"The Way We Were": la Hollywood privata tra i '60 e '70
LIBRO FOTOGRAFICO
Jack Nicholson a casa sua, Barbra Streisand con un look impensabile... E poi John Travolta in sala prove, Farrah Fawcett nel camper... Esce la prima monografia dedicata al fotografo americano Julian Wasser. una straordinaria collezione di immagini realizzate a Los Angeles tra gli anni '60 e '70, quando il culto delle celebrity non aveva ancora separato le star dalla gente comune L'intervista a Julian Wasser
Jack Nicholson e Anjelica Huston nella loro casa in Mulholland Drive a Los Angeles, fotografati per Stern nel 1971. "La bellezza di Nicholson era il suo atteggiamento spensierato e la sua giovinezza" ricorda Wasser. "Adesso è una superstar inavvicinabile".
"The Way We Were", esce per Damiani la prima monografia dedicata a Julian Wasser, una straordinaria collezione di immagini realizzate a Los Angeles tra gli anni '60 e '70. L'inconsueto occhio del fotografo si fa strada tra le leggende di Hollywood catturando l'intimità dei soggetti immortalati. Fotografie scattate in anni in cui a Los Angeles era sottile il confine tra sogno e realtà e il culto delle celebrity non aveva ancora separato le star dalla gente comune. Nella foto la bellissima Farrah Fawcett sorpresa da Wasser nella sua roulotte in un momento di pausa durante le riprese della serie televisiva "Charlie's Angels", 1976.
Jodie Foster sfoglia il mensile italiano L'Uomo Vogue con in copertina Robert De Niro suo partner nel film Taxi Driver nel 1976. Wasser ha lavorato come inviato per le più importanti testate giornalistiche dal Time Magazine a Life, fino al francese Paris Match e al nostro Oggi.
Natalie Wood arriva con la sua Mercedes all'esclusivo nightclub "The Daisy" in Rodeo Drive a Los Angeles, nel 1964. Wasser ha fatto i suoi migliori scatti in strada e racconta: "Garry Winogrand, Lee Friedlander, Diane Arbus, tutti hanno iniziato in questo modo a New York, per la strada. I paparazzi in agguato, con i loro teleobiettivi, fotografi di strada che scattano a tutto ciò che sembra interessante".
Barbra Streisand alla serata degli Oscar nel 1969 abbracciata dal marito Elliott Gould, è da poco stata premiata ex-aequo come miglior attrice per la sua interpretazione nel film Funny Girl.
John Travolta prova i passi per il film La febbre del sabato sera con il coreografo Deney Terrio, nel 1977.
Donna Summer in studio di registrazione nel 1975, quando la cantante era l'indiscussa regina della disco music.
Hugh Hefner in una celebre immagine mentre pattina con due conigliette.
La famiglia Fonda riunita nel salotto della casa paterna a Bel Air, nel 1974. Da sinistra, Peter, Henry e Jane.
Andy Warhol, Billy Al Bengston, e Dennis Hopper al vernissage della retrospettiva di Marcel Duchamp al Museo d'Arte di Pasadena, 1963. "C'erano un sacco di fotografi adulatori" racconta Wasser del suo rapporto con le celebrity che frequentava. "Io volevo essere un vero giornalista. Non avevo intenzione di essere loro amico. Stavo solo cercando di fotografare quello che era. Una registrazione per la storia".
David Geffen, Elton John, Carly Simon e James Taylor, fotografati per Time Magazine al Lou Adler's Roxy nightclub nel 1974.
Un improbabile gruppo fotografato al party di Rod Stewart al Green House Restaurant a Los Angeles nel 1976. Da destra Linda e Paul McCartney, in piedi Sara Dylan, Gregg Allman, Cher e Bob Dylan.
I Rolling Stones nella loro formazione originale con il chitarrista Brian Jones, fotografati nel 1965 perTime Magazine, il secondo a sinistra è il loro manager e produttore Andrew Loog Oldham.
http://www.iodonna.it/personaggi/interviste/2014/julian-wasser-fotografo-america-stargallery-5031552659_13.shtml#center
FOTOGRAFIA
Julian Wasser: "La mia Hollywood privata"
The Way We Were è il ritratto lungo 150 scatti di una Los Angeles mitica, il fermo immagine di un tempo perduto, gli anni ’60 e ’70, quando la controcultura contava più della cultura della celebrità
di Paola Piacenza
Jodie Foster legge un'intervista Robert De Niro, con cui ha girato Taxi Driver di Martin Scorsese.
Solo sul ghigno di Jack Nicholson c’è un intero studio. Shining era ancora di là da venire, ma l’attore di Easy Rider già faceva le prove tecniche davanti all’obiettivo del fotografo: con il panama e l’accappatoio, con sigaro e occhiali da sole, di profilo quasi ingoiato dalla macchina da presa.
