Quando le dissero che i fascisti di Trento stavano organizzando un’adunata sotto il monumento del marito, corse lì e lo coprì con un velo. Erano passati 10 giorni dall’omicidio di Matteotti ed Ernesta Bittanti Battisti, vedova di Cesare Battisti, non voleva in nessun modo che i fascisti strumentalizzassero la sua memoria. Come scrissero sul giornale, ella “s'era proposta di non permettere assolutamente - anche a costo della vita - che i fascisti vi si accostassero”.
Da decenni lottava per una politica diametralmente opposta a quella fascista. Con il marito scrivevano e parlavano anche di diritti delle donne, di divorzio, di abolizione della pena di morte. Fu giornalista, infermiera, insegnante, analista politica. Una delle prime venti donne a laurearsi in lettere e filosofia qui in Italia. E, nel dopoguerra, fu antifascista convintissima. Scriveva lettere a Mussolini dove lo umiliava e lo accusava di star calpestando i diritti e gli oppositori. Durante tutto il regime fu tenuta sott’occhio per la sua opposizione al fascismo. Poi, assieme al figlio Gino Battisti, fu collaboratrice della Resistenza e contribuì a liberare l’Italia.
Morì il 5 ottobre del 1957. La sua epigrafe la dettò Ferruccio Parri: “Custode fiera fedele della memoria dell'eroe, combattente animosa irriducibile di tutte le battaglie della libertà”.
A lei, in questa ricorrenza, il nostro ricordo.
Leonardo Cecchi
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