mercoledì 17 dicembre 2025

Caccia alle streghe

 In Papua Nuova Guinea, esiste ancora la “caccia alle streghe” nel 2025.

Qualche giorno fa ho letto di una suora francescana svizzera, suor Lorena Jenal, impegnata in Papua Nuova Guinea da oltre trent’anni nella difesa delle persone accusate di stregoneria. 

In molte comunità dell’entroterra papuano, quando muore qualcuno all’improvviso, la spiegazione che ancora circola, soprattutto dove la scienza e l’istruzione sono scarse, è che “una strega” abbia causato la morte con magia nera. 

Così accade che uomini, donne e persino bambini vengano accusati di stregoneria, picchiati, mutilati o addirittura uccisi da folle ignoranti che cercano un capro espiatorio per la sventura che li ha colpiti. 

Suor Lorena ha ricevuto un premio internazionale per il suo impegno nel proteggere queste vittime, spesso donne marginalizzate, e per aver fondato rifugi come la House of Hope, che ha salvato centinaia di persone da violenze atroci. 


Pensiamoci un attimo.

La caccia alle streghe non è un fatto storico relegato al passato europeo, è ancora oggi realtà in molte parti del mondo, dove la paura e la superstizione guidano il comportamento sociale. 

Eppure, nel discorso pubblico occidentale contemporaneo, vedo lo stesso meccanismo psicosociale riproposto: quando c’è paura, incertezza o dolore, si cerca un colpevole facile contro cui proiettare le proprie ansie e frustrazioni.

Oggi quei colpevoli sono spesso i vaccini, accusati di tutto, da malattie alla morte improvvisa, nonostante le prove scientifiche schiaccianti della loro efficacia e sicurezza.

La faccenda della Papua Nuova Guinea ci ricorda che la caccia alle streghe non è mai stata solo una pagina di storia, ma è un fenomeno psicologico universale che emerge dove la conoscenza lascia spazio alla paura. E lo fa nei modi più imprevedibili, creando il fenomeno del complottismo e dei novax.

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