiene invece al diritto naturale, nulla può evitare in futuro ulteriori modifiche, consentendolo, ad esempio, anche a comunità più allargate fatte di due uomini e due donne, due uomini e una donna, due donne e un uomo, e così via. Di fronte a parole così ferme, c’era da aspettarsi una polemica reazione della cosiddetta comunità Lgbt (acronimo che accomuna lesbiche, gay, bisex e transessuali). Ma era davvero impossibile immaginare un attacco come quello lanciato nei giorni scorsi al cardinale O’Brien dalla popstar Will Young sulla rete televisiva pubblica Bbc1, durante la seguitissima trasmissione Question Time, considerata una sorta di istituzione nazionale finalizzata a «offrire agli elettori britannici un’opportunità unica di fare domande ai decision-maker del Paese sui fatti più importanti del giorno». In quel contesto il noto cantante ha definito «disgustose, ripugnanti e arcaiche» le parole del cardinale, bollato come «uomo abietto», e ha aggiunto che se quelle parole fossero state pronunciate su tematiche razziali o religiose il cardinale «a quest’ora sarebbe già stato portato davanti a un magistrato».

Quando la giornalista del Daily Mail, Janice Atkinson, che partecipava alla trasmissione, ha fatto presente a Young che secondo il suo ragionamento tutti i religiosi che esprimono i propri convincimenti sul matrimonio tradizionale potrebbero finire in una stazione di polizia, il cantante non ha esitato un momento a rispondere: «Yes, rightfully so!», «Sì, sarebbe giusto così!». Will Young è di certo capace di influenzare il pubblico, soprattutto quello più giovane. Per questo appare ancora più pericolosa la sua performance televisiva da un pulpito assimilabile per popolarità e autorevolezza al «Porta a Porta» nostrano. Un contesto di plumbeo conformismo culturale in cui non è difficile collocare anche il sorprendente avallo dell’ex premier Tony Blair alle nozze gay.



Non sono necessari putsch o golpe per trasformare un Paese democratico in un Stato di polizia. A volte è sufficiente una propaganda ben orchestrata, capace di utilizzare i metodi di sempre: individuare una categoria di nemici (gli omofobi) e identificarli in una persona (O’Brien) da esporre al pubblico ludibrio, dopo aver bollato come «abietta», «disgustosa» e «ripugnante» la sua tesi. Metodi già collaudati in passato, con esiti nefasti.  (Avvenire)

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