venerdì 11 aprile 2014

Addio a Marmont, dall’attenzione profonda ai malati alla ricerca sulle staminali

Federico Mereta

Alberto Marmont du Haut Champ
Alberto Marmont du Haut Champ
Genova - La passione per la ricerca, una capacità divulgativa unica che sapeva attrarre anche i non addetti ai lavori e l’attenzione al malato che ha sempre rappresentato il fine ultimo di ogni suo sforzo. È difficile trovare queste doti, tutte insieme, in un medico. Ma ci sono casi in cui le abilità si sommano in una stessa persona, facendone un vero e proprio faro per quanti lavorano con lui, per chi ha la fortuna di conoscerlo, per le decine di migliaia di persone che ha curato.
Con Alberto Marmont du Haut Champ se ne va uno dei massimi rappresentanti della scienza medica genovese, italiana e internazionale. E se ne va anche quella curiosità di scoprire, di trovare risposte a quesiti che paiono inestricabili. Basti pensare in questo senso all’impegno nella ricerca sulle cellule staminali, oggi notissime al grande pubblico, quando ancora erano entità sconosciute nelle loro immense potenzialità.
Proprio a Genova Marmont ha fatto partire molti anni fa un progetto che si poneva come obiettivo la miglior conoscenza di queste cellule “bambine”, i misteri che nascondevano la loro capacità di adattarsi a diversi tessuti dell’organismo, addirittura la capacità di trasferire geni al loro interno per correggere problemi scritti nel Dna.
La storia di Marmont è ricca di successi. Nel 1976 con la sua équipe ha realizzato il primo trapianto di midollo su un malato, Pino, colpito da una grave forma di aplasia midollare, malattia che “blocca” la produzione delle cellule del sangue. Non c’erano terapia, se non la sostituzione dell’area destinata a produrre le cellule del sangue, il midollo osseo. Oggi Pino sta bene, a distanza di tanti anni, e il suo trapianto rappresenta una sorta di “punto di partenza” per la moderna ematologia, che ha capito molto dei meccanismi che portano a leucemie, linfomi e mieloma multiplo, ed è in grado di offrire una risposta terapeutica efficace in molti casi di neoplasie ematologiche. Anche nel paziente anziano, pur se l’età fino a qualche anno fa rappresentava una barriera insormontabile per trattamenti eccessivamente “pesanti” per il fisico di chi è avanti con gli anni, il “professore” ha sempre saputo leggere per primo i grandi passaggi della scienza che studia le malattie del sangue, come l’ematologia. Ed è stato tra gli artefici dei progressi che si sono compiuti negli ultimi trent’anni nella terapia delle malattie neoplastiche del sangue, e più precisamente degli organi emolinfopoietici.
Anche grazie alle sue intuizioni è mutato radicalmente il destino di una grande, anzi non raramente grandissima, percentuale di pazienti. Addirittura sembrano essere frantumate quelle barriere che tante volte impedivano di curare con efficacia le gravi malattie del sangue negli anziani. Anni fa l’atteggiamento era soprattutto quello di osservare l’evoluzione di malattie contro cui si poteva fare poco, e che spesso avevano un decorso lento. Oggi non è più così. Ma c’è ancora molta strada da fare, anche se per la scienza si è perso un punto di riferimento fondamentale. Nel futuro si potranno compiere progressi ulteriori anche per quello zoccolo duro di ammalati e di forme morbose che, allo stato, sono refrattari. Il professor Marmont, sicuramente, ne sarà felice!

http://www.ilsecoloxix.it/p/genova/2014/04/03/AQeavQLC-profonda_staminali_attenzione.shtml

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