La cassa delle contraddizioni
La Cassa depositi e prestiti dovrebbe servire per erogare finanziamenti agli enti locali. Oggi è diventata una Spa partecipata dalle Fondazioni Bancarie che punta al profitto, acquistando partecipazioni societarie e staccando dividendi. Del resto, una società per azioni, per definizione, risponde ad esigenze di remunerazione del capitale investito; finalità ben diversa dall’interesse delle collettività
di Gabrile Mandolesi
La Cassa depositi e prestiti (Cdp) nasce nel 1850 per essere strumento di raccolta del risparmio finalizzato al finanziamento delle opere pubbliche. Per molti anni, la Cassa ha avuto un ruolo marginale sul palcoscenico della finanza pubblica, salvo quello relativo al sussidio che garantiva agli enti pubblici. Poi la svolta: nel 2003 Cdp si trasforma in SpA, con un azionariato oggi composto principalmente dal ministero dell’economia e delle finanze (80%) e da alcune Fondazioni bancarie (18%), quali Cariplo, San Paolo, Mps.
Ebbene ecco la prima contraddizione: una società per azioni, per definizione, risponde ad esigenze di remunerazione del capitale investito e redditività; finalità ben diverse dall’interesso pubblico su cui si fondavano gli ideali originari della Cassa.
Oggi, la privatizzazione della Cdp, consente alle predette Fondazioni bancarie di rimpinguare le proprie casse mediante i cospicui dividendi che annualmente vengono erogati da mamma Cassa Depositi e Prestiti. E non solo! In qualità di soggetto che adesso punta al profitto prima di tutto, la Cassa è “costretta” ad applicare condizioni e tassi di interesse meno favorevoli ai propri debitori (ad esempio gli enti locali), arrivando (quasi) ad allineare i tassi offerti a quelli del mercato.
D’altra parte, recentemente l’amministratore delegato di Cdp Giovanni Gorno Tampini ha detto che, sotto la sua dirigenza, i finanziamenti agli enti locali sono stati radicalmente ridotti, come se non fosse questo lo scopo principale per il quale la Cassa Depositi e Prestiti è nata e ha operato nel Paese per più di un secolo e mezzo.
A chi giova tutto ciò? Alle banche stesse ovviamente, che in questo modo non devono temere la “concorrenza” di Cdp nelle operazioni di prestito. Parliamo, nella maggior parte dei casi, delle stesse banche che tramite le predette Fondazioni detengono partecipazioni nel capitale sociale della Cassa stessa….
Sulla base dell’ultimo bilancio disponibile, la Cassa oggi ha una liquidità di circa 145,8 miliardi di euro, partecipazioni per un valore complessivo di circa 33 miliardi, un patrimonio netto superiore a 17,5 miliardi di euro e quasi 240 miliardi di euro di risparmi postali da gestire mediante investimenti in “società di interesse nazionale in equilibrio economico e finanziario e con prospettive reddituali e di sviluppo”. In forza di tale norma contenuta nel suo statuto sociale, Cdp ha potuto acquisire nel tempo partecipazioni di diverse società, divenendo l’azionista di riferimento di Eni, Terna, Snam rete gas. Inoltre, la società guidata dal presidente Bassanini ha da poco rilevato il 100% di Sace, il 76% di Sinmest e il 100% di Fintecna, girando oltre 10 miliardi di euro al suo principale azionista, nonché vecchio proprietario delle predette società, il Tesoro.
Dato che Cdp è considerata, formalmente, al di fuori del perimetro pubblico (per intenderci non rientra nel calcolo del debito pubblico), quest’ultima operazione ha rappresentato una vera e propria partita contabile di giro, non a caso definita da Il Sole 24 Ore “un inganno pericoloso”. Infatti, formalmente il debito pubblico dello Stato è diminuito attraverso la vendita, ma sostanzialmente la spesa è stata sostenuta interamente da una società da questo controllata. Una partita di giro giustappunto.
Seconda contraddizione.
Ma non finisce qui: sono in dirittura di arrivo investimenti che faranno da apripista a una successiva privatizzazione. In particolare la prossima acquisizione dell’84,55% di Ansaldo Energia, colosso industriale dei macchinari per l’energia, di Ansaldo Breda, produttore di veicoli su rotaia, e di Ansaldo Sts, produttori di veicoli per trasporto pubblico su gomma, rappresentano operazioni che serviranno a traghettare le aziende alla successiva privatizzazioni, completando lo smantellamento del settore civile di Finmeccanica, che da quel momento potrà interamente dedicare le sue energie al solo settore degli armamenti, ben più remunerativo. Terza contraddizione.
Insomma, dall’intreccio complesso del quadro su rappresentato (peraltro neppure completo, per ragioni di brevità abbiamo evitato di narrare tutto) ne emerge un reticolo di legami con i principali gruppi bancari e industriali del Paese (e non solo) attraverso partecipazioni direttamente e/o indirettamente detenute che contribuiscono alla creazione di un conglomerato trasversale che, e qui veniamo alla madre di tutte le contraddizioni, ha spinto gran parte dell’opinione pubblica ad equiparare la Cassa alla defunta Iri, Istituto di Riconversione Industriale voluto da Mussolini per salvare i principali gruppi bancari di allora.
L’Iri era una cassaforte di partecipazioni statali in imprese ritenute “strategiche” o, più spesso, in mano ad amici dei politici. La Cdp, per fortuna, non è proprio come l’Iri perché per statuto può acquisire solo “partecipazioni di minoranza” nelle aziende. Tuttavia, osservando soprattutto gli eventi più recenti, non è peregrino affermare che Cdp abbia fatto prevalere l’opportunità politica sulla convenienza economica di certe scelte.
Vi chiederete allora, qual è il filo conduttore che lega tutte queste operazioni? Nessuno…. se non quello di favorire da una parte l’ulteriore privatizzazione di pacchetti industriali e di servizi pubblici locali, genuflettendosi ai diktat dei mercati e dei vincoli europei; dall’altra far acquisire in maniera sempre più definitiva a Cdp il ruolo di leva sul mercato per gli interessi dei grandi capitali finanziari.
La quota di risparmi privati è oggi arrivati a circa 235 miliardi di euro, la maggior parte dei quali destinati ad essere investiti in progetti faraonici di nessuno interesse per la comunità (vedere il complesso di opere che la Cassa sta finanziando per garantire il successo ad Expo Milano 2015, quali autostrada Bre.Be.Mi., Tem, etc…), o a creare valore solo per l’interesse di pochi. E’ necessario che i risparmi dei cittadini, tornino ai cittadini.
Una soluzione potrebbe essere quella, come molti esperti dicono, di risocializzare la Cdp per avviare investimenti “pubblici” attingendo dalla raccolta postale. Per risocializzazione si intende non solo tornare al pubblico, bensì che le istituzioni pubbliche debbano accorciare la filiera risparmio-credito nei territori, aiutando così le famiglie e le imprese a sottrarsi alle grinfie dei mercati di capitale privati e della finanziarizzazione dell’economia e della società, introducendo allo stesso tempo una democrazia economica di base nel decidere insieme l’allocazione di capitale secondo criteri di interessi generale. Esattamente l’opposto di quanto oggi promulga il vertice di Cdp promuovendo il pubblico interesse, di pochi.
La Cassa deve tornare a prestare ai Comuni a tassi fuori mercato per investimenti di interesse pubblico e non privato, anche violando il Patto di Stabilità. Insomma un ritorno al 1850…
http://comune-info.net/2014/01/contraddizioni-della-cassa/
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