Di Jodie Foster invece fissa la risata, mentre ancora con la divisa della scuola e le calze lunghe al ginocchio la protagonista di Taxi Driver fa roteare la palla da basket sulla punta delle dita.
Dalle celebrity ai commoner: la fila davanti al Whisky a go-go, il tempio losangelino del rock’n’roll, nel 1964 è un inno alla mescolanza, impensabile ora: niente security, nessuna gerarchia. «In coda trovavi la gente più cool di Los Angeles» recita la didascalia. «E la Jaguar è stata per tutto il decennio la macchina che bisognava avere».
The Way We Were: The Photography of Julian Wasser è il ritratto lungo 150 foto di una Hollywood privata, il fermo immagine di un tempo perduto, gli anni ’60 e ’70, quando la controcultura contava più della cultura della celebrità. Scatti - quelli sì celeberrimi, da Michel Duchamp che gioca a scacchi alla famiglia Fonda in posa sul sofà - dietro cui c’era un uomo con la sua Contax 35mm, Julian Wasser, che aveva cominciato facendo fotocopie all’Associated Press di Washington, passando per l’apprendistato con Weegee, celebre fotoreporter di cronaca nera con cui battè le strade e i comissariati della capitale, per finire a lavorare per i giornali più importanti del mondo in quel momento: Time e Life.
The Way We Were, che è nel catalogo di Damiani Editore, è ora in uscita in limited edition: 50 copie con una fotografia numerata e firmata da Wasser (https://www.damianieditore.com/it-IT/product/428). Io donna ha intervistato l’autore..
Mr. Wasser, lei ha dichiarato che gli anni ’60 e ‘70 in California sono stati una sorta di età dell’oro, un periodo di speranza. Il suo libro racconta un luogo, Los Angeles, dove i sogni però si realizzavano solo per pochi, mentre tutti gli altri restavano a guardare. Ci può raccontare com’era l’atmosfera in quel periodo?
Quelli erano tempi speciali. Ci si sentiva parte di qualcosa che ricordava un po’ i ruggenti anni Venti di New York e Chicago. Tutto era alla portata. Potevi mangiare nei migliori ristoranti e andare negli stessi nightclub frequentati dalle star del cinema. Non c’erano guardie del corpo, nessuna security, non esistevano le sezioni riservate ai Vip nei locali. Tutto era molto più democratico. Non esisteva ancora il culto della celebrità cui assistiamo ora. Le star facevano la spesa nei grandi magazzini e nei supermarket, camminavano per le strade di Beverly Hills, Brentwood e Santa Monica. Non c’era la paura di essere attaccati, rapiti e uccisi che c’è oggi. Hollywood e Los Angeles erano alla portata di tutti. Oggi Los Angeles è più costosa di Parigi e di New York. Le persone sono preoccupate di perdere il lavoro e di non riuscire a pagare le bollette. Il benessere che c’era in quel ventennio se n’è andato.
Scorrendo le immagini di The Way We Were si ha l’impressione di una grande spontaneità, come se lei fosse lì per caso, accanto ai miti e alle star, con il dito sempre pronto a scattare. Come riuscì a entrare a far parte di quel mondo, diventandone a sua volta un protagonista?
Lavoravo per Time. Allora non c’erano i paparazzi nascosti tra i cespugli per immortalare le celebrity, nessuno che dava loro la caccia in autostrada. Io ero inviato da un giornale molto rispettato: ho ripreso Robert Kennedy all’Hotel Ambassador la notte che fu assassinato. Roman Polanski mi ha chiamato a fotografarlo nella casa di Cielo Drive dove sua moglie, incinta del suo bambino, era stata uccisa. La notizia che John Belushi era morto si diffuse in un baleno a Hollywood. Tra le centinaia di giornalisti che si riunirono fuori dal Chateau Marmont c’ero anche io.
Il suo incontro con Weegee ha influenzato il suo lavoro negli anni a venire? Accanto alle immagini che testimoniano l’età dell’oro ci sono atroci delitti, morti per overdose…
Il mio incontro con Weegee ha solo rafforzato il mio desiderio di essere fotografo e la mia ossessione per trovarmi sempre dove succedevano le cose. Credo di essere diventato fotografo perché guardare le notizie in tv non mi bastava. Volevo essere lì, dove le notizie si facevano.
Uno scatto indimenticabile?
Sono andato fino a Tokyo per fotografare Elizabeth Taylor, ma il momento più importante che ho vissuto in Giappone è stato l’incontro con Akio Morita, il fondatore della Sony.
http://www.iodonna.it/personaggi/interviste/2014/julian-wasser-the-way-we-were-intervista-5030665727.shtml
Solo sul ghigno di Jack Nicholson c’è un intero studio. Shining era ancora di là da venire, ma l’attore di Easy Rider già faceva le prove tecniche davanti all’obiettivo del fotografo: con il panama e l’accappatoio, con sigaro e occhiali da sole, di profilo quasi ingoiato dalla macchina da presa.
