domenica 23 ottobre 2022

Juan Carlos Lorenzo

 


"Don Juan lasciò Roma senza salutare nessuno. Neanche il suo presidente, che lo aveva riportato in Italia con l’illusione di salvare una squadra alla deriva, spaccata all’interno, logorata dai personalismi e dai problemi societari. Tradito dai suoi giocatori e condannato dal connazionale Maradona, Juan Carlos Lorenzo sparì nella notte romana dopo una sconfitta per 4-0 subita a Napoli. Era l’ultima domenica di febbraio: non lo rividero più.

L’ultima avventura nella Lazio è carica di sceneggiature e povera di punti. Richiamato a Roma da Giorgio Chinaglia - accolto come salvatore della patria - si scontrò con una realtà troppo distante dal suo immaginario.

Gli aneddoti dell’ultima esperienza laziale hanno già dato ampio spazio alla letteratura sportiva; era ossessionato dal numero 8 che considerava come un amuleto, era terrorizzato dalla presenza di osservatori delle squadre avversarie; più di una volta - pur di non svelare i suoi piani alle fantomatiche spie - annullò gli allenamenti. Era questa, una fobia che lo portava a sospettare di chiunque; a Fregene - in un ritiro pre-partita - costrinse il suo secondo Giancarlo Oddi ad allontanare un personaggio che circolava in maniera sospetta nella hall dell’albergo: era il proprietario (!) che minacciò di cacciare all’istante l’intera squadra. Imponeva all’autista del pullman sociale di passare con il semaforo rosso per propiziare i successi casalinghi, mettendo a rischio la vita dei giocatori. Quando perdeva, pretendeva che venisse bruciata l’intera muta di maglie. Imponeva riti, diete e una disciplina militare. In quell’inverno del 1985, ottenne 10 punti in 18 partite: l’addio fu scontato. Si giocò in Argentina gli ultimi spicci di una gloria antica, già incassata nelle esperienze vincenti. A 100 anni dalla sua nascita va riconsegnato alla storia un ritratto più autentico di un grande interprete del calcio..."


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🙏🏻 Don Juan nasceva a Buenos Aires esattamente 100 anni fa!

Un commento:

Juan Carlos Lorenzo, argentino di Baires, detto "hombre orquesta", uomo orchestra, per la sua grande abilità a dirigere la squadra, è stato sia un grande giocatore sia un grande allenatore.

Io ne ho un ricordo vivissimo perché era amico fraterno di mio papà. Erano dello stesso anno di nascita (1922) e, quando venne a giocare nella Samp, Lorenzo venne ospitato dalla famiglia di mio padre. Di lui mio papà mi raccontava quanto fosse superstizioso, una attitudine che raggiungeva livelli maniacali, come (una tra le tante) la mania per il numero 8.

Cresciuto nel Chacarita Juniors e dopo l'esperienza con il Boca Juniors, Lorenzo arrivò appunto in Liguria nel 1948 anche se, come mi ha sempre ricordato mio papà, in blucerchiato non riuscì a dare il meglio di sè stesso a causa di un ginocchio ballerino (all'epoca gli ortopedici facevano quello che potevano). Prese anche la cittadinanza italiana, cambiando il suo nome da Juan Carlos a Giancarlo. Rimase alla Samp per 4 anni, per poi trasferirsi in Francia, al Nancy, e quindi spostarsi in Spagna, prima all'Atletico Madrid (proprio del periodo all'Atletico è la foto che Lorenzo inviò a mio papà e che allego) e successivamente, al Rayo Vallecano ed al Maiorca, dove terminò la carriera nel '58, a trentasei anni.

