sabato 1 febbraio 2014

Grillo, i migranti e la «decrescita»

Un articolo dell’autore di «Un grillo qualunque» (Castelvecchi), a proposito dei toni e degli argomenti contro lo ius soli del Movimento 5 Stelle.
di Giuliano Santoro
Dopo che il leader del MoVimento 5 Stelle ha rispedito al mittente ogni progetto di legge sullo ius soli, mi hanno contattato i volontari del Naga, storica associazione antirazzista milanese. “Ogni volta che Grillo parla di migranti usa i toni e gli argomenti della destra xenofoba e populista – mi hanno detto, più o meno – Ciò nonostante, viene da sinistra almeno un terzo dei voti che ha conquistato alle elezioni politiche”. Da qui, è nata l’idea di ragionare attorno a questa contraddizione. Il dialogo che trovate qui sotto è stato pubblicato sulla NaGazzetta, giornale online del Naga, del mese di maggio (potete scaricarlo qui).
grillo-300x203La cittadinanza italiana è requisito indispensabile per iscriversi al M5S. Secondo il non-statuto, per esercitare con un clic il diritto di voto attivo e passivo bisogna essere italiani. Come nell’agorà ateniese, Grillo tiene fuori lo straniero dalla sua “piazza”. Perché?
Rispondo raccontando questo episodio. A una delle presentazioni del mio libro è venuto un neoparlamentare del Movimento 5 Stelle. Abbiamo poi scoperto che questa persona viene dal mondo dell’altraeconomia, dal giro largo del movimenti sociali, dunque probabilmente aveva voglia di rendere conto del suo recente passato. Bene, quando gli abbiamo chiesto il motivo delle posizioni ambigue quando non apertamente xenofobe di Grillo e del M5S sui migranti ha risposto in maniera disarmante e con candore: “Ne abbiamo discusso, ma abbiamo capito che quel tema divide gli italiani”. Ecco: se ci fate caso Grillo è attentissimo a questo. Non dice mai cose che potrebbero aprire conflitti interni al “popolo”, che deve essere Uno e in lotta contro un Nemico che è quasi sempre un’entità esterna alla “Gente”. L’”unità del popolo” presuppone che non si possano fare discorsi articolati, complessi, magari controcorrente. I migranti, il loro essere in-between tra culture e paesi, sono la quintessenza della molteplicità, la figura paradigmatica della globalizzazione. Sono l’osso duro indigeribile per i banalizzatori. Chi vuole ridurre il Tutto ad Uno li ignora o li avversa.
Il programma del M5S tace sui migranti. In campagna elettorale Grillo aveva liquidato lo ius soli come un’arma di distrazione di massa. Ora minaccia “bel referendum” nel caso – assai remoto – che la ministra Cécile Kyenge convinca il suo governo a migliorare la legge sulla cittadinanza. Qualche parlamentare 5Stelle ha timidamente preso le distanze dal Capo. E gli elettori?
Grillo sa usare le parole e soprattutto è un maestro dell’ambiguità. Questa ambiguità si riversa nel M5S: dentro c’è tutto e il contrario di tutto e la cosa paradossale è che tutti si sentono a loro agio, come se il Movimento gli fosse stato cucito addosso. Una di quelle regole del marketing che Gianroberto Casaleggio deve conoscere molto bene, prevede che per vendere un prodotto questo debba essere appetibile agli occhi di diversi tipi di target. Allo stesso modo, il M5S prende voti sia a destra che a sinistra: ognuno ci vede quello che preferisce. L’elettore “di sinistra” sarà rapito dalla promessa (vaga e mai chiarita) di un reddito garantito. Quello di destra sarà attratto dal Principio del Capo, dalla retorica sulla Pulizia e degli italiani che si riprendono l’Italia. In tutto ciò, i diritti dei migranti fanno una pessima fine. Ma ciò non impedisce, e questo è il paradosso principale di questa vicenda paradossale, che nel M5S ci siano convinti antirazzisti, che magari chiudono un occhio davanti a certe posizioni imbarazzanti perché bisognosi di un punto di riferimento politico dopo il collasso dei partiti novecenteschi.
Dopo Rosarno e dopo gli sbarchi dal Nord Africa, Grillo sul suo blog aveva tuonato contro “il trionfo della globalizzazione degli schiavi”. Nella sua visione, i migranti non hanno alcuna autonomia e soggettività, non si muovono per cercare una vita migliore. Sono solo vittime, pedine mosse a piacere dal capitale, esercito industriale di riserva sottopagato, giocato contro i lavoratori autoctoni. Un’argomentazione in apparenza “di sinistra” usata da tutti i populismi “di destra”.
È proprio così. Queste posizioni, come è evidente, non hanno nulla di innovativo o rivoluzionario. Sono le cose che la gran parte dei politici italiani va ripetendo da anni. Facciamo un esempio che pochi ricordano. Quando nel 2008 esplose la fantomatica “emergenza sicurezza”, una campagna stampa aggressiva e razzistoide mise d’accordo il centrodestra e il centrosinistra sulla necessità di arginare un inesistente allarme microcriminalità con politiche contro i migranti. Grillo – che pure si vanta di essere autonomo dagli inciuci bipartisan – si guardò bene dal dissociarsi da quel clima velenoso, anzi alzò la posta straparlando di un’inesistente “invasione” di extracomunitari e accreditando la relazione (del tutto falsa) “più migranti, più illegalità”.
Per il M5S i partiti sono il male, la comunità è il bene. La comunità del web, innanzitutto. Ma anche di quelli che fanno la spesa a chilometro zero, riciclano, non sprecano e, al limite, si muovono il meno possibile. Il comunitarismo, giustamente criticato quando a praticarlo sono i migranti, viene riscattato dalla decrescita felice, di cui Grillo è paladino. La decrescita felice postula che ognuno resti dov’è, è insidiata dall’urto delle migrazioni. “Aiutiamoli a casa loro”, dice Grillo. Anche questa l’avevamo già sentita.
La decrescita è un tema controverso. Molti di quelli che sostengono che si debba smettere di perseguire la religione della crescita economica lo fanno in buona fede e spesso danno vita a pratiche di vita quotidiana esemplari e ammirevoli. Tuttavia, non si può negare,che l’ideologia della decrescita sia leggibile anche “da destra”, che serva a esaltare le piccole comunità chiuse e a considerare i migranti pedine in preda a una megamacchina, non soggetti in grado di intraprendere percorsi autonomi di fuga dalle miserie, dalle guerre, dallo sfruttamento e capaci di mettere attivamente in discussione i confini e la divisione del lavoro globale. La colpa, forse, è anche della sinistra, che non ha mai sciolto alcune incertezze sul tema. Una certa idea di decrescita si presta a far da impalcatura ideologica alle retoriche “né di destra, né di sinistra” di Beppe Grillo. Attraverso questa visione distorta della critica al fallimento del capitalismo, il M5S riesce a portare su un terreno “neutro”, non schierato, alcune parole d’ordine ambientaliste o la battaglia (spesso giusta) contro le Grandi Opere. E tuttavia, se fossi un ecologista o un cittadino impegnato in difesa del proprio territorio mi darebbe molto fastidio essere strumentalizzato in questo modo da Grillo e Casaleggio. E’ una questione che dobbiamo porci, soprattutto adesso che il M5S incamera il comprensibile malcontento causato dal governissimo dell’austerità.

Articolo pubblicato anche su suduepiedi.net.

http://comune-info.net/2013/06/grillo-e-i-migranti-una-discussione/

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