|
Sembra una partenza, ma in realtà fu l’arrivo: era il 2002 e le truppe americane sbarcavano alla base di Bagram (Afp)
È stata la base aerea epicentro della lotta contro i talebani e Al Qaeda. E ora passa nelle mani dell’esercito afghano. I soldati americani lasciano Bagram, in quello che appare uno dei ritiri militari più complicati che la storia ricordi.
Certo, il disimpegno delle ultime truppe statunitensi rimaste
(2.000-3500 uomini) non è ancora del tutto ultimato in vista della data simbolo dell’11 settembre indicata da Joe Biden come fine ufficiale delle operazioni militari. E se qui a Kabul l’attesa di un annuncio ufficiale è per il 4 luglio,
altra data simbolo giorno dell’Indipendenza Usa, la base di Bagram, 50
chilometri a nord di Kabul, rappresenta sicuramente uno dei luoghi
chiave della presenza statunitense in Afghanistan.
Uno degli ultimi aerei americani atterrati a Bagram, ieri (Afp)
-
Qui sono atterrati decine di migliaia di soldati che hanno preso parte alla Guerra al Terrore, da qui sono partiti i feretri dei quasi duemila militari statunitensi uccisi in azione. Non a caso, la Cnn descrive il ritiro dei soldati americani da Bagram, effettuato senza alcuna cerimonia, come «una vittoria simbolica per i talebani, che hanno condotto un’incessante battaglia contro l’esercito afghano, respingendo le forze governative e invadendo un numero crescente di distretti».
- E se il futuro del Paese appare incerto, con i
talebani intenzionati a conquistare ulteriori posizioni e a porsi come
attore politico, al momento l’incognita più grande nel breve periodo appare il controllo dell’aeroporto di Kabul. Nell’ultima settimana è diventata sempre più concreta la possibilità che la Turchia si faccia carico della sicurezza dell’Hamid
Karzai Airport, punto strategico da sempre nel mirino dei talebani,
snodo fondamentale per missioni umanitarie, convogli diplomatici e
visite ufficiali da parte del traballante governo afgano.
-
La perdita dell’aeroporto segnerebbe la fine del governo di Kabul. Un
accordo verbale è stato raggiunto dai presidenti Joe Biden e Recep
Tayyip Erdogan durante l’ultimo vertice Nato; pochi giorni più tardi, in
una visita ad Ankara una delegazione americana preme perché la Turchia
si faccia carico della sicurezza dell’infrastruttura da sola,
continuando un lavoro iniziato nel 2013, ma al fianco degli eserciti di
Usa, Francia e Ungheria.
- Ma si tratta anche in questo caso di uno scenario tutto da definire data anche la frattura di questi ultimi anni tra Ankara e Washington,
causata dall’acquisto da parte della Turchia del sistema di difesa
missilistico russo s-400 e le ripetute minacce di sanzioni da parte
degli Usa, che però non hanno mai spinto Erdogan a compiere passi
indietro.
-
Ankara esige che gli Stati Uniti e altri alleati partecipino alle scorte dei convogli e delle missioni diplomatiche, così come di poter scegliere con quali altri eserciti lavorare per il controllo dell’aeroporto. In testa tra possibili contingenti, quello pakistano e quello ungherese.
Budapest ha una lunga storia di rapporti con gli afghani e un maggior
accesso a informazioni riguardanti le operazioni da parte dei talebani.
Inoltre la partecipazione ungherese consentirebbe a Viktor Orbán di ottenere una maggior visibilità e peso all’interno della Nato, obiettivo che il premier ungherese ha confessato di voler raggiungere.
|
|
Nessun commento:
Posta un commento