LETTURE/ P.A.M. Dirac: la grande
bellezza della fisica teorica
Ci sono due modi di fare grandi
scoperte scientifiche. A volte succede che i tempi siano “maturi” per una certa
scoperta e si innesca una gara non dichiarata tra diversi concorrenti, che
facilmente porta i vincitori alla conquista del premio Nobel; in tal caso, se
chi l’ha realizzata non fosse esistito, presto vi sarebbe arrivato qualcun
altro.
La seconda modalità è quella della fuga solitaria, di chi si
muove su linee di pensiero totalmente inesplorate, che solo lui poteva intuire.
Il caso emblematico è quello di Einstein. Con queste parole tratteggiava
la questione nel 1979, in un articolo sul Courier
Unesco, il grande fisico Paul Adrien Maurice Dirac (P.A.M. per gli
amici). L’articolo ora è riportato nel volumetto La bellezza come metodo (Indiana Editore), che
raccoglie sette articoli di Dirac – con un’ampia prefazione di Francesco
Barone. Il titolo è effettivamente indicativo dell’originale approccio alla
fisica, che lo stesso autore – uno dei padri della meccanica quantistica e
giovane premio Nobel nel 1933 – dichiara essere stato “assai diverso dagli
altri fisici”.
Il prosieguo del saggio del 79 è eloquente in proposito.
Dirac racconta il suo impatto con la teoria di Einstein, passato attraverso gli
scritti di Arthur Eddington – l’unico che “comprese veramente la relatività” –
e descrive i possibili controlli empirici della teoria: la precessione del
perielio di Mercurio, la deflessione della luce al passaggio vicino al Sole,
misurata durante un’eclissi, lo spostamento verso il rosso dello spettro
stellare e il rallentamento del tempo impiegato dalla luce a passare vicino al
Sole.
Ebbene, dice Dirac, «supponiamo ora che compaia una
discrepanza, ben accertata, tra teoria e osservazione. Come bisognerebbe
reagire? Come avrebbe reagito Einstein? Dovremmo ritenere la teoria
essenzialmente sbagliata? Direi che la risposta alla domanda è un no deciso». E
la giustificazione di tale perentoria affermazione è altrettanto netta:
«Chiunque apprezzi la fondamentale armonia che esiste tra il modo in cui
funziona la Natura e alcuni principi matematici generali, non può non sentire
che una teoria di tale bellezza ed eleganza deve essere sostanzialmente
corretta. Se dovesse apparire una discrepanza in qualche sua applicazione, essa
non potrebbe che essere causata da qualche aspetto secondario di quella
applicazione non adeguatamente considerato».
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