lunedì 29 aprile 2024

Così Albert Einstein descrisse Paul Ehrenfest.

 


“Non era solo il miglior insegnante che io abbia mai conosciuto, era anche appassionatamente preoccupato dello sviluppo e destino dei suoi studenti. Comprendere gli altri, ottenere la loro fiducia, aiutare chiunque fosse in difficoltà, incoraggiare il talento dei giovani. Tutto ciò rappresentava per lui l’elemento naturale, quasi più dei problemi scientifici.”

Così Albert Einstein descrisse Paul Ehrenfest. 


Ehrenfest si formò all’Università di Vienna dove seguì i corsi di Ludwig Boltzmann sulla teoria cinetica dei gas e sulla termodinamica. Boltzmann, uno dei più noti fisici del tempo, ebbe una grande influenza su di lui, introducendolo per la prima volta allo studio della fisica teorica. C’è un aneddoto che viene spesso riportato nel quale si racconta di come si guadagnò il favore di Boltzmann. Durante una presentazione Ehrenfest spiegò in modo particolarmente approfondito un lavoro di Boltzmann, che avrebbe scherzosamente replicato: “Se solo conoscessi così bene i miei lavori!”


Ma vengono anche riportarti attriti fra i due; d’altro canto, Boltzmann era nella fase finale della sua vita, quella caratterizzata da una profonda crisi depressiva che lo portò a suicidarsi durante una vacanza estiva a Duino, vicino Trieste. 


I principali contributi di Ehrenfest furono nel campo della meccanica statistica, in particolare sulla teoria delle transizioni di fase e degli invarianti adiabatici, e nella meccanica quantistica con un noto teorema che stabilisce un collegamento tra la meccanica classica e la teoria quantistica, dimostrando che le leggi del modo seguite dai valori di aspettazioni degli operatori sono le stesse leggi del modo classiche.

Arnold Sommerfeld scrisse in una lettera:


“Raramente ho sentito un uomo parlare con tale fascino e genialità. Sa rendere concrete e intuitive anche le cose più difficili. Le argomentazioni matematiche vengono da lui tradotte in immagini facilmente comprensibili”.


Queste parole trovano conferma quando fu chiamato da Felix Klein a completare ciò che il suo maestro aveva interrotto dopo la sua morte: un articolo sui fondamentanti statistici della seconda legge della termodinamica sulla prestigiosa Enciclopedia delle scienze matematiche. Durante un convegno, infatti, Ehrenfest spiegò alcuni tra gli aspetti più oscuri della teoria di Boltzmann, sostituendo la complessa matematica con un esperimento mentale in cui delle pulci potevano saltare avanti e indietro tra due cani, andando a spiegare così come cambia la funzione di distribuzione delle particelle nel tempo.


Si è detto che “quando gli eminenti scienziati del XX secolo si incontravano per gettare le basi della fisica moderna, volevano Ehrenfest nella stanza”. Ma una nuova generazione di fisici stava scrivendo pagine importanti e si affidavano a concetti sempre di più astratti e di difficile interpretazione. Questa sua preoccupazione era unita a una vita privata molto difficile: rimasto orfano a soli 16 anni, si scontrò per quasi tutta la sua vita con una grave forma di depressione. La sua malattia ostacolò anche il suo lavoro. In una lettera a Niels Bohr, col quale aveva costruito un profondo legame di amicizia, scrisse:


“Ho perso completamente il contatto con la fisica teorica. Non ne posso più di leggere e sentirmi incapace di farmi anche la più vaga idea di cosa ha senso nella marea di articoli e di libri. Forse non è più nemmeno possibile aiutarmi.”


E ancora a qualche suo ex studente:


“Ogni nuovo numero dello Zitschrift für Physik o della Physical Review mi immerge in un panico cieco. Ragazzi miei, io non so assolutamente nulla.”


Produsse un lungo elenco di argomenti del mondo della nuova fisica che, a suo dire, erano completamente al di là della sua capacità di comprensione. Quella lista, dopo varie insistenze, apparse sottoforma di contributo proprio nella rivista della Zeitschrift für Physik intitolato “Alcune domande di esplorazione riguardanti la meccanica quantistica”. La risposta fu di alcuni tra i più eminenti colleghi, tra cui Wolfgang Pauli e Rudolf Peierls che descrissero le domande come tutt’altro che prive di significato. Einstein dipinse un quadro molto preoccupante in una lettera al consiglio dell’Università di Leida, dove espresse una profonda preoccupazione per il suo amico e collega. Quella che viene spesso citata come la sua lettera d’addio fu scritta un anno prima del gesto, ma mai spedita:


“Miei cari amici: Bohr, Einstein, Ioffe…Non so assolutamente più come portare avanti nei prossimi mesi il peso della mia vita che è diventato insopportabile. È quasi certo che mi ucciderò e se ciò accadesse un giorno, allora mi piacerebbe sapere che ho scritto con calma e senza fretta a voi, la cui amicizia ha avuto un ruolo così grande nella mia vita. Negli ultimi anni è diventato sempre più difficile per me seguire gli sviluppi della fisica. Dopo averci provato, sempre più snervato e combattuto, mi sono arresto alla disperazione. Perdonatemi.”

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