giovedì 27 febbraio 2014

L’agricoltura che salverà il mondo

Un nuovo rapporto del Worldwatch Institute, “Organic Agriculture Contributes to Sustainable Food Security”, esamina la crescita di pratiche biologiche agricole nel mondo ed il loro impatto sulla sicurezza alimentare e l’ambiente. Le due autrici, Catherine Ward e Laura Reynolds, si fermano al 2010, l’anno più recente per il quale sono disponibili i dati, e scrivono che «L’agricoltura biologica ha rappresentato circa lo 0,9% del totale dei terreni agricoli in tutto il mondo. Mentre questa è ancora una quota minuscola, a partire dal 1999 la superficie coltivata biologicamente si è espansa ed è più che triplicata: 37 milioni di ettari di terreno sono ora coltivati con metodi organici, compresi i terreni che sono in fase di conversione dalle tradizionali pratiche agricole».
Tra il 2009 e il 2010 l’estensione di terra coltivata biologicamente è però sceso di un piccolo 0,1%, una diminuzione che è stata più forte in India e Cina, ma compensata da un ulteriore aumento del biologico in Europa. Va anche detto che, nonostante un calo della terra coltivata biologicamente in Cina e in India, tra il 2009 e il 2010 il volume delle esportazioni di prodotti biologici in India è aumentato del 20%.
A sorpresa, il continente con la maggiore è stata l’Oceania: in Australia, Nuova Zelanda e nei piccoli Stati insulari del Pacifico nel 2010 venivano coltivati biologicamente 12,1 milioni di ettari, in Europa 10 milioni di ettari ed in America Latina 8,4 milioni di ettari. L’Africa ha il 3% dei terreni agricoli biologici certificati del mondo, con poco più di 1 milione di ettari certificati, L’Asia il 7%, per un totale di 2,8 milioni di ettari.
La ricerca, pubblicata su Vital Signs Online del Worldwatch Institute, sottolinea che l’agricoltura biologica è ormai normata da standard internazionali: nel 2010 erano 84 i Paesi del mondo che attuavano regolamenti per il biologico, 10 in più che nel 2009. Ma le certificazioni per l’agricoltura biologica sono sempre più concentrate nei Paesi più ricchi. L’Europa tra il 2009 e il 2010 ha aumentato del 9% i suoi terreni, la crescita più grande crescita in ogni continente. Gli Usa sono invece rimasti indietro nell’adozione di metodi di produzione agricola sostenibili. Se però si considerano le vendite di prodotti biologici e non la produzione, l’industria statunitense dei prodotti organici è uno dei settori in più rapida crescita nel Paese: più 9,5% nel 2011, quando ha raggiunto 31,5 miliardi dollari di fatturato.
Dato che come la gran parte della crescita della popolazione mondiale è concentrata nei Paesi più poveri, la produzione alimentare sostenibile sarà sempre più importante nei Paesi in via di sviluppo. Il rapporto evidenzia che «L’agricoltura nei Paesi in via di sviluppo è spesso ad intensità di lavoro molto più alta rispetto ai Paesi industriali, quindi non è sorprendente che circa l’80% degli 1,6 milioni di agricoltori biologici certificati globali viva nel mondo in via di sviluppo». I paesi con più produttori biologici certificati nel 2010 sono stati l’India (400.551 agricoltori), l’Uganda (188.625), e il Messico (128.826). Ma l’agricoltura biologica non certificata nei Paesi in via di sviluppo è praticato da milioni di indigeni, contadini e piccole aziende agricole familiari, sia nell’agricoltura di sussistenza che nelle produzioni locali destinate al mercato.
Le definizioni di agricoltura biologica variano a seconda degli Stati, ma secondo la Federation of Organic Agriculture Movements «L’agricoltura biologica è un sistema di produzione che si basa su processi ecologici, piuttosto che sull’utilizzo di input sintetici, come i fertilizzanti chimici e pesticidi».
La Reynolds, una ricercatrice del Food and agriculture program del Worldwatch, spiega: «Anche se l’agricoltura biologica produce spesso un calo dei rendimenti del terreno coltivato di recente in modo convenzionale, è possibile superare le pratiche tradizionali, specialmente nei periodi di siccità, quando la terra viene coltivata più a lungo in modo biologico. Le pratiche agricole convenzionali spesso degradano l’ambiente sia a lungo termine che a breve, attraverso l’erosione del suolo, l’ eccessiva estrazione di acqua e la perdita di biodiversità».
Secondo lo studio «L’agricoltura biologica ha il potenziale per contribuire alla sicurezza alimentare sostenibile, migliorando l’assunzione di nutrienti e sostenendo le condizioni di vita nelle zone rurali, allo stesso tempo riduce la vulnerabilità al cambiamento climatico e migliora la biodiversità. Le pratiche sostenibili connesse all’agricoltura biologica sono relativamente alta intensità di manodopera. L’agricoltura biologica utilizza fino al 50% in meno di energia da combustibili fossili rispetto all’agricoltura convenzionale e le pratiche comuni, tra le quali la rotazione delle colture biologiche, l’applicazione di concime ai campi vuoti, e il mantenimento di arbusti perenni ed alberi nelle aziende agricole, stabilizzano anche i suoli e migliorano la ritenzione idrica, in modo da ridurre la vulnerabilità agli eventi atmosferici. In media, le aziende biologiche hanno il 30% in più di biodiversità, compresi gli uccelli, insetti e piante, di quel che hanno le aziende agricole convenzionali».

(fonte: Greenreport.it)

http://comune-info.net/2013/01/bio/

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