Di Jodie Foster invece fissa la risata, mentre ancora con la divisa della scuola e le calze lunghe al ginocchio la protagonista di Taxi Driver fa roteare la palla da basket sulla punta delle dita.
Dalle celebrity ai commoner: la fila davanti al Whisky a go-go, il tempio losangelino del rock’n’roll, nel 1964 è un inno alla mescolanza, impensabile ora: niente security, nessuna gerarchia. «In coda trovavi la gente più cool di Los Angeles» recita la didascalia. «E la Jaguar è stata per tutto il decennio la macchina che bisognava avere».
The Way We Were: The Photography of Julian Wasser è il ritratto lungo 150 foto di una Hollywood privata, il fermo immagine di un tempo perduto, gli anni ’60 e ’70, quando la controcultura contava più della cultura della celebrità. Scatti - quelli sì celeberrimi, da Michel Duchamp che gioca a scacchi alla famiglia Fonda in posa sul sofà - dietro cui c’era un uomo con la sua Contax 35mm, Julian Wasser, che aveva cominciato facendo fotocopie all’Associated Press di Washington, passando per l’apprendistato con Weegee, celebre fotoreporter di cronaca nera con cui battè le strade e i comissariati della capitale, per finire a lavorare per i giornali più importanti del mondo in quel momento: Time e Life.
The Way We Were, che è nel catalogo di Damiani Editore, è ora in uscita in limited edition: 50 copie con una fotografia numerata e firmata da Wasser (https://www.damianieditore.com/it-IT/product/428). Io donna ha intervistato l’autore..
Mr. Wasser, lei ha dichiarato che gli anni ’60 e ‘70 in California sono stati una sorta di età dell’oro, un periodo di speranza. Il suo libro racconta un luogo, Los Angeles, dove i sogni però si realizzavano solo per pochi, mentre tutti gli altri restavano a guardare. Ci può raccontare com’era l’atmosfera in quel periodo?
Quelli erano tempi speciali. Ci si sentiva parte di qualcosa che ricordava un po’ i ruggenti anni Venti di New York e Chicago. Tutto era alla portata. Potevi mangiare nei migliori ristoranti e andare negli stessi nightclub frequentati dalle star del cinema. Non c’erano guardie del corpo, nessuna security, non esistevano le sezioni riservate ai Vip nei locali. Tutto era molto più democratico. Non esisteva ancora il culto della celebrità cui assistiamo ora. Le star facevano la spesa nei grandi magazzini e nei supermarket, camminavano per le strade di Beverly Hills, Brentwood e Santa Monica. Non c’era la paura di essere attaccati, rapiti e uccisi che c’è oggi. Hollywood e Los Angeles erano alla portata di tutti. Oggi Los Angeles è più costosa di Parigi e di New York. Le persone sono preoccupate di perdere il lavoro e di non riuscire a pagare le bollette. Il benessere che c’era in quel ventennio se n’è andato.
Scorrendo le immagini di The Way We Were si ha l’impressione di una grande spontaneità, come se lei fosse lì per caso, accanto ai miti e alle star, con il dito sempre pronto a scattare. Come riuscì a entrare a far parte di quel mondo, diventandone a sua volta un protagonista?
Lavoravo per Time. Allora non c’erano i paparazzi nascosti tra i cespugli per immortalare le celebrity, nessuno che dava loro la caccia in autostrada. Io ero inviato da un giornale molto rispettato: ho ripreso Robert Kennedy all’Hotel Ambassador la notte che fu assassinato. Roman Polanski mi ha chiamato a fotografarlo nella casa di Cielo Drive dove sua moglie, incinta del suo bambino, era stata uccisa. La notizia che John Belushi era morto si diffuse in un baleno a Hollywood. Tra le centinaia di giornalisti che si riunirono fuori dal Chateau Marmont c’ero anche io.
Il suo incontro con Weegee ha influenzato il suo lavoro negli anni a venire? Accanto alle immagini che testimoniano l’età dell’oro ci sono atroci delitti, morti per overdose…
Il mio incontro con Weegee ha solo rafforzato il mio desiderio di essere fotografo e la mia ossessione per trovarmi sempre dove succedevano le cose. Credo di essere diventato fotografo perché guardare le notizie in tv non mi bastava. Volevo essere lì, dove le notizie si facevano.
Uno scatto indimenticabile?
Sono andato fino a Tokyo per fotografare Elizabeth Taylor, ma il momento più importante che ho vissuto in Giappone è stato l’incontro con Akio Morita, il fondatore della Sony.
http://www.iodonna.it/personaggi/interviste/2014/julian-wasser-the-way-we-were-intervista-5030665727.shtml
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