Il lancio d’agenzia è scarno. Poche righe affidate, nei telegiornali di domenica scorsa, alla voce dei conduttori. Angelo Di Carlo è morto. Un nome, un numero. Aveva cinquantaquattro anni e le foto sui quotidiani online lo ritraggono sorridente: baffoni da pirata, stempiatura importante e una coda di capelli scuri, da irriducibile. Da uno che non si rassegna alla calvizie, figurarsi alle avversità della vita. Eppure.
Una notizia breve in un rosario di disgrazie: la crisi che brucia migliaia di miliardi, il rientro da bollino rosso che brucia carburante al prezzo di champagne, la stangata prossima ventura che brucerà gli stipendi di chi ancora un lavoro ce l’ha, l’anticiclone Lucifero che brucerà l’ultimo (si spera) scampolo di un’estate rovente, i piromani che bruciano boschi, riserve naturali, campeggi e parchi cittadini. In tutto questo bruciare si perde la morte di Angelo Di Carlo, che di fuoco è morto.

L’autrice è estranea all’immagine e al messaggio
La composizione e lo slogan sono esclusiva responsabilità del curatore di questo sito.
La composizione e lo slogan sono esclusiva responsabilità del curatore di questo sito.
Angelo era uno di noi, uno dei tanti. Aveva anche un figlio e quelle poche righe del lancio d’agenzia ci indugiano sopra con accanimento giornalistico: al figlio ha lasciato una lettera in uno zaino e un’eredità di 160 euro. Forse è questo che ha pensato Angelo quando, tornato nella sua Roma, ha raggiunto la piazza davanti alla Camera dei Deputati e si è dato fuoco. Forse ha realizzato, durante il tragitto o mentre si cospargeva di liquido infiammabile, che quello fosse il valore di tutta una vita: centosessanta euro. Poi, quando le fiamme lo hanno avvolto, ci piace illuderci che abbia smesso di pensare, che abbia smesso di essere cosciente dello scempio che si era inflitto. A soccorrerlo, spegnendo le fiamme con un estintore, sono stati i carabinieri che vigilano su Montecitorio. Ma le ferite erano troppo gravi e dopo otto giorni di agonia, Angelo Di Carlo ha raggiunto lo scopo che si era prefisso: arrendersi. Un gesto eclatante, ma non sminuiamolo elevandolo a simbolo. La morte di Angelo ha un valore perché è la sua. Perché gli ha ridato un nome e un volto, dopo l’anonimato disperante nella folla di precari, disoccupati e disperati che stiamo diventando.
http://www.tzetze.it/2013/03/21-anni-e-arrendersi.html
Nessun commento:
Posta un commento