venerdì 11 aprile 2014

Il pentito Stefano Lo Verso: “Provenzano mi disse di essere protetto da politici e carabinieri”


provenzano-Redazione"Nel 2004 ospitai Provenzano, che era latitante, a casa di mia suocera. Solo dopo qualche giorno seppi l'identità dell'uomo che nascondevo e mi spaventai. Lui mi tranquillizzò dicendomi: “stai sereno, non mi cerca nessuno perché sono protetto dai politici e da alti funzionari dell'Arma".
Lo ha raccontato il pentito Stefano Lo Verso che sta deponendo al processo sulla trattativa Stato mafia "Io allora – ha aggiunto – volli capire se si trattava di carabinieri e lui assentiì”.
E aggiunse “meglio avere uno sbirro amico che un amico sbirro”. Il particolare è importante per l'accusa che sostiene che i carabinieri del Ros, imputati al processo, garantirono l'impunità al boss corleonese in nome della trattativa che con lui avevano avviato Il capomafia avrebbe anche aggiunto: "Totò Cuffaro deve mantenere gli accordi".
"Provenzano mi disse che le stragi erano state la nostra rovina e che la verità su quella stagione la sapevano solo lui, Riina e Andreotti perché gli altri due depositari della conoscenza sugli eccidi erano Salvo Lima e Vito Ciancimino, entrambi morti".
Il capomafia di Corleone avrebbe confidato al collaboratore, che lo nascose durante la latitanza, che Riina con le stragi doveva fare un favore a Andreotti che l'aveva garantito.
"Il clan di Bagheria voleva eliminare il magistrato Di Matteo e l'onorevole Lumia. Di Matteo era temuto perché era il più tosto dei Pm. Poi però il progetto non fu portato a termine perché non era il momento opportuno visto che c'era un processo in corso".
Lo Verso aggiunge "Provenzano mi disse che, dopo le stragi, Dell'Utri aveva cercato i suoi uomini, aveva preso il posto di Salvo Lima ed eradiventato il loro referente".
Il boss di Villabate Nicola Mandalà, nel 2003, avrebbe rivelato a Stefano Lo Verso, uomo d'onore ora pentito, che aveva "nelle mani Marcello Dell'Utri, il socio e amico Renato Schifani e il paesano di Ciccio Pastoia, Saverio Romano".
La confidenza, Mandalà gliela avrebbe fatta in occasione di una querelle sorta in merito alla realizzazione di una chiesa. "Gli chiesi aiuto – ha aggiunto – perché i lavori non partivano e lui mi rassicurò dicendo che se la sarebbe sbrigata lui grazie alle sue conoscenze".

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