Se era stato un cittadino del mondo da giocatore, ancor di più fu giramondo da allenatore: Maiorca (già nel '58, con un passaggio immediato dalla carriera di giocatore a quella di allenatore), poi il San Lorenzo de Almagro, la nazionale argentina, la Lazio, la Roma, ancora la nazionale argentina, il River Plate, ancora il Maiorca, ancora la Lazio, ancora il San Lorenzo de Almagro, l'Atletico Madrid, l'Union, il Boca Juniors, il Racing Club Avellaneda, l'Argentinos Juniors,, ancora il San Lorenzo del Almagro, l'Atlante, il Velez Sarsfiled, l'Atlanta (da non confondersi con l'Atlante), l'Indipendiente, ancora la Lazio, ancora il San Lorenzo ed ancora il Boca Juniors, ultima tappa nel 1987 di una carriera infinita.

In questo lunghissimo elenco risaltano alcune cose: il fatto di aver guidato in due mondiali la seleccion argentina, Cile '62 ed Inghilterra '66. Questa seconda esperienza, in particolare, lasciò una grande rabbia in Juan Carlos ed in tutto il popolo argentino, in quanto la seleccion venne cacciata fuori dal mondiale a causa dell'arbitraggio che è un eufemismo definire vergognosamente casalingo del tedesco Kreitlen nel match con la nazionale di casa; il fatto di aver allenato sia la Lazio sia la Roma; la squadra biancoazzurra, in particolare, Lorenzo la allenò in ben tre occasioni per complessive 184 panchine, record superato solo di recente da Simone Inzaghi; aver allenato, caso piuttosto raro, le due grandi squadre rivali di Buenos Aires, il Boca ed il River; essere stato l'uomo dei grandi ritorni, non solo alla già citata Lazio, ma al Maiorca, al San Lorenzo (allenato in ben 4 differenti periodi!), al Boca ed alla stessa nazionale argentina.

Nella sua carriera di allenatore, Lorenzo è arrivato ad un passo dal vincere la coppa dalle grandi orecchie (allora ancora Coppa dei Campioni e non Champions League) alla guida dell'Atletico Madrid: nella finale contro il Bayern Monaco, all'Heysel, gli spagnoli andarono in vantaggio con Luis Aragones (poi allenatore della Spagna vincente dell'Europeo 2008) ma ad un minuto dal termine un tiraccio della disperazione dello stopper tedesco Schwarzenbeck raddrizzò la gara. Ricordo che vidi quella gara in tv tifando furiosamente per l'Atletico proprio per l'amicizia di Lorenzo con mio papà. Allora non si disputavano i rigori ma c'era la ripetizione, che si giocò due giorni dopo e nella quale l'Atletico perse 4-0.

Personalmente ho due ricordi di "Giancarlo": il primo quando, nella stagione 68-69, la Lazio di Lorenzo venne a giocare a Genova contro il Genoa (campionato di B che la squadra biancoazzurra stravinse) e la domenica mattina della gara mio papà mi portò nel ritiro laziale di Rapallo a salutare il suo vecchio amico. Ero un bambino e ricordo che Lorenzo mi fece mille coccole, sotto gli occhi divertiti dei giocatori Ferruccio Mazzola e Giuliano Fortunato.

Il secondo è relativo alla stagione '84-85, quando Lorenzo venne richiamato per la terza volta in carriera al capezzale di una Lazio messa malissimo in classifica. I biancoazzurri vennero a Marassi e con la Samp riuscirono a rimontare da 0-2 a 2-2. Pur essendo sampdoriano, a distanza di anni posso confessare che, visto il sentimento che provavo per Lorenzo, non mi rammaricai per la rimonta subita.

Lorenzo è mancato nel 2001, a 78 anni, nella natia Buenos Aires con una grande rimpianto: non essere riuscito, così come invece aveva fatto in altre piazze, a ritornare alla Samp pure da allenatore. Mi ricordava sempre mio papà, che aveva un compito dirigenziale nella società blucerchiata, che Lorenzo gli inviava ripetute lettere in cui gli chiedeva di perorare la sua richiesta di poter sedere sulla panchina blucerchiata, ma non se ne fece mai nulla. Peccato.

Marco Marchegiano (l'autore del commento)


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