giovedì 1 novembre 2012

Sandy, i Caraibi la pagano cara

da Andrea


La forza devastante dell’uragano Sandy, che ha colpito nei giorni scorsi la costa est degli Stati Uniti e del Canada e che oggi si è trasformato in una semplice depressine, si è precedentemente abbattuta sul Golfo del Messico, interessando tutte le isole caraibiche.
Cuba, Repubblica Dominicana, Jamaica, Haiti, è qui che Sandy ha veramente mostrato la sua forza violenta; le isole più interessate dalla furia di Sandy sono state, per un kafkianogioco di destini, le più povere: Haiti e Cuba.
Haiti sopratutto, ancora in ginocchio a causa del terremoto del 2010 e dell’epidemia di colera che si fa fatica a fronteggiare, piange oggi 54 figli di questa terra dimenticata da dio e, sopratutto, dagli uomini (nonostante la presenza di Ong sia massiccia sul territorio haitiano). 

Il silenzio mediatico assordante attorno alla realtà haitiana è colpevole, almeno moralmente parlando, di quanto sta succedendo dal 2010 ad oggi; colpita il 21 ottobre scorso da Sandy, in meno di 24ore sull’isola sono piovuti circa 50cm d’acqua sulla testa di 400mila persone che, da quel maledetto 2010, vivono di espedienti senza una casa.
E’ facile immaginarsi ciò che può essere successo, ma è doveroso anche cercare di raccontarlo: i morti e gli ingenti danni negli Stati Uniti non devono far dimenticare la forza devastante dell’uragano che diventa ancor più devastante se colpisce case di fango e legno, senzatetto, profughi, colerosi.
I Caraibi piangono ora i loro morti: 54 ad Haiti, 16 a Cuba (la città piu colpita, Santiago de Cuba, vive oggi sulle macerie di 200mila abitazioni), le colture Jamaicane devastate e i raccolti che andranno perduti; non meno di mille i feriti haitiani, ancora incalcolabili i dispersi in tutte le isole caraibiche e un’emergenza alimentare aggravata dalla distruzione dei campi e delle colture operata da Sandy.
Le autorità locali parlano di circa il 70% dei campi distrutto dall’uragano, sopratutto consistenti in mais e banane; come spiegato da Valeria Taurino, capo missione di Terre des Hommes ad Haiti, al quotidiano Repubblica
ai timori per una possibile nuova emergenza alimentare si aggiungono quelli di una recrudescenza del colera, scoppiato ad Haiti qualche mese dopo il devastante terremoto del gennaio 2010 e da allora rimasto endemico. Più di 7500 persone sono da allora morte di colera ed ogni settimana si registrano centinaia di nuovi casi.
Case ingoiate dal fango, reti fognarie già inadeguate definitivamente compromesse (rappresentano queste i focolai di colera più pericolosi, come fu nel post-terremoto del 2010), la situazione ad Haiti è gravissima: le autorità informano che non è possibile fare un bilancio fino a quando i fiumi, ancora in piena, non si saranno ritirati dalle città.
Sandy ad Haiti potrebbe rappresentare il colpo di grazia per questo meraviglioso paese e per questa gente: è preciso dovere della comunità internazionale fare qualunque cosa per aiutare Haiti a risollevarsi, mettendo in campo modalità diametralmente opposte a quelle messe in campo finora, che hanno solo indebitato maggiormente il governo, impoverito le persone: è infatti riservato alle Ong l’uso del denaro, delle forze e dei mezzi a disposizione; in tal senso il governo e le autorità haitiane non possono fare altro che attendere che qualcuno spenda per loro, decidendo cosa serve e cosa non serve alla popolazione: un modello di solidarietà internazionale marcio, che alimenta la corruzione, la criminalità e la delinquenza comune e che, negli ultimi due anni, ha di fatto impedito ad Haiti di cercare di rialzarsi.
Via | Bbc News
Foto | Wunderground


Nessun commento:

Posta